Sembrava, ma non era via dei Calderai; sembrava ma non era via Bandiera né la Vuccirìa né il Capo né Ballarò...
Ieri alla Real Fonderia Oretea di Palermo, in margine al Festival delle culture, ho visto una mostra che incuriosiva parecchio: alcune foto sembravano scattate a Palermo ma è anche vero che Palermo sembrava proiettata in angoli insospettati di mondi lontani.
Ricordavo l'aria quasi sacrale che coglievo anni fa nel volto di Melo Minnella quando partiva per andare a fotografare, in paesi lontani, molto lontani, dell'Asia soprattutto, squarci di vita quotidiana, casuali, fugaci, curiosi, inimmaginabili, che poi rendeva statuari col suo bianco e nero.
Ma ieri, a quelle ormai classiche visioni si sono festosamente sovrapposte altre visioni, dell'Asia o del prossimo Maghreb, e con lo stesso spirito, direi. A colori. E non solo di immagini si trattava; animavano la sala della Fonderia Oretea marocchini, filippini, palestinesi, iraniani...
Palermo, del resto, con gli immigrati, ha il mondo in casa.
Nono solo fotografie
La cantante Giana Guaiana ha aperto il programma musicale trasportandoci con suoni e canzoni in Sardegna, in Albania, in Bolivia, in India, in Israele, in Palestina. Accompagnandosi con la sola chitarra e a volte neanche quella perché la sua voce, modulata con meditata tecnica, di volta in volta riesce ad evocare con ricchezza un continente di sensazioni.
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