giovedì 31 ottobre 2013

LE STELLE A RACALMUTO. Carmelo Falco e il suo osservatorio

Accade anche questo, che nel silenzio maturino idee che vengono realizzate ribaltando quello che è divenuto un luogo comune, "e le stelle stanno a guardare", in realtà citando, sovente inconsapevolmente, il titolo di un romanzo di Cronin da cui è stato tratto anni fa un popolare sceneggiato televisivo. 


Lì erano le stelle che osservavano impassibilmente le travagliate vicissitudini gravitanti intorno ad una miniera di carbone in Inghilterra, qui si tratta di tutt'altro:

a Racalmuto, anche se terra di miniere e di antiche e moderne vicissitudini, qualcuno, quasi volendo rovesciare le sorti,  ha puntato potentissimi telescopi in direzione del cielo per osservare le stelle. 





QUESTO E' SOLO UN INIZIO
Chiacchierata con Carmelo Falco

Buongiorno, Carmelo. Questo osservatorio astronomico, da come lo descrivi, mi pare sia realizzato con cura e apparati di alto livello.
Quale il percorso umano e tecnico per arrivare fino a questo risultato?

Quello che vedi, caro Piero, è il frutto di un amore che è nato nella mia infanzia e che negli anni si è sempre accresciuto costantemente. Il cielo stellato è stato per me una gioia costante e talora un rifugio nei momenti difficili. E' stato un amore ricambiato e per me un fattore di crescita interiore.

Ma accanto all'aspetto romantico si è progressivamente affiancato quello tecnico. Da bambino osservavo con un piccolo binocolo da teatro e sognavo su qualche libro di astronomia di osservare un giorno con strumenti magnifici oggetti bellissimi e remoti nel cosmo.
A 11 anni mi fu regalato il primo telescopio. Nulla di trascendentale, ma quell'emozione fortissima è quella che provo ancora oggi, come quel bambino di 11 anni, entrando in questo osservatorio.

Riguardo agli aspetti tecnici ho vissuto una fase straordinaria.
Il passaggio dalle riprese su pellicola a quelle CCD digitali dalle potenzialità assolutamente superiori. Ho assistito allo sviluppo di tutta l'elettronica che correda queste macchine e alla diffusione di telescopi sempre migliori in rapporto ai costi.

Vede? Un telescopio del genere anche solo 15 anni anni fa non era neppure immaginabile se non per una utenza specialistica e finanziata con capitali pubblici.

Questo osservatorio è totalmente privato, fatto probabilmente unico nella nostra provincia e come potenzialità uno degli apparati osservativi e di ripresa più performanti in Sicilia.

Sono macchine che sono state realizzate tutte da alte specializzazioni. Le prime immagini di test sono molto interessanti.

Ecco, questo osservatorio è tutto privato, sia nella realizzazione che nella gestione. Puoi dirci di più sulla situazione generale di questa disciplina in Sicilia?

Lungi da me suscitare polemiche ma anche in queste cose la gestione pubblica è gravemente deficitaria e tante volte solo la buona volontà di associazioni culturali o privati riesce ad alleviare la situazione.

Oggi dalle nostre parti non abbiamo strutture pubbliche funzionanti con continuità e seguendo programmi organici.
Prendo ad esempio le strutture più vicine a Racalmuto come l'osservatorio di Comitini e quello di Montedoro. Il primo è chiuso e mai è entrato veramente in funzione subendo peraltro assurdi atti vandalici, il secondo viene utilizzato pochissimo e senza averne sfruttato le potenzialità. Ecco, il resto della Sicilia e del Sud Italia, tranne rarissimi casi, è più o meno in condizioni simili. La visita di questi luoghi sarebbe fondamentale per la crescita dei giovani. Amare la bellezza e il silenzio del cielo stellato potrebbe aiutare tanti ragazzi a innamorarsi del bello e prendere consapevolezza di tante cose. Perché in fondo questo pianeta è una zattera nell'oceano del cosmo e del creato.



Quali saranno gli scopi di questo osservatorio astronomico?

