martedì 15 novembre 2016

L'AMORE ALLA FONTANA. Coerenza a convenienza alternata

Un racconto scritto alcuni anni fa.




L’amore alla Fontana
ovvero
Coerenza a convenienza alternata



“- Un libro vale per quello che c’è dentro, 
lo so. Ma dentro i libri di B. che c’è?
- Questo paese, - dico, - la gente di questo 
questo paese.
                                                                                      - Per carità!”.
                                                                                                                                     Leonardo SCIASCIA,  Nero su nero.



            Scinniti, schètti di San Giulianu…
“Scendete, nubili di San Giuliano, / ché l’acqua del Raffo è quasi vino.”
 Schètti son le nubili o ragazze in fiore, invitate, secondo la canzone, a discendere alla sorgente del Raffo quasi per accorrere a un  convito d’amore, incoraggiate dall’amenità del luogo, dall’acque così fresche e ricche di virtù da equipararle al vino.
            Vino che dà forza, vino sangue di Cristo, vino rubino.
            Le ragazze in fiore della canzone erano le giovani lavandaie.

            San Giuliano indicava la solitaria chiesa che alla periferia del paese bisognava svoltare per intraprendere la discesa nell’aperta campagna. Molte erano le sorgenti e molte le fontane,  dai nomi musicali e fantasiosi  lasciati in eredità da stratificate dominazioni ma tre erano speciali: Raffo, Saraceno e Fontana di novi cannola. Speciali perché muniti di lavatoi e i carrettieri vi attingevano  l’acqua per rivenderla in paese. Dopo la guerra, lavatrice acquedotto e frigoriferi hanno ammazzato carrettieri e lavandaie smaterializzandoli in vuoti ectoplasmi.


            Ispirati dalla strofa popolare, dopo anni e anni di silenzio, intorno alle ore diciotto del sette luglio millenovecento ottanta e passa, le strade di Racalò sono state attraversate da un variopinto corteo di fantasmi: carretti e carrettieri, lavandaie con le ceste  di biancheria in bilico sulla testa, contadini con i fazoletti al collo, muli, capre, arnesi da lavoro.
A chi s’affacciava, incuriosito, non sembrava vero. Un gruppo di suonatori rievocava canti antichi, Una decina di fotografi chiudeva lo strano corteo. La gente usciva dalle case e li seguiva. Tutti andavano verso i lavatoi. 

        Percorsa la circonvallazione, giunsero davanti la chiesa di san Giuliano e svoltarono per la discesa del Raffo. Centinaia di persone carretti animali intasarono la strada.  Arrivarono al lavatoio e risalirono per il paese. Altri si accodarono. Oltrepassata la Piazza, il serpentone defluì verso la Fontana. Meno male che tra i figuranti carrettieri e lavandaie c’erano la figlia del maresciallo e il  figlio  dell’assessore alla Polizia urbana, perché non si potevano bloccare le strade senza un preavviso.

Ma chi poteva prevedere quella partecipazione! Chiusero un occhio. Non lo chiusero i commercianti che si videro passare sotto il naso centinaia di potenziali acquirenti per svanire verso la Fontana. Uno degli organizzatori si vide bussare al petto da un anziano, con la punta delle dita a carciofo: - Signor lei,  i commercianti le vogliono sparare!
-       E perché?
-       Perché ha svuotato la Piazza!
      Il corteo intanto arrivò alla sua naturale meta. Sistemati i muli ai lati del lungo abbeveratoio,  gli attori e le attrici intorno al circolare lavatoio, è stato rappresentato il dramma spagnoleggiante di due carrettieri che si contendevano il cuore di una giovane lavandaia.
            - Quando ti ho vista per la prima volta mi sei sembrata inzòlia zuccherata, - cantava il primo spasimante.
            - Occhi di maga, occhi di magàra, - cantava a distesa il secondo, - nera me l’hai fatta la fattura.
            Dopo calde espressioni  di vero sentimento,  il corteggiamento si concludeva nel sangue, a colpi di catene.
            Non solo uno dei pretendenti moriva, ma anche la lavandaia contesa si autopuniva gettandosi disperata dal dirupo.
             Mutava così il canto iniziale:
Piangete, nubili di San Giuliano,
ché l’acqua del Raffo non è più vino.

