La lettera del 26 gennaio 1953 che qui si pubblica di Giuseppe Pedalino Di Rosa, il poeta notaio originario di Racalmuto trasferitosi a Milano nei primi del Novecento, viene a testimoniare la reciproca conoscenza fra il settantaquattrenne poeta e il ventiduenne Leonardo Sciascia insegnante allora di scuole elementari appellato “professore” come si usa dalle nostre parti.
Il Pedalino a Milano mantenne le abitudini di paese
a cui era visceralmente attaccato. Avido di sapere tutto ciò che accadeva nel
natio loco, nella sua Sicilia, non poteva non essere interessato, lui letterato
e poeta di una qualche fama e di lungo corso, a ciò che verminava laggiù in
Sicilia. Il giovane autore Sciascia,
desideroso di approvazione e conferme come tutti i giovani esordienti, invia
all’anziano poeta due sue pubblicazioni e, forse per ingraziarselo o metterlo
in guardia, gli riferisce di alcune maldicenze (o non benevoli giudizi) sul suo
conto. Il Pedalino infatti nella lettera
fa riferimento a “quel tal signore”, autore di un non benevolo giudizio nei
propri confronti. Ora, la grammatica ci insegna che il pronome sostituisce il
nome: entrambi pertanto sapevano benissimo di chi parlavano. Come ad entrambi sarà
stato noto “l’ispiratore” di quel giudizio.
Riguardo alle “due pubblicazioni” inviate da Sciascia, se si escludono le Favole della dittatura pubblicate due
anni prima, esse con ogni probabilità saranno state quelle più recenti del 1952, e cioè la raccolta di
poesie La Sicilia, il suo cuore
e un’antologia di poesia romanesca (Il
fiore della poesia romanesca) con una premessa di Pasolini che, purtroppo,
in un’altra antologia sulla poesia dialettale del Novecento, anch’essa del
1952, si era espresso negativamente sul Pedalino con un giudizio assai
tagliente, definendolo “un affezionato del genere dialettale, ma con pericoloso
dilettantismo”. Perché pericoloso? si chiede con disappunto lo studioso
Salvatore Di Marco. E perché Sciascia, referente del Pasolini per la stesura
delle pagine siciliane dell’antologia, non controbatté o non chiese chiarimenti
su un giudizio così “sedizioso”?
La lettera del 23 gennaio 1953 pertanto
risponde negativamente ad un quesito
dello stesso Di Marco il quale ha ipotizzato, quale excusatio, una quasi non conoscenza delle opere del Pedalino dal
momento che il Di Marco non si spiega come mai Sciascia non menzioni mai il
Pedalino pur occupandosi di poesia dialettale. E’ improbabile che il futuro
scrittore di Racalmuto nel 1953 non conoscesse e non avesse letto i libri pubblicati dal Pedalino. E’, piuttosto, una
chiara scelta di Sciascia quella di ignorarlo.
Avrebbe potuto citarlo nel 1975 quando ha scritto la
prefazione alla ristampa del romanzone di Luigi Natoli Fra Diego La Matina del 1924: il Pedalino aveva pubblicato A fra’ Decu nel 1929; Sciascia lo
liquida indicandolo semplicemente come “il notaio che verseggiava” e lo cita a
proposito del convegno da lui organizzato a Racalmuto “intorno al 1930” a cui
sarebbe convenuto lo stesso Natoli e per averlo accompagnato “ nella contrada
di campagna denominata fra Diego, dove
c’era una grotta”. Quel convegno avrà fatto scrusciu
in paese colpendo l’immaginario di Sciascia ragazzo, se non altro per averne
sentito parlare favolisticamente, dal momento che a Racalmuto, grazie al poeta
racalmutese che risiedeva a Milano, s’era adunata gente “importante”,
rappresentanti delle patrie e sicule lettere che in quel momento andavano per
la maggiore tra cui, oltre il famosissimo Luigi Natoli, gli emergenti Ignazio
Buttitta, Giuseppe Denaro ed altri.
Quell’alone di successo e di conoscenze nel campo
letterario e non solo perdurava ancora nel 1953 quando il “poeta notaio” scriveva
al giovane Sciascia, anzi veniva rafforzato dallo stesso Pedalino il quale con
dimestichezza cita Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando, lo stesso
Natoli e Vincenzo De Simone, professori universitari, Luigi Capuana che
addirittura a Milano lo avrebbe abbracciato.
