L’amore alla Fontana
ovvero
Coerenza a convenienza alternata
“- Un libro vale per quello che c’è dentro,
lo so. Ma dentro i libri di B. che c’è?
- Questo paese, - dico, - la gente di questo
questo paese.
- Per carità!”.
Leonardo
SCIASCIA, Nero su nero.
Scinniti, schètti di San Giulianu…
“Scendete, nubili di San
Giuliano, / ché l’acqua del Raffo è quasi vino.”
Schètti son le nubili o ragazze in fiore,
invitate, secondo la canzone, a discendere alla sorgente del Raffo quasi per accorrere a un convito d’amore,
incoraggiate dall’amenità del luogo, dall’acque così fresche e ricche di virtù
da equipararle al vino.
Vino che dà forza, vino sangue di
Cristo, vino rubino.
Le ragazze in fiore della canzone erano
le giovani lavandaie.
San Giuliano indicava la solitaria
chiesa che alla periferia del paese bisognava svoltare per intraprendere la
discesa nell’aperta campagna. Molte erano le sorgenti e molte le fontane, dai nomi musicali e fantasiosi lasciati in eredità da stratificate
dominazioni ma tre erano speciali: Raffo, Saraceno e Fontana di novi cannola.
Speciali perché muniti di lavatoi e i carrettieri vi attingevano l’acqua per rivenderla in paese. Dopo la
guerra, lavatrice acquedotto e frigoriferi hanno ammazzato carrettieri e
lavandaie smaterializzandoli in vuoti ectoplasmi.
Ispirati dalla strofa popolare,
dopo anni e anni di silenzio, intorno alle ore diciotto del sette luglio
millenovecento ottanta e passa, le strade di Racalò sono state attraversate da
un variopinto corteo di fantasmi: carretti e carrettieri, lavandaie con le
ceste di biancheria in bilico sulla
testa, contadini con i fazoletti al collo, muli, capre, arnesi da lavoro.
A chi s’affacciava, incuriosito, non sembrava vero. Un gruppo di suonatori rievocava canti antichi, Una decina di fotografi chiudeva lo strano corteo. La gente usciva dalle case e li seguiva. Tutti andavano verso i lavatoi.
A chi s’affacciava, incuriosito, non sembrava vero. Un gruppo di suonatori rievocava canti antichi, Una decina di fotografi chiudeva lo strano corteo. La gente usciva dalle case e li seguiva. Tutti andavano verso i lavatoi.
Percorsa la circonvallazione, giunsero
davanti la chiesa di san Giuliano e svoltarono per la discesa del Raffo.
Centinaia di persone carretti animali intasarono la strada. Arrivarono al lavatoio e risalirono per il
paese. Altri si accodarono. Oltrepassata la Piazza, il serpentone defluì verso
la Fontana. Meno male che tra i figuranti carrettieri e lavandaie c’erano la
figlia del maresciallo e il figlio dell’assessore alla Polizia urbana, perché
non si potevano bloccare le strade senza un preavviso.
Ma chi poteva prevedere quella partecipazione! Chiusero un occhio. Non lo chiusero i commercianti che si videro passare sotto il naso centinaia di potenziali acquirenti per svanire verso la Fontana. Uno degli organizzatori si vide bussare al petto da un anziano, con la punta delle dita a carciofo: - Signor lei, i commercianti le vogliono sparare!
Ma chi poteva prevedere quella partecipazione! Chiusero un occhio. Non lo chiusero i commercianti che si videro passare sotto il naso centinaia di potenziali acquirenti per svanire verso la Fontana. Uno degli organizzatori si vide bussare al petto da un anziano, con la punta delle dita a carciofo: - Signor lei, i commercianti le vogliono sparare!
-
E perché?
-
Perché ha svuotato la Piazza!
Il corteo intanto arrivò alla sua naturale meta. Sistemati i muli ai
lati del lungo abbeveratoio, gli attori
e le attrici intorno al circolare lavatoio, è stato rappresentato il dramma
spagnoleggiante di due carrettieri che si contendevano il cuore di una giovane
lavandaia.
- Quando ti ho vista per la prima volta
mi sei sembrata inzòlia zuccherata, - cantava il primo spasimante.
- Occhi di maga, occhi di magàra, -
cantava a distesa il secondo, - nera me l’hai fatta la fattura.
Dopo calde espressioni di vero sentimento, il corteggiamento si concludeva nel sangue, a
colpi di catene.
Non solo uno dei pretendenti moriva, ma
anche la lavandaia contesa si autopuniva gettandosi disperata dal dirupo.
Mutava così il canto iniziale:
Piangete, nubili di
San Giuliano,
ché l’acqua del Raffo
non è più vino.
Storica fu la rappresentazione;
suggestivo, lo scenario: l’acqua scorreva abbondante, con nove suoni diversi da nove conchiglie marine,
ruscellando allegra nell’abbeveratoio affollato di animali; i torrioni del
vecchio castello si rispecchiavano nella grande vasca e ondulavano contornati di
nubi: il conte in antico s’affacciava
dalla torre orientale con sguardo protervo; sullo sfondo, la campagna,
le colline disposte a mezzaluna; e sul punto più in alto, in lontananza, la
diruta fortezza araba: sfiorandola, il sole calante la faceva d’oro. Intorno
alla Fontana: grida voci applausi. Richiami di bambini. Commenti.
- Sembra un sogno!
- Prima era un’altra cosa.
- Ma la gente
soffriva.
- Che bisognava
fare per un pezzo di pane!
- Brasi è stato
sfortunato.
- Nivuretta non
si doveva ammazzare.
- Cose d’altri
tempi.
- Anche i ragazzi sono stati bravi.
Alla fine
della rappresentazione, un attore irruppe
sulla scena e fuor di finzione incitò i presenti ad amare quei luoghi
tanto belli quanto decaduti: l’acqua
della Fontana si disperdeva a causa delle sconnessure della vasca; al
sovrastante castello avevano diroccato mezzo torrione e sul frontale
appiccicato i balconi in cemento; per non parlare della Fontana piena di
erbacce, della pavimentazione divelta, del mulino attiguo non più funzionante,
della casa color albicocco.
- …e la fogna?! – si mise infine a
gridare l’attore. - …la fogna!
Infatti, dopo un percorso a zig zag, leggermente in
salita contro ogni legge di natura, erano stati interrati da poco due grossi tubi per la raccolta dei liquami, proprio davanti
le conchiglie sgorganti della Fontana.
“Dietro la Fontana non può essere”, si
giustificarono i tecnici, “perché zona franosa”. E poi non era giusto intaccare
la salubrità degli orti.
Dietro la Fontana non poteva essere, ma
neanche davanti era stata una scelta felice. Nell’immaginario dei racalesi, si
mescolarono le acque fresche e zampillanti con
l’oscuro fiume clapottante nei grossi tubi di politilene.
L’attore, nella foga, incitò a voler
rimuovere l’obbrobrio e a dirottarlo nei calanchi.
-
Ma è recita o politica? – incominciava a
mormorare la folla.
-
Recita! Recita!
Fatto sta che, davanti a tanto popolo,
ci furono promesse pubbliche da parte dei politici presenti, costretti a
parlare al microfono: restaureremo… faremo… interverremo…
In consiglio comunale però si venne a
creare una situazione curiosa.
Il restauro della Fontana in un primo
momento venne “appoggiato” dai socialisti in carica e combattuto dai comunisti
che si trovavano all’opposizione. Eppure tutti reclamavano amore alla Fontana.
Caduta la Giunta, si invertirono le
parti: il restauro venne sostenuto dai comunisti, che lo difesero
appassionatamente con ragionamenti storico-architettonici inoppugnabili,
e osteggiato dai socialisti passati nel
frattempo all’opposizione. I
ragionamenti degli uni e degli altri erano
astringenti e appassionati.
Non solo i racalesi ma anche lo stuolo
di personaggi affrescati nel soffitto dell’aula consiliare ascoltò a bocca
aperta e a pancia in giù le altissime lezioni moralizzatrici: il finanziamento
nato con pochi spiccioli si era ingigantito a non finire. Gli zeri delle cifre
non si contavano più. Se avessero potuto parlare, chissà che avrebbero detto
Cavour e Garibaldi i cui busti erano
collocati dietro gli scranni dei consiglieri!
-
Metta a verbale – disse, nella foga del
discorso, l’oratore socialista.
Trascorsi altri sei mesi, i ruoli si
sono di nuovo invertiti: i socialisti al governo e i comunisti all’opposizione.
I ragionamenti per difendere o attaccare il restauro della Fontana erano sempre gli stessi, cambiavano soltanto
i consiglieri che li pronunciavano.
In tutto questo scambio delle
parti, solo i socialdemocratici e i
democristiani sono stati coerentissimi: il restauro, loro, lo hanno sempre
appoggiato non essendo mai passati all’opposizione.
Racconto di ©piero carbone
ph ©pierocarbone
(particolari del quadro esposto alla GAM - Galleria di Arte Moderna di Palermo)
(particolari del quadro esposto alla GAM - Galleria di Arte Moderna di Palermo)
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