Due lettere e un racconto
Setúbal, 4 marzo 2014
sono di nuovo io, con i miei, “nostri“, ricordi. Arrié, Eduà? dirai tu, prima la tramuntaneddra, poi la suddra e la rasola , ora li jurnatara !!!!
E che vuoi? Chiddru chi haju vannìu!
L´ultima volta che
sono stato in paese, mi hanno detto
che il reclutamento dei
lavoratori, per i pochi lavori che rimangono e considerando la mancanza di lavoro, si fa esclusivamente tramite l´ufficio di collocamento, uno spazio grigio, dove
impiegati grigi si aggirano tra le scartoffie. Allora mi sono ricordato
quando non era così.
Eduardo
la tramuntaneddra...
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/11/tramuntanedda-siciliana-e-saudade.html
la suddra...
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2014/01/e-un-bellissimo-fiore.html
la rasola...
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2014/02/la-rasola-non-scrolla-i-ricordi.html
Caro Eduardo,
ma lo sai che anche io mi dovevo chiamare Eduardo? Poi i miei genitori hanno optato per il secondo nome dello zio di mio padre.
Eduardo pure tu? dirai. Hai ragione. Ne basta uno ed avanza, con i suoi ricordi, con i "nostri" ricordi, per i quali non esclamo con fastidio Arriè, Eduà? ma con piacere Arriè, Eduà! Sì, arriè, di nuovo, provaci ancora con i tuoi ricordi: sono schietti, piacevoli.
Quest'ultimo dei giornatari o jurnatàra mi ricorda quello che sui mietitori mi raccontava mio padre spesso, come una cantilena . Quando mi è venuta a mancare, ho provato un irrimediabile vuoto, l'ho rimpianta, con struggente nostalgia, con senso di colpa per non averla saputo tesaurizzare e tradurre in parola scritta, in ricordo, in racconto.
Grazie a te, col tuo ricordo, col tuo ricordare, mi risuona quella cantilena e con la cantilena un mondo, anche se scomparso eppure più vivo che mai. Un ottimo accenno ho ritrovato con piacere nel libro Serafina di Anna Burgio. Una buona occasione per rivederlo.
Un caloroso abbraccio. Piero.
la tramuntaneddra...
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/11/tramuntanedda-siciliana-e-saudade.html
la suddra...
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2014/01/e-un-bellissimo-fiore.html
la rasola...
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2014/02/la-rasola-non-scrolla-i-ricordi.html
2.
Palermo, 12 marzo 2014
ma lo sai che anche io mi dovevo chiamare Eduardo? Poi i miei genitori hanno optato per il secondo nome dello zio di mio padre.
Eduardo pure tu? dirai. Hai ragione. Ne basta uno ed avanza, con i suoi ricordi, con i "nostri" ricordi, per i quali non esclamo con fastidio Arriè, Eduà? ma con piacere Arriè, Eduà! Sì, arriè, di nuovo, provaci ancora con i tuoi ricordi: sono schietti, piacevoli.
Quest'ultimo dei giornatari o jurnatàra mi ricorda quello che sui mietitori mi raccontava mio padre spesso, come una cantilena . Quando mi è venuta a mancare, ho provato un irrimediabile vuoto, l'ho rimpianta, con struggente nostalgia, con senso di colpa per non averla saputo tesaurizzare e tradurre in parola scritta, in ricordo, in racconto.
Grazie a te, col tuo ricordo, col tuo ricordare, mi risuona quella cantilena e con la cantilena un mondo, anche se scomparso eppure più vivo che mai. Un ottimo accenno ho ritrovato con piacere nel libro Serafina di Anna Burgio. Una buona occasione per rivederlo.
Un caloroso abbraccio. Piero.
3.
Jurnatàra
di
Eduardo Chiarelli
Era dopo cena che
la piazza riprendeva vita, quando i pinnacoli della vecchia Matrice perdevano
il loro rossore e tutto appariva ancora più lindo sotto la luce tenue dei
lampioni.
E arrivando a uno a uno, o a piccoli gruppi, uomini dalle facce abbronzate andavano ad
occupare la Piazzetta. Chiunque avesse bisogno dei servizi di un muratore, di
un trattorista, di un sensale o di un noleggiatore, lo avrebbe trovato là,
sul marciapiede antistante il Caffé Paolino.
Fra questi si
trovavano anche i braccianti agricoli, che nonostante appartenessero alla
categoria più disagiata, vivendo letteralmente alla giornata, se ne stavano
dignitosamente ad aspettare che qualche proprietario terriero gli offrisse
lavoro, e mentre aspettavano i loro discorsi erano più o meno questi: "Chiii! lu zi Peppi M….? Quello con il boccone ancora in bocca ti fa alzare," per dire
che non rispettava l'ora di pranzo a cui il bracciante aveva diritto .
