giovedì 19 settembre 2019

IL MISTERO DELLA RELIQUIA. Dalla corrispondenza del 1893 tra il sacerdote Giuseppe Maria Vizzini di Villalba e il chierico Giuseppe Cipolla di Racalmuto



Giuseppe M Vizzini
(Villalba, 20 luglio 1893)

I.M.I.

            Carissimo Peppino,

            Due paroline in fretta per farti noto che ricevei la tua del 15 corrente.
            Mi congratulo teco che finalmente ti trovi in patria: ora divertiti e pensa ad ingrassarti bene.
            Io per ora la passo poco bene in Villalba. Un malessere continuato m’invade tutta la persona, un fortissimo dolor di capo è da parecchi giorni che non vuole lasciarmi.
            Giusto in questa setimana sono di servizio nella Parrocchia, che conta un buon numero d’infermi, gran parte colpiti da polmonite. Il Cappellano nel visitare gli infermi ha tutti i requisiti per potere davvero meditare la miseria del paese, la caducità delle cose terrene, la morte.

            Apprendo dalla tua il ritorno del tuo carissimo Sferrazza per Palermo. Andasti tu ad incontrarlo? E se v’andasti perché non avisarmene per farmi trovare alla stazione, siccome eravamo rimasti?

            Mulè mi scrisse una cartolina; ma io non trascurai si rispondergli per le rime.

Tu devi perdonarmi se la reliquia è si povera nella custodia; me l’hanno mandato così, né io mi avevo delle comodità in Villalba da potervi procurare, almeno per la tua, un reliquiario degno della reliquia, degno della persona che doveva tenerlo: qui vi è soltanto uno stagnino, e che fare con lo stagno, con la latta?

            Nella mia ultima lettera ti pregavo difarmi avere l’indirizzo del cappelliere, i prezzi de’ cappelli, il metodo di prender le misure e le condizioni di spedizioone: come ti sarai sbrigato degli affari, in cui mi dici di essere occupato, ti incomoderai a favorirmi, perché c’é da scrivere per qualche cappello.

            Mio cugino Chco Gius Vizzini Partirà per Roma il 1° Settembre: se ne andrà a studiare nel Seminario Apostolico  a spese di Mons. Vescovo.

            E il Rev. Collegiale Sac. D. Francesco Genco è ritornato da Girgenti? Ti facesti narrare in che grado trovavasi quando ci scrisse quella lettera sfortunata? Se trovasi in Patria salutamelo caramente: chi sa se non vi rivedrò più: corse lunga distanza separandoci.

            E il pacifico Romano che fa? Pigliò possesso della Cappellania? Salutamelo.

            Fra non guari mio fratello il grande, Salvatore andrà a nozze e con la compagna partirà tosto per l’America. La promessa sposa è quella ancora di cui ti parlavo in Caltanissetta.

            Ogni qualvolta piglio la penna per te non vorrei più lasciarla. Sento il bisogno d’intrattenermi teco a lungo: quello che non posso fare in persona, farò sempre per lettera.
            La testa mi bolle, perdona la fretta. Ossequiami tanto il tuo Carissimo Sferrazza. Tu dammi un abbraccio di cuore e credimi:
            Tuo affmo Amico
            Sac Giuseppe Ma




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