giovedì 14 novembre 2013

CARA FONDAZIONE, TI SCRIVO



In attesa delle messianiche realizzazioni, la Fondazione Sciascia potrebbe incominciare col valorizzare ciò che ha di importante, dalle sue carte. Insomma, da se stessa. 


Intanto, il nipote di Sciascia pubblica (o pubblicizza?) le lettere della Fondazione Sciascia: vero incipit dell'affaire.




Dopo la prima pressoché deserta, alla seconda riunione del consiglio di amministrazione della Fondazione Sciascia a cui ho partecipato nel 2007, in quanto assessore alla cultura del comune di Racalmuto e quindi membro di diritto della Fondazione stessa, si è discusso sul regolamento per la consultazione dei libri della biblioteca  ma soprattutto delle carte dell'archivio; ad un certo punto venne letta per l'approvazione una bozza di regolamento precedentemente elaborata, in particolare, riguardo alla corrispondenza sciasciana se ne disponeva la consultazione in loco da parte degli studiosi ma per richiedere la fotocopia di qualche lettera si doveva fare richiesta scritta a due membri del consiglio di amministrazione ovvero ai due generi di Sciascia facenti parte del consiglio di amministrazione.

Chiesi a questo punto se la richiesta si doveva fare esclusivamente a loro due in quanto semplici membri sostituibili con altri o a loro e a loro soltanto in quanto generi di Sciascia. La differenza non era di poco conto: nel primo caso risultava che le carte venivano date alla Fondazione per farne il libero uso che credeva, nel secondo caso significava che Sciascia alla Fondazione non aveva dato le carte ma semplicemente la taliatìna delle carte. Perché il vincolo altrimenti a una donazione?





Obiettai, tra l'altro, che una tale procedura era difficoltosa, immaginando che uno studioso olandese o tedesco o spagnolo piombato a Racalmuto per consultare e fotocopiare qualche lettera dovesse inviare una richiesta scritta a Palermo dove vivono i generi e attendere la risposta. Proponevo pertanto di non vincolare la facoltà di concedere il permesso di fotocopia ai due generi ma genericamente a due membri del consiglio di amministrazione di volta in volta designati, a prescindere che fossero o meno generi di Sciascia. La figura del Direttore letterario sarebbe stata consona e perfetta.
Proposi inoltre quanto segue:  che la Fondazione si riservasse il diritto di renderle pubbliche  con tutti i vantaggi per il conseguente ritorno di immagine ed inoltre di farne una pubblicazione cercando di  ricavarne un guadagno quale forma di autofinanziamento.




Sorvolo sulle reazioni alla prima proposta; per quanto riguarda la seconda ovvero la pubblicazione, il consigliere Catalano fece notare che la pubblicazione si poteva fare solo se gli eredi degli autori delle lettere inviate al destinatario Sciascia  ne concedevano l'autorizzazione e cedevano i diritti, al che suggerii di contattare i vari eredi per i conseguenti permessi e consensi. Questo nel 2007, siamo nel 2013, in tutti questi anni qualche erede si sarebbe potuto contattare.
A prescindere dalla pubblicazione e dal permesso di fotocopiarle, con queste lettere quanti convegni tematici si potevano e si potrebbero organizzare ravvivando la funzione di stimolo della Fondazione nel dibattito nazionale e internazionale riguardanti tante problematiche letterarie, sociali, artistiche, politiche? 
Nel comitato scientifico voluto originariamente da Sciascia c'è il prof. Antonio Di Grado, critico,  professore universitario e con le adeguate competenze per assolvere egregiamente a tale ruolo (eppure chissà perché assente in Fondazione nelle importanti assisi del 24 luglio 2012 e dell'11 novembre 2013).
Questo l'assunto di quanto dibattuto nella riunione di cui sopra, il cui verbale però non ho avuto ancora  la possibilità di consultare materialmente o di averne copia.



Invece, a fronte delle originarie proposte e delle successive proposte, assistiamo oggi alla pubblicizzazione delle lettere di Enzo Tortora, di proprietà della Fondazione Sciascia, non alla Fondazione da parte della Fondazione ma da un privato giornalista in uno studio televisivo durante un programma nazionale, dove le lettere vengono presentate come una rivelazione, come uno scoop. Ma scoop con ritorno di immagine a favore di chi? E perché ora? E la Fondazione che ci sta a fare? E l'accattivante convegno che si poteva organizzare per il lancio delle lettere dov'è? Aspetteremo altri scoop in altri studi televisivi e da parte di chi? in favore di chi? Non per richiamare un anacronistico ius primae noctis, ma ciò non rappresenta un depauperamento dei documenti che andrebbero invece "spesi" dalla Fondazione in forza del loro essere unici ed inediti?

E' vero che in questi anni, ai fini di una dinamica programmazione e organizzazione di eventi, alla Fondazione sono venuti meno, per ragioni anagrafiche, alcuni componenti originariamente designati da Sciascia e che altri non possono dare, ormai da anni, molti anni, il loro contributo per la lontananza geografica e personali impegni; è vero purtroppo che si trova in ristrettezze economiche; ma appunto per questo deve aprirsi a nuove forze, a nuovi contributi, a nuove risorse economiche ed intellettuali. 
Diversamente, i commissari, in quanto reggenti pro tempore, possono soltanto coordinare le forze, le figure, le persone attualmente a disposizione né possono inventarsene altre, stando allo statuto: un po' ingessato e datato a dir la verità e ad osservarne la fenomenologia attuativa.




Eppure, a proposito di carte e documenti da cui siamo partiti in questa riflessione, con l'archivio che si ritrova, assieme ad altre idee ed iniziative, alcune delle quali rimaste lettera morta o semplice proposta nei consigli di amministrazione, quali l'invito sistematico delle scuole intestate a Sciascia e il percorso turistico cittadino appositamente strutturato, la Fondazione potrebbe sfruttare la potenziale ricchezza documentaria per pubbliche letture, suscitare utili dibattiti, movimento e interessi intorno a sé e  magari così operando sensibilizzare istituzioni ed enti nazionali ed europei, imprenditori, che possano sostenere una istituzione culturale percepita come viva, dinamica e che di conseguenza (sempre questo ci è stato prospettato) possa creare finalmente e fuor di retorica positivi processi economici, magari realizzando programmati flussi turistici.
Ma non solo carte, ovviamente. 
C'è un mondo intorno alla Fondazione o se si vuole un paese, una provincia, anzi, due, con mille opportunità. Dovrebbe esserci financo un Parco letterario.  
Né mancano le strade superveloci per gli spostamenti.




 Le lettere presentate in tv





Foto © Piero Carbone

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