Dal lato opposto,
cioè quello dove si trovavano i proprietari
terrieri, i discorsi non erano molto
diversi, infatti avremmo potuto
udire cose di questo genere : "Chi? Totu lu I….? Quello è un farmacista!!" per dire che lavorava otto ore precise, non un minuto in più.
Oppure: "Quell´altro? Buono è, e lavora sincero!", per dire che era coscienzioso non badava alla mezz'ora in più di lavoro, estirpava veramente le erbacce, e non le ricopriva di terra con la zappa, come invece facevano i più furbi ed esperti.
Oppure: "Quell´altro? Buono è, e lavora sincero!", per dire che era coscienzioso non badava alla mezz'ora in più di lavoro, estirpava veramente le erbacce, e non le ricopriva di terra con la zappa, come invece facevano i più furbi ed esperti.
Così i lavoratori a
giornata, con occhi di camaleonte, stavano attenti all'amico che avevano davanti e al possibile
datore di lavoro, con cui stabilivano con una sofisticata tecnica di guarda-non guarda, un fugace contatto visuale, a quel punto bisognava solamente
aspettare che questi facesse un piccolo cenno e il bracciante, fingendo
sorpresa, si sarebbe diretto verso il centro della Piazza, e là, senza sprechi
di parole, avrebbero stabilito l'ora e il luogo per l'incontro che si
sarebbe realizzato l'indomani mattina. Se prima di separarsi qualche datore di lavoro diceva: "mi raccomando!" quasi a sottolineare che non doveva mancare all'appuntamento, l'altro, offeso, avrebbe risposto: "L´uomo per la parola , il bue per le corna."
Cosí il lavoratore
soddisfatto e sollevato, per aver trovato lavoro, raggiungeva i suoi amici,
e com essi andava a bere un bicchiere di vino all'osteria, prima d'andare a
casa.
E quella Piazza,
palco delle nostre vite, che tutti abbiamo calcato, a volte da attori
principali, altre volte da semplici comparse, lentamente si svuotava, per ordine
di una immaginaria "maschera" triste e solitaria, che con voce marziale gridava: "Chiudere
!!!"
Quasi una colonna sonora:
Francisco Tàrrega, Recuerdos de la Alhambra
played by Andres Segovia
4.
1. La Piazzetta negli Anni Quaranta. Foto postata da Gigi Restivo nel Gruppo facebook "Sali d'argento. Raccolta fotografica digitale di Racalmuto".
2. Mietitori. Foto di Louise Hamilton Caico. Primi decennio del 1900.
3. Trebbiatura. Foto di Louise Hamilton Caico. Primi decennio del 1900.
4. Campagna racalmutese odierna. Foto "Archivio e Pensamenti".
La scena descritta da Eduardo è così teatrale che ad un certo punto parla di una "maschera" che irrompe nella scena anzi in quel palcoscenico naturale che è o era la Piazzetta e avvisava di cessare ogni commercio perché si doveva "chiudere". Era così teatrale appunto da sembrare una scena fantastica in un ambiente reale e, fatale precisazione!, ho aggiunto "immaginaria" riferendomi all'irruzione della maschera, ma, colpo di scena!, Eduardo mi invia, assieme a tanti altri particolari, questa precisazione con un garbato Post scriptum: "P.S. La maschera triste e solitaria non era immaginaria, era Liddru Castiddruzzaru, che ordinava tutte le sere di chiudere. un abbraccio." La realtà a volte oltrepassa veramente la fantasia! Vuol dire che per non tralasciare la nuova materia aggiunta dedicherò allo stesso "ricordo" un altro post. E non certo per fare di Eduardo, come scherzosamente teme e mi manda a dire, un "giornataro internazionale". Internazionale, semmai, cioè semplicemente umana è la nostra memoria, il ricordo di ciò che siamo stati.
RispondiEliminala scena del personaggio che "chiudeva" la piazza è stata messa nel film Nuovo Cinema Paradiso di Peppuccio Tornatore ,nello stesso vi sono anche altre scene quali le "sputazzate" dal loggione del Cinema e le imprecazioni delle persone colpite : "le mamme buttane" presa paro paro da "le Parrocchie di Regalpetra" magari era un sentire di tutti i paesi siciliani oppure Tornatore ha riportato quella scena perché ne aveva avuto sentore a Racalmuto.
RispondiEliminaA maggior ragione la Piazzetta andava preservata.
RispondiEliminahttp://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/06/a-la-piazzetta-comu-ci-finisci.html
Un bel racconto, scritto con semplicità e maestria, che si rifà ai tempi miei e più che anche a me piace rievocare perchè fanno parte di un vissuto che non va rimosso, è già passato, ma non fa male (credo) raccontarlo anche alle nuove generazioni.
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