Dal punto di vista tecnico lo scopo principale sarà la realizzazione di riprese astronomiche. I target principali saranno Galassie e Nebulose Planetarie (in parole semplici la ripresa di stelle morenti e dei gas che rilasciano in quelle fasi di sviluppo).
L'osservatorio fa parte di un team americano che si occupa di ricerca di Supernovae, ovvero stelle che muoiono con una fortissima esplosione di luce e materia. Speriamo che ci capiti questa gioia.

Un obiettivo, non meno importante, di questo osservatorio sarà il servizio sociale. Sono disponibile a mettere a disposizione i locali o la mia presenza per scuole o istituzioni pubbliche. Ad oggi non sono stati presi contatti, ma i soggetti educativi interessati possono contattarmi liberamente per email: falco78@gmail.com o sulla pagina Facebook “Osservatorio Majorana Falco” o per via telefonica.

Dunque Racalmuto centro di eccellenza?

Mi auguro che presto Racalmuto veda quante bellezze si trovano sopra il suo cielo e impari ad amarle. E poi giù, ad amarsi un po' tutti di più.

Certamente sarà una piccola eccellenza del nostro paese.

Del resto tutti i risultati che usciranno da questo telescopio saranno targati col nome della nostra città.

A chi sarà dedicato questo osservatorio?

L'Osservatorio è stato dedicato a Ettore Majorana.
Siciliano, fisico di levatura straordinaria.

Amato pure dal nostro illustre Leonardo Sciascia peraltro.

Buona fortuna e a presto, Carmelo.

A presto, caro Piero. Riguardo alla fortuna, penso occorrerà di più l'impegno. Perché questo è solo un inizio.



FOTO DI TEST





Il telescopio in osservatorio è uno schema Ritchey-Chrétien. Apertura 410mm f/8.






M63, o Galassia Girasole, nella Costellazione dei Cani da Caccia.







M27, o Nebulosa Manubrio, nella Costellazione della Volpetta.


I POST DEL MESE. Ottobre 2013



    mercoledì 30 ottobre 2013

    CIAO, SALVATORE COPPOLA EDITORE




    Salvatore Coppola ci ha lasciati. Non ha avuto tempo di vivere come lui desiderava: affidare la casa editrice ad altri e "ritirarsi" a scrivere, a meditare.
     O lo ha fatto in minima parte, lottando contro incertezze e precarietà.

    Voleva affidare ai propri testi, ad altri testi oltre quelli già scritti,  la rappresentazione del suo ricco mondo interiore, del suo essere affabilissimo amico, padre, idealista, cittadino partecipe, certosino lavoratore, anacoreta  senza dogmatismi, estimatore del bello, rivoluzionario gentile.

    Non ne ha avuto il tempo e le condizioni per attuarlo pienamente o come e nella misura in cui avrebbe voluto, ma Salvatore è ugualmente un grande.
    Un grande nel testimoniare, come piccolo editore, valori come l'amicizia, la coerenza, la serietà, la generosità, la lealtà, il promuovere gli altri ma solo per sintonia di valori e magari di idee e di principi, rinunciando ad ogni altro vantaggio pur di non tradire se stesso e quelli che nei suoi principi, nelle sue idee o semplicemente nel suo essere autentico credevano. 
    E lui non ha mai tradito, fino alla fine. 

    Speriamo di non tradirlo neanche noi, quelli a cui lui aveva dato credito.

    Gli autori "Coppola editore" credo si riconoscessero  fra di loro e fraternizzassero, anche senza conoscersi personalmente, non tanto per il comune marchio ma perché Salvatore stesso rappresentava una sorta di bandiera in cui riconoscersi.  

    Continui pertanto a vivere la sua casa editrice, testimone del suo operato, del suo operare, e speriamo strumento attraverso il quale continuare a rendere vivo il suo ricordo. 


    martedì 29 ottobre 2013

    SPAVENTOSA PALERMO!




    Quaranta e quaranta, Palermo fa novanta!
    Circa quarant'anni fa, visitando Castel Sant'Angelo, in cima alla scalinata della torre mi colpì una scritta scarabocchiata su una parete: "Da 40 anni che sto a Roma e ancora non l'avevo visto!".

    In quella scritta, calcata con un pennarello a punta grossa, ho scorto rammarico e meraviglia. Il rammarico di essersi lasciato sfuggire per ben quarant'anni un significativo monumento di Roma, e chissà quanti altri, e meraviglia per la sua inaspettata bellezza, se non altro per le possenti mura, per lo sguardo panoramico de Roma. 



    E chi poteva immaginare che, per pura coincidenza, dopo circa quarant'anni di residenza palermitana avrei potuto scrivere quell'identica frase su tanti monumenti di Palermo? Idealmente, si capisce, e per ribadire analoghi sentimenti di quel residente romano. Sentimenti accentuati e attenuati al tempo stesso dallo straordinario filmato di Antonello Scarpulla che ha documentato una lodevole iniziativa intitolata "La via dei tesori", colmando in parte incolpevoli lacune. Quanta bellezza chiusa a chiave! Quanti capolavori poco noti! Da sindrome di Stendhal; Wikipedia la spiega così: 

    La sindrome di Stendhal, detta anche sindrome di Firenze (città in cui si è spesso manifestata), è il nome di unaaffezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza, specialmente se esse sono compresse in spazi limitati. La malattia, piuttosto rara, colpisce principalmente persone molto sensibili e fa parte dei cosiddetti “malanni del viaggiatore”.



    Ma, in modo nostrano, la sindrome di casa nostra a  me viene da sintetizzare con l'aggettivo "spaventoso", pronunciato così come lo pronunciavano quelle due mie lontane parenti dal ricordo festoso, la za  Tota e la za Cuncittina. "Spaventoso!", per esprimere apprezzamento vivissimo, bellezza al sommo grado, sicché  poteva essere "spaventosa" l'intelligenza vivace di un bambino o anche una coppia ben assortita e, se avessero visto il filmato di Antonello con tutto quel bendidio di arte e monumenti, avrebbero sicuramente esclamato: "Spaventosa Palermo!".



    Per vedere il filmato clicca il seguente link:

    Foto e video di Antonello Scarpulla. L'autore precisa:
    "Ho fatto le foto con Apple iPhone 4S e ho montato il video con il software iMovie su Apple iPad 3."











    Inquisizione a parte






    domenica 27 ottobre 2013

    SCIASCIA E “IL NOTAIO CHE VERSEGGIAVA”




    La lettera del 26 gennaio 1953 che qui si pubblica di Giuseppe Pedalino Di Rosa, il poeta notaio originario di Racalmuto trasferitosi a Milano nei primi del Novecento, viene a testimoniare la reciproca conoscenza fra il settantaquattrenne poeta e  il ventiduenne Leonardo Sciascia insegnante allora di scuole elementari appellato “professore” come si usa dalle nostre parti.

    Il Pedalino a Milano mantenne le abitudini di paese a cui era visceralmente attaccato. Avido di sapere tutto ciò che accadeva nel natio loco, nella sua Sicilia, non poteva non essere interessato, lui letterato e poeta di una qualche fama e di lungo corso, a ciò che verminava laggiù in Sicilia.  Il giovane autore Sciascia, desideroso di approvazione e conferme come tutti i giovani esordienti, invia all’anziano poeta due sue pubblicazioni e, forse per ingraziarselo o metterlo in guardia, gli riferisce di alcune maldicenze (o non benevoli giudizi) sul suo conto. Il Pedalino infatti  nella lettera fa riferimento a “quel tal signore”, autore di un non benevolo giudizio nei propri confronti. Ora, la grammatica ci insegna che il pronome sostituisce il nome: entrambi pertanto sapevano benissimo di chi parlavano. Come ad entrambi sarà stato noto “l’ispiratore” di quel giudizio.




    Riguardo alle “due pubblicazioni” inviate da  Sciascia, se si escludono le Favole della dittatura pubblicate due anni prima, esse con ogni probabilità saranno state quelle  più recenti del 1952, e cioè la raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore e  un’antologia di poesia romanesca  (Il fiore della poesia romanesca) con una premessa di Pasolini che, purtroppo, in un’altra antologia sulla poesia dialettale del Novecento, anch’essa del 1952, si era espresso negativamente sul Pedalino con un giudizio assai tagliente, definendolo “un affezionato del genere dialettale, ma con pericoloso dilettantismo”. Perché pericoloso? si chiede con disappunto lo studioso Salvatore Di Marco. E perché Sciascia, referente del Pasolini per la stesura delle pagine siciliane dell’antologia, non controbatté o non chiese chiarimenti su un giudizio così “sedizioso”?

                La lettera del 23 gennaio 1953 pertanto risponde negativamente  ad un quesito dello stesso Di Marco il quale ha ipotizzato, quale excusatio, una quasi non conoscenza delle opere del Pedalino dal momento che il Di Marco non si spiega come mai Sciascia non menzioni mai il Pedalino pur occupandosi di poesia dialettale. E’ improbabile che il futuro scrittore di Racalmuto nel 1953 non conoscesse e non avesse letto i libri  pubblicati dal Pedalino. E’, piuttosto, una chiara scelta di Sciascia quella di ignorarlo.




    Avrebbe potuto citarlo nel 1975 quando ha scritto la prefazione alla ristampa del romanzone di Luigi Natoli Fra Diego La Matina del 1924: il Pedalino aveva pubblicato A fra’ Decu nel 1929; Sciascia lo liquida indicandolo semplicemente come “il notaio che verseggiava” e lo cita a proposito del convegno da lui organizzato a Racalmuto “intorno al 1930” a cui sarebbe convenuto lo stesso Natoli e per averlo accompagnato “ nella contrada di campagna denominata fra  Diego, dove c’era una grotta”. Quel convegno avrà fatto scrusciu in paese colpendo l’immaginario di Sciascia ragazzo, se non altro per averne sentito parlare favolisticamente, dal momento che a Racalmuto, grazie al poeta racalmutese che risiedeva a Milano, s’era adunata gente “importante”, rappresentanti delle patrie e sicule lettere che in quel momento andavano per la maggiore tra cui, oltre il famosissimo Luigi Natoli, gli emergenti Ignazio Buttitta, Giuseppe Denaro ed altri.

    Quell’alone di successo e di conoscenze nel campo letterario e non solo perdurava ancora nel 1953 quando il “poeta notaio” scriveva al giovane Sciascia, anzi veniva rafforzato dallo stesso Pedalino il quale con dimestichezza cita Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando, lo stesso Natoli e Vincenzo De Simone, professori universitari, Luigi Capuana che addirittura a Milano lo avrebbe abbracciato.
    Sciascia, inoltre, per ragioni di poetica, lontano nella scrittura da ogni sentimentalismo, avrebbe potuto o dovuto citare il Pedalino  quando nel 1964 ha pubblicato La morte dell’Inquisitore, se non altro perché il “notaio che verseggiava” aveva scritto un corposo poemetto di 104 ottave, storicamente documentato, dedicato al monaco eretico di Racalmuto, facendone, a differenza del Natoli, un eroe, un martire del libero pensiero.

    Non l’ha fatto. Non l’ha voluto fare. Ha preferito il silenzio.


    A tal proposito affolla la mente una ridda di ipotesi: forse l’avrà sottaciuto per i trascorsi fascisti del poeta notaio? Ma nel 1953 questi erano ancora più recenti! E poi, anche l’amato Pirandello lo era stato, con tessera. Forse perché troppo cattolico? Ma anche l’apprezzato Alessio Di Giovanni  era stato cattolicissimo. O si sarà fatto contagiare dal negativo giudizio pasoliniano? Anche a cadere tutte le ipotesi, resta il silenzio tombale.

    Come se non bastasse, l’autore delle Parrocchie di Regalpetra, anche nella fama post mortem presso i posteri,  ha  contribuito involontariamente all’oblio del “notaio che verseggiava” occupando  egli stesso, con l’incombenza della sua fama,  tutti gli spazi e i conati celebrativi di un paio di generazioni di concittadini. Più o meno ignari. Più o meno colpevoli.




    Prima minuta




                                    Milano, 26-1-1953

                Ill.mo Prof. Leonardo Sciascia
                           Racalmuto

                Con letizia ricevo sua preg[iatissi]ma del 22.
    E mentre mi accingo a scriverle, mi perviena la posta con le  Sue  due sue pubblicazioni inviatemi, che saranno oggetto di mio studio.
                La scriverò molto volentieri – appena letto e appena rimessomi in salute.
                Per quel tal signore, che evidentemente non ha visto  nulla di mio e che si è attenuto alle notizie di un... interessato a me noto, sono lieto che, date le  [due parole incomprensibili di cui la prima sottolineata], non intenda… il passo come  fa per Antonio Negri. Ragione di mia personale letizia.
                Che vuole? Pio Reina, Benedetto Croce, V. E. Orlando, Vincenzo De Simone, i Prof. Luigi Natoli, Filippo Mare Pugliese, i Prof Universitari Savor Pop e Luigi Sorrento (anche [due parole incomprensibili]) non verranno in seno di quel tale. E anche lettere a me dirette recentissimamente... dallo stesso ispiratore!

    [Righe tagliate con un frego orizzontale: Non mi fa né caldo né freddo, personalmente sono per trarne argomento di perfetta letizia]







    Seconda minuta

                                      Milano, 26-1-1953

                Ill.mo Prof. Leonardo Sciascia
                Racalmuto

                Con letizia ricevo sua pregma del 22.
    E mentre mi accingo a scriverLe mi pervengono due sue pubblicazioni, che saranno oggetto di mio studio.
    La scriverò molto volentieri – appena letto e appena rimessomi.
    Per quel tal signore, che evidentemente non ha visto (cancellato: letto) nulla di mio e che si è attenuto alle notizie di un... interessato a me noto, sono lieto che, data le le  [due parole incomprensibili di cui la prima sottolineata], non intende… il passo come fa per Antonio Negri. Ragione di mia personale letizia.
                Ma che vuole? Pio Reina, Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Vincenzo De Simone, i Professori Universtari Luigi Sorrento e  Saver Pope, i Prof. Luigi Natoli e Filippo Mare Pugliese non verranno in seno di quel tale. E anche lettere a me dirette… dallo stesso ispiratore!  [Sottolineata e cassata la frase: Non mi fa né freddo né caldo] Ed io invero non parlo  a seguito di [una parola incomprensibile] perché non ho voglia di comprare il volume
    Con ogni [fremito?] di spirito, i migliori saluti.
    Cordialissimo
                                                                                      Suo Peppi Pedalino

      
    Per la cronaca! Il nostro compianto Luigi Capuana l’aveva proprio per le mie alcaiche. Non accettava questa forma metrica pel nostro dialetto. E mi scrisse lettere ... sfottenti,  intendiamoci, non per il contenuto, ma per la forma. Ma dopo, quando è venuto a Milano a fare il perito nel processo di Marinetti, mi abbracciò affettuosamente e mi palesò la sua cordiale benevolenza.


    Già pubblicato nel 2008 su Lumìe di Sicilia:

    venerdì 25 ottobre 2013

    SOLO A PALERMO? Versi sull'onestà

    Rivedendo recentemente, e fotografando, la statua di Giovanni Meli nell'atrio del Palazzo delle Aquile a Palermo, mi è venuta voglia di aprire la sua opera poetica e di spilluzzicare versi qua e là, che qui voglio far precedere da riflessioni sollecitate da realtà a noi più coeve.





    Versi sull'onestà (e sulla sua inutilità?)

    Alcuni, di questi tempi, hanno lanciato un augurio, che in realtà rimanda ad un allarme, ovvero:  torni l'onestà ad essere di moda. 
    Dubbio e motivo dell'allarme: forse che di moda è stata finora la disonestà?  
    Mode, si dirà, tutte mode. Ma quali sono quelle che corrispondono col bene comune? 

    Un simile dilemma se lo poneva con gravità il poeta Giovanni Meli nel Settecento, facendo ironica eco ad un poema del Cinquecento.

    Di dilemma in dilemma e di moda in moda, si assiste anche allo strano fenomeno di chi plaude alla disonestà altrui.

    Di secolo in secolo, insomma, l'onestà come moda o condotta di vita subisce tentennamenti e sanciopanzesche perplessità. 
    Ciononostante...







    Palermu si ridussi 
    na piccula Girnevia;
    Ah ca finisci grevia
    Si manca l'onestà!

    Giovanni Meli, La gran moda prisenti (1789)


    Palermo s'è ridotta
    una piccola Ginevra;
    ah, qua finisce male
    Se manca l'onestà!



    Don Chisciotte a Sancio Panza:

    Mentri si vivu di li pregi toi
    Ludatu 'un nni sarrai, ma invidiatu;
    Sicché coraggiu, teni a menti pri ora:
    Che un bel morir tutta la vita onora.

    Giovanni Meli, Don Chisciotti e Sanciu Panza
    Cantu Primu

    Mentre sei vivo, per i tuoi pregi
    non sarai lodato, ma invidiato;
    sicché coraggio, per ora medita su questo:
    Che un bel morir tutta la vita onora.






    Risposta di Sanciu Panza:


    Comu! rispusi Sanciu, e chi scacciati!
    Chi àju a muriri pri essiri onoratu?

    Pirdunatimi, è grossa asinitati:
    Mi sentu megghiu eu vivu sbrigugnatu,
    Chi Achilli e Ulissi morti, decantati;

    Pirchì eu, o tintu o pintu, avennu ciatu,
    La cinniri di st'omini valenti
    La scarpisu, e perciò su' cchiù potenti

    Cantu Primu

    Come! rispose Sancio, e che almanacccate!
    Forse debbo morire per essere onorato?
    Perdonatemi, è una grande sciocchezza:
    Mi sento meglio io svergognato
    di Achille e Ulisse morti, decantati;
    Perché io, o bene o male, avendo fiato,
    la cenere di questi uomini valenti
    calpesto, e perciò sono più potente.






    Oh, vicenni di munnu! oh, stravaganza!

    Cantu Quintu

    Oh, vicende di mondo! oh, stravaganza!

    Mia libera traduzione.










    Foto proprie.

    mercoledì 23 ottobre 2013

    UN MOMENTO DI VERITÀ







    Sedimi 'ncantu, zittu, ed arriposa,
    Ch'eu ti dirrò comu passau la cosa.

    Giovanni Meli, La Fata Galanti, Cantu secunnu







    Foto proprie

    lunedì 21 ottobre 2013

    IO LA PENSO COME ME, MA PARLIAMONE...





    • Visto che si ragiona di storia comune e di idee e di giudizi storici etc. mi sembra non peregrino pubblicare le riflessioni e i commenti su fb al post di ieri:


      http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/10/se-padre-cipolla-chiede-aiuto-alla.html



      Rappresenta tra l'altro un bell'esempio di dialogo, non ci si può sentire in guerra perenne con ciò che fanno o scoprono o scrivono gli altri. Anzi, è occasione di arricchimento reciproco, a tutto vantaggio della verità (sempre con una buona dose di approssimazione s'intende). E fatta salva l'autonomia di giudizio.









      A Ettore Liotta, Pasquale Giuseppe Palumbo, Giuseppe Stafforini, Tina Ferlisi, Carmelo Mulè, Oriana Cammilli, Giusy Randazzo  piace questo elemento.

      •  Una delle figure più reazionarie della storia d'Italia. Appoggiò, tra l'altro, la repressione crispina dei fasci siciliani.

        [il giudizio è riferito alla Regima Margherita]
      • Piero Carbone Il mio non voleva essere un giudizio storico ma estetico; in ogni caso fa parte della "nostra" storia, come ne fa parte Crispi, Crispi garibaldino e poi... ciò non toglie che non si possa parlare di loro. Giudizi storici a parte. Nel caso specifico il documento attesta le aspettative che il potere centrale suscitava nella periferia. Se queste aspettative erano sistematicamente esaudite o eluse è un altro paio di maniche. La validità del documento resta intatta e dice del nostro paese tante cose: di un quartiere povero, della generosità di alcuni, della intraprendenza dei singoli etc. 
      •  Certamente. Fanno parte della nostra storia. Ma va ricordato che i Savoia significarono miseria e sangue per la nostra popolazione.

      •  ricordiamolo; il generale però non ci distolga dallo studio del particolare che, dialetticamente, al generale rimanda nel bene e/o nel male

      •  Anzi è proprio dallo studio dei tanti "particolari" che bisogna partire per ricostruire il quadro storico generale dell'epoca, completamente falsificato dalla storiografia di derivazione retorico-isorgimentale.
    •  Concordo sul principio e sul metodo: si esamini senza pregiudizio e senza falsificazioni ciò che viene dal basso, i tanti "particolari", e poi quello che ne viene fuori lo si riconosca, insomma, comu nasci si vattìa. Sembra facile, quasi scontato. Sembra. Anche le storie municipali andrebbero riscritte, con uno sguardo non soltanto etnoantropologico o, peggio, aneddotico, ma il danno in parte è irrimediabile se si guarda lo stato degli archivi storici comunali in Sicilia o che tali avrebbero dovuto essere.10 ore fa · Modificato · Mi piace · 1
    •  Il danno è dovuto sia per lo stato degli archivi sia per una sorta di rimozione della memoria storica voluta dalle classi dirigenti. Basti pensare alla viiolenta repressione della rivolta dei renitenti alla leva del 1862 a Racalmuto. Vi furono scontri a fuoco, probabili esecuzioni sommarie e arresti in massa per rappresaglia. Nessun racalmutese contemporaneo ne scrisse niente. Nessuna traccia nei documenti tranne lo scritto del prefetto Falconcini. Eppure fu un fatto devastante che condizionò la vita del paese per parecchi decenni in quanto alimentò la piaga del brigantaggio. Il popolo che subì quelle violenze purtroppo non sapeva scrivere.
    •  Certo che padre Cipolla doveva essere molto attivo ed anche molto criticato. Ricordiamo il detto: " 'un c'è scuru e 'un c'è fuddra si nun c'è patri Cipuddra".

       Il discorso su Padre Cipolla non finisce certamente qui.

      ***


      • Piero Carbone

        Nì, visto che ragioniamo di storia comune, e di idee e di mentalità etc. posso pubblicare le nostre riflessioni come commento al post sul blog? Se dici sì mi piacerebbe che chiudessi tu riferendo il tuo avvicinamento alla storia locale e ai contributi che vi hai portato, se vuoi lo possiamo pubblicare come post, raccontando proprio come è nato. Daremmo un bell'esempio di dialogo, alcuni invece si sentono in guerra perenne con ciò che fanno o scoprono o scrivono gli altri. Ti abbraccio.
      • Nino Vassallo
        Nino Vassallo

        Con piacere!
      • Piero Carbone
        Piero Carbone

        Dopo il tuo commento in riferimento alla tua esperienza di ricercatore li assemblo e li pubblico o se preferisci, un tuo articolo autonomo e in coda il dialogo che abbiamo avuto. Fai tu.
      • Nino Vassallo
        Nino Vassallo

        Fai come ritieni opportuno, Piero, sei tu il direttore del blog! Un nuovo articolo lo potrei fare in un prossimo futuro su di un nuovo argomento. Tanto la storia di Racalmuto e quasi tutta da riscrivere!
        Grazie per la considerazione delle cose che scrivo. Io non ci metto niente di particolare a parte la pazienza nel cercare le notizie che riesco a reperire.
        °°°

        • Piero Carbone

          Caro Ettore, oltre a quello di Nino, che ha acconsentito, vorrei pubblicare sul blog anche il tuo commento-sollecitazione su Padre Cipolla.
        • Liotta Ettore
          Liotta Ettore

          Grazie per l'accoglienza!


      Foto di Mario Gallo