Sciascia, inoltre, per ragioni di poetica, lontano
nella scrittura da ogni sentimentalismo, avrebbe potuto o dovuto citare il
Pedalino quando nel 1964 ha pubblicato La morte dell’Inquisitore, se non altro
perché il “notaio che verseggiava” aveva scritto un corposo poemetto di 104
ottave, storicamente documentato, dedicato al monaco eretico di Racalmuto, facendone,
a differenza del Natoli, un eroe, un martire del libero pensiero.
Non l’ha fatto. Non l’ha voluto fare. Ha preferito
il silenzio.
Come se non bastasse, l’autore delle Parrocchie di Regalpetra, anche nella fama post
mortem presso i posteri, ha contribuito involontariamente all’oblio del “notaio
che verseggiava” occupando egli stesso, con
l’incombenza della sua fama, tutti gli
spazi e i conati celebrativi di un paio di generazioni di concittadini. Più o
meno ignari. Più o meno colpevoli.
Prima minuta
Milano, 26-1-1953
Ill.mo Prof. Leonardo Sciascia
Racalmuto
Con letizia ricevo sua preg[iatissi]ma
del 22.
E mentre mi accingo a scriverle, mi perviena la
posta con le Sue due sue pubblicazioni inviatemi, che saranno
oggetto di mio studio.
La
scriverò molto volentieri – appena letto e appena rimessomi in salute.
Per
quel tal signore, che evidentemente non ha visto nulla di mio e che si è attenuto alle notizie
di un... interessato a me noto, sono lieto che, date le [due
parole incomprensibili di cui la prima sottolineata], non intenda… il passo
come fa per Antonio Negri. Ragione di
mia personale letizia.
Che
vuole? Pio Reina, Benedetto Croce, V. E. Orlando, Vincenzo De Simone, i Prof.
Luigi Natoli, Filippo Mare Pugliese, i Prof Universitari Savor Pop e Luigi
Sorrento (anche [due parole
incomprensibili]) non verranno in seno di quel tale. E anche lettere a me
dirette recentissimamente... dallo stesso ispiratore!
[Righe
tagliate con un frego orizzontale: Non mi fa né caldo né freddo, personalmente sono
per trarne argomento di perfetta letizia]
Seconda minuta
Milano, 26-1-1953
Ill.mo Prof. Leonardo Sciascia
Racalmuto
Con letizia ricevo sua pregma
del 22.
E mentre mi accingo a scriverLe mi pervengono due
sue pubblicazioni, che saranno oggetto di mio studio.
La scriverò molto volentieri – appena letto e appena
rimessomi.
Per quel tal signore, che evidentemente non ha visto
(cancellato: letto) nulla di mio e
che si è attenuto alle notizie di un... interessato a me noto, sono lieto che,
data le le [due parole incomprensibili di cui la prima sottolineata], non
intende… il passo come fa per Antonio Negri. Ragione di mia personale letizia.
Ma
che vuole? Pio Reina, Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Vincenzo De
Simone, i Professori Universtari Luigi Sorrento e Saver Pope, i Prof. Luigi Natoli e Filippo
Mare Pugliese non verranno in seno di quel tale. E anche lettere a me dirette… dallo
stesso ispiratore! [Sottolineata e cassata la frase: Non mi fa né freddo né caldo] Ed
io invero non parlo a seguito di [una parola incomprensibile] perché non
ho voglia di comprare il volume
Con ogni [fremito?] di spirito, i migliori saluti.
Cordialissimo
Suo Peppi Pedalino
Per la cronaca! Il nostro compianto Luigi Capuana
l’aveva proprio per le mie alcaiche. Non accettava questa forma metrica pel
nostro dialetto. E mi scrisse lettere ... sfottenti, intendiamoci, non per il contenuto, ma per la
forma. Ma dopo, quando è venuto a Milano a fare il perito nel processo di
Marinetti, mi abbracciò affettuosamente e mi palesò la sua cordiale
benevolenza.
Già pubblicato nel 2008 su Lumìe di Sicilia:
http://www.trapaninostra.it/Edicola/Lumie_di_Sicilia_2008_nr_62_febbraio.pdf
Links correlati:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/08/il-poeta-notaio-di-racalmuto_26.html
http://contraomniaracalmuto.blogspot.it/2013/11/una-pagina-d-storia-fascista-racalmutese.html
Links correlati:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/08/il-poeta-notaio-di-racalmuto_26.html
http://contraomniaracalmuto.blogspot.it/2013/11/una-pagina-d-storia-fascista-racalmutese.html
Nessun commento:
Posta un commento