            Storica fu la rappresentazione; suggestivo, lo scenario: l’acqua scorreva abbondante, con  nove suoni diversi da nove conchiglie marine, ruscellando allegra nell’abbeveratoio affollato di animali; i torrioni del vecchio castello si rispecchiavano nella grande vasca e ondulavano  contornati di nubi: il conte in antico s’affacciava  dalla torre orientale con sguardo protervo; sullo sfondo, la campagna, le colline disposte a mezzaluna; e sul punto più in alto, in lontananza, la diruta fortezza araba: sfiorandola, il sole calante la faceva d’oro. Intorno alla Fontana: grida voci applausi. Richiami di bambini. Commenti.
            - Sembra un sogno!
            - Prima era un’altra cosa.
- Ma la gente soffriva.
- Che bisognava fare per un pezzo di pane!
- Brasi è stato sfortunato.
- Nivuretta non si doveva ammazzare.
- Cose d’altri tempi.
            - Anche i ragazzi sono stati bravi.
            - Alcuni ce l’hanno nel sangue, la recitazione!


            Alla fine della rappresentazione, un attore irruppe  sulla scena e fuor di finzione incitò i presenti ad amare quei luoghi tanto belli quanto decaduti:  l’acqua della Fontana si disperdeva a causa delle sconnessure della vasca; al sovrastante castello avevano diroccato mezzo torrione e sul frontale appiccicato i balconi in cemento; per non parlare della Fontana piena di erbacce, della pavimentazione divelta, del mulino attiguo non più funzionante, della casa color albicocco.
            - …e la fogna?! – si mise infine a gridare l’attore. - …la fogna!
            Infatti,  dopo un percorso a zig zag, leggermente in salita contro ogni legge di natura, erano stati interrati da poco  due grossi tubi  per la raccolta dei liquami, proprio davanti le conchiglie sgorganti della Fontana.
            “Dietro la Fontana non può essere”, si giustificarono i tecnici, “perché zona franosa”. E poi non era giusto intaccare la salubrità degli orti.
            Dietro la Fontana non poteva essere, ma neanche davanti era stata una scelta felice. Nell’immaginario dei racalesi, si mescolarono le acque fresche e zampillanti con  l’oscuro fiume clapottante nei grossi tubi di politilene.
            L’attore, nella foga, incitò a voler rimuovere l’obbrobrio e a dirottarlo nei calanchi.  
-       Ma è recita o politica? – incominciava a mormorare la folla.
-       Recita! Recita!
            Fatto sta che, davanti a tanto popolo, ci furono promesse pubbliche da parte dei politici presenti, costretti a parlare al microfono: restaureremo… faremo… interverremo…
            In consiglio comunale però si venne a creare una situazione curiosa.   
            Il restauro della Fontana in un primo momento venne “appoggiato” dai socialisti in carica e combattuto dai comunisti che si trovavano all’opposizione. Eppure tutti reclamavano  amore alla Fontana.


            Caduta la Giunta, si invertirono le parti: il restauro venne sostenuto dai comunisti, che lo  difesero  appassionatamente con ragionamenti storico-architettonici inoppugnabili, e  osteggiato dai socialisti passati nel frattempo all’opposizione.  I ragionamenti degli uni e degli altri erano  astringenti e appassionati.

            Non solo i racalesi ma anche lo stuolo di personaggi affrescati nel soffitto dell’aula consiliare ascoltò a bocca aperta e a pancia in giù le altissime lezioni moralizzatrici: il finanziamento nato con pochi spiccioli si era ingigantito a non finire. Gli zeri delle cifre non si contavano più. Se avessero potuto parlare, chissà che avrebbero detto Cavour e Garibaldi  i cui busti erano collocati dietro gli scranni dei consiglieri!

-       Metta a verbale – disse, nella foga del discorso, l’oratore socialista.

            Trascorsi altri sei mesi, i ruoli si sono di nuovo invertiti: i socialisti al governo e i comunisti all’opposizione. I ragionamenti per difendere o attaccare il restauro della Fontana  erano sempre gli stessi, cambiavano soltanto i consiglieri che li pronunciavano.
            In tutto questo scambio delle parti,  solo i socialdemocratici e i democristiani sono stati coerentissimi: il restauro, loro, lo hanno sempre appoggiato non essendo mai passati all’opposizione.

Racconto di ©piero carbone





ph ©pierocarbone 
(particolari del quadro esposto alla GAM - Galleria di Arte Moderna di Palermo)

Nessun commento:

Posta un commento