Ripropongo il testo scritto di Angelo che ringrazio per lo scandaglio critico; il giudizio finale rimanda all'impegno e quindi alla responsabilità di chi scrive, anche in versi, anche in dialetto. P. C.
Alla mia destra: Mimma Conoscenti. Alla mia sinistra: Mariangela Pupillo, Angelo Ciolino, Gianclelia cucco |
VENTI DI SICILINCONIA ED ALTRI VERSI
DI
ANGELO CIOLINO
DI
ANGELO CIOLINO
Presentare un poeta, non avendo scritto mai un verso, o
parlare di sinfonie, non sapendo appoggiare con competenza le mani o la bocca
su uno strumento musicale, potrebbe apparire velleitario e forse lo è.
Ma la
vera arte non è quella che si rivolge allo stretto pubblico di adepti o di
esperti, bensì quella che affascina l’uomo comune, perché coglie e sollecita le
corde più profonde dell’animo umano. Se poi quest’arte affonda le sue radici
nella cultura ed identità popolare e in una coscienza civica sempre attenta ai
temi sociali e politici ed alle problematiche che attengono alla giustizia ed
alla libertà su un piano universale, non si può fare a meno di stimarla ed
apprezzarla, come non si può fare a meno di farsi trascinare dal ritmo e
dall’armonia di certi brani musicali.
A Nova Orquestra |
Piero Carbone è tra
quelle persone che hai incontrato solo occasionalmente e pure lo senti vicino e
congeniale come se a lui ti legasse una consuetudine di esperienze e di
percorsi intellettuali. Sin dal primo momento in cui si è profilata
l’opportunità di una sua presentazione a Castelbuono mi è sembrato doveroso
intervenire, come per un amico di cui si ammira l’operare e si apprezza il
pensiero, con cui si pensa di essere sulla stessa strada pur non avendo quasi
mai avuto occasione di scambiarsi opinioni e sentimenti.
Questa inconscia
simpatia o stima ex intuito, posso
pienamente confermarli oggi dopo avere letto le sue opere ed aver apprezzato i suoi interventi in alcuni video sulla rete.
Carbone è autore nel quale mi rispecchio con piacere; è poeta che ha saputo
tradurre in versi tanti di quei sentimenti e riflessioni che appartengono alla
mia stessa sensibilità, coscienza e cultura; è
intellettuale che ha saputo coniugare principi filosofici ed esperienze
storiche con la musicalità del verso; è cantore della nostra terra nel rispetto
di quelle radici “terragne” che solo chi ha nel sangue la cultura contadina
sente pulsare nelle proprie vene.
Piero Carbone viene a Castelbuono da Racalmuto quasi a
rinsaldare il legame tra il paese di Sciascia e quello di Antonio Castelli, a
rilanciare l’impegno della letteratura nei valori civili e nella salvaguardia di
una “sicilitudine” che è consapevolezza di una identità da tutelare, senza per
nulla perdere quella libertà dello spirito “marino” che è proprio di tutti gli
isolani, anche quelli dell’interno.
Il nostro essere siciliani è aver consapevolezza di essere crogiolo di civiltà e popoli, continuo alternarsi e sovrapporsi di culture e linguaggi, apertura ed accoglienza: dai coloni greci che ci hanno portato la filosofia e la democrazia, ai romani e cartaginesi che ci hanno imposto la loro potenza e l’arte della guerra, dai bizantini ed arabi che hanno segnato la nostra architettura e la nostra scienza, ai dominatori di mezza Europa, fino, oggi, ai migranti che si accalcano sulle nostre coste.
Il nostro essere siciliani è aver consapevolezza di essere crogiolo di civiltà e popoli, continuo alternarsi e sovrapporsi di culture e linguaggi, apertura ed accoglienza: dai coloni greci che ci hanno portato la filosofia e la democrazia, ai romani e cartaginesi che ci hanno imposto la loro potenza e l’arte della guerra, dai bizantini ed arabi che hanno segnato la nostra architettura e la nostra scienza, ai dominatori di mezza Europa, fino, oggi, ai migranti che si accalcano sulle nostre coste.
Sempre per far risaltare il nostro legame vorrei ricordare
che la lettura di tante poesie di Piero Carbone mi ha ricondotto a versi del
nostro poeta Giuseppe Mazzola Barreca, così come l’attenzione per l’ambiente,
la flora, le condizioni socio economiche mi ha ricondotto a tanti studi del
padre della nostra scuola naturalistica, Francesco Minà Palumbo.
E per validare
queste osservazioni ricordo l’ultima pubblicazione presentata in questa sala
dal nostro poeta Mazzola: “a ‘zubbagliata di lu picurari”, un poemetto sulla
presenza e l’arte dei nostri pastori castelbuonesi sulle Madonie, miticamente
figli del Dafni che risolve con la poesia le loro angosce.
Ad essa mi ha riportato la “ storia pi cantastorii – A lu raffu e saracinu” di Carbone (1998): qui protagonisti sono carrettieri e lavandaie, ma ancor più sono le fontane, l’incanto della campagna e il fuoco dei sentimenti.
Una piccola tragedia rusticana che offre al poeta
l’occasione per una pittura eccezionale di un ambiente naturale animato da
personaggi umili e straordinari per la loro vitalità, laboriosità, umiltà, ma
anche sagacia ed ironia. Ancora due versi a conferma:
Ad essa mi ha riportato la “ storia pi cantastorii – A lu raffu e saracinu” di Carbone (1998): qui protagonisti sono carrettieri e lavandaie, ma ancor più sono le fontane, l’incanto della campagna e il fuoco dei sentimenti.
Russu è lu sangu comu
russu è lu vinu
oh, chi successi a lu Raffu e Saracinu
… Sanguigni e russi su li paisani
…Chianciti,
schetti di San Giulianu
ca l’acqua di lu Raffu ‘unn’è cchiu vinu
… di
sangu ora sunu allurdiati
… Nivuretta nun fu di nessun omu
sulu la morti
l’appi di gran dunu.
Un arburlu cummoglia li cannola
pariemmu ntre na grutta pi friscura
tutti l’anciéddi di
l’autri cuntrati
lu iuornu tutti cca stanni aggiuccati.
Ma passiamo dalla dimensione sociologico - politica della sicilitudine a quella poetica di sicilinconia un concetto elaborato da
Piero Carbone su istanze di razionalità speculativa, ma anche come categoria
poetica della sua liricità: solo un poeta che “giuoca” con le parole può usare
lo stesso neologismo con due significati completamente diversi: sicilinconìa, che certamente richiama uno stato sentimentale, e sicilincònia con l’accento puntato sul fondamento, l’incudine
dell’identità siciliana.
A partire dal nostro essere continuamente trascinati,
sbattuti, sferzati dal vento, anzi al nostro “essere vento” e quindi
Perché i sicilincunii sono:
In questa duplicità c’è tutta la forza del “Pensiero” di Carbone che vive drammaticamente la condizione di sofferenza propria della nostra terra, ma è convinto che come fa il fabbro sull’incudine spetta a ciascuno di noi forgiare il nostro destino
Essiri. Unn’essiri …
Vientu, siemu
vientu.
Perché i sicilincunii sono:
pinzera.
pampini
di vigna nvirdicata
pampini
di arvuli
caduti.
In questa duplicità c’è tutta la forza del “Pensiero” di Carbone che vive drammaticamente la condizione di sofferenza propria della nostra terra, ma è convinto che come fa il fabbro sull’incudine spetta a ciascuno di noi forgiare il nostro destino
ccu lu
martieddru lu fierru ancora callu
e lu fa addivintari nzoccu voli.
L’arte del nostro amico Piero ha sempre questa bivalenza: è
pensiero che penetra e scaturisce nel sentimento; è sentimento di pensieri
profondi e di analisi storiche, filosofiche, sociologiche e politiche.
I temi
della poesia partono sì dalla condizione esistenziale ma spaziano dai drammi
della società contemporanea, (ingiustizia, guerre, migrazioni, mafie,
corruzioni) alla precarietà della vita umana, all’enigma della morte.
Il tutto
mediante squarci di vita e di natura ma anche di emozioni, memorie e nostalgie.
Bella quindi la sintesi di Miguel de Unamuno “ piensa el sentimiento, siente il pensamento” per racchiudere insieme la cultura profonda e
filosofica con la semplicità e direi la popolarità dell’espressione poetica.
Ora sugnu
comu ntre diciemmiru la nuci:
si lu vientu tanticchia
l’arrimina
si scoddra di la rama
e si mpussuna.
Ecco perché con le sue
stesse parole non posso che incoraggiare Piero ad andare avanti:
Abbiamo
tanto bisogno di questa poesia “libera” di chi non vuole scambiare “putiri pi putia” e vuole affermare che
Anche perché la sua aspirazione è coraggiosa:
Forza, pueta, nun t’arritirari,
dicila la
parola ca ci voli,
judici un sì e ti tocca giudicari
… Cunnanna a tutti, pueta della terra,
cunnanna a tutti, pueta di l’uomini,
l’uocchji un t’attuppari.
la virità è di tutti ed è di nuddu,
la
virità e di cu la voli vidiri
Anche perché la sua aspirazione è coraggiosa:
pirciari vulissi li carni a li mpami,
…
grapiri li vini … diri pani pani,
aliari n terra e cuntari li stiddi”.
Le poesie ambiscono ad andare oltre i limiti geografici di
provenienza, dice Carbone, ma certo non trascurandoli o volgendo lo sguardo
dall’altra parte: Bieddru castieddru miu
ca ti scurdaru / … ca ncapu a stari / comu n’aquila cu l’uocchji grifagni…” .
I veri limiti della poesia ed anche i loro orizzonti sono quelli dell’animo
umano con i profondi interrogativi: C’è
la luna,/ la taliu/ e vuogliu diri:/ pirchì la morti”; con la capacità di
indignarsi e la forza per combattere senza “ammutiri”,
perché poeta della terra “chi sgramigni
la facci a li patruna” nei cui versi
“la parola s’ava esseri di petri /ava
esseri taglienti”.
Per concludere con l’impegno etico politico: la critica alla
burocrazia del potere “ma ziu muriu
aspittannu (la pensione), lo sguardo sulle miserie dei migranti che duoppu un annu di strania / si sunnava lu paisi… e al tempo stesso la paura di
essi “vinniru di ddravia li saracini”; l’indignazione
per guerra di“Carni di figliu” e la corsa agli armamenti “a Comisu scacciari li buttuna” e l’interrogativo dinanzi alle stragi di mafia:
ma quannu é ura di diri /“basta! basta!”,
cosi come “Era
ura! che anche la chiesa si svegliasse dal sonno e dalla connivenza e
dicesse “mafia è piccatu, piccatu
sociali” e lo testimoniasse anche con i suoi martiri.
Grazie Piero perché con i tuoi “quattru virsiceddri mali fatti” sei riuscito a dirci “cosi putenti … cosi assai importanti”.
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Una recente recensione
Soumaya Bourougaaoui (Hammam Lik - Tunisia)
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Complimenti!
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