sabato 21 luglio 2018

NOI, LA FESTA DEL MONTE, LA FACCIAMO COSÌ. Presentazione di Iolanda Salemi, e un annuncio

Grazie al Direttore di "Lumie di Sicilia" Mario Gallo
 per l'ampia e prestigiosa accoglienza dedicata
 alla descrizione della Festa del Monte di Racalmuto
e a Iolanda Salemi,
 ormai assidua collaboratrice di "Lumie di Sicilia",  
attenta nel ricostruire, con grande precisione, aspetti, 
che possono sembrare piccolissimi,  di un rito e di una tradizione, 
ma nel sentimento o nel ricordo,
  per tanti, insignificanti, anche se piccolissimi, non sono. 



Lumie di Sicilia, n. 117 (32 online) - agosto 2018









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Il testo

LA FESTA DEL MONTE
di 
Iolanda Salemi

Premessa
<<Pampilonia nel dialetto dei Racalmutesi vuol dire confusione infernale, chiasso, smisurata allegria... ed una pampilonia di festa nell’ultima settimana di Maggio qui esplode insonne e violenta...>>.
Così Leonardo Sciascia definisce la Festa del Monte, a cui era solito assistere ogni anno. Una festa barocca e colorata, un rito pagano che mischia tradizione e religione, devozione e superstizione.

Festa rossa di sangue e di torrone, di profumo di zucchero filato, di voci di bambini e musica sparata dagli amplificatori delle giostre. Calda di sole e fresca di gelati “a pezzo”, consumati sotto gli ombrelloni dei bar. Festosa di bande musicali che accompagnano ogni momento; scalpitante di cavalli e cavalieri che li incitano per arrivare al momento culminante: l'acchianata di la scalinata di lu munti, la prummisioni, che  le donne fanno a piedi scalzi e gli uomini a cavallo. Il gesuita Girolamo Morreale ha scritto un libro molto documentato sulla presenza della Madonna del Monte a Racalmuto e sulla festa in particolare, tenendo conto anche della tradizione orale. 

Venerdì: Triunfu e Recita
La festa che per secoli era celebrata nel mese di Maggio, da qualche decennio è stata spostata alla II settimana di Luglio, per favorire la partecipazione dei molti emigrati che per le ferie estive ritornano al paese.
Il Venerdì pomeriggio vent'un colpi di cannone segnano l'inizio della festa, segue l'entrata dei “Tammurinara” che sfilano per le vie del paese. Alle ore 20 una grande folla riempie il piano del Monte, dove è pronto il carroccio, trainato dai buoi, su cui è adagiata la statua della Madonna circondata da fiori. La statua non è quella originale, pesantissima, ma una copia in gesso, molto più leggera.
Finita la funzione in chiesa, la processione detta “lu Triunfu”, si svolge per le vie principali, che sono illuminate dalle caratteristiche luminarie. Precedono il carro  il clero, e la folla di gente, infine il corteo storico, con i cavalli bardati e i cavalieri in abiti del Seicento,  che rievoca l’entrata della Madonna a Racalmuto.
Dopo aver attraversato il corso Garibaldi, la processione si ferma in piazza, dove  viene rappresentata la recita, che si conclude con il grido unanime: “viva Maria Matri e Rigina ca a Racalmutu si vosi ristari”.
La tradizionale recita, rappresentata in piazza fin dalle origini, cadde in disuso dopo il 1955. 
Nel 1978, Eugenio Napoleone Messana, sulla scorta del Bonaventura Caruselli e attingendo dal libro di Nicolò Tinebra Martorana,  ricompose in dialetto la Recita in un atto che si concludeva, tranne l’ultima battuta di Ambrogio, con il canto Di Trapani affaccià Maria di Gèsu. Quell’anno la gente assistette allo spettacolo con compiacimento, riconoscendosi nelle battute dei personaggi. 
Nel 1980, Piero Carbone, includendo il mondo delle donne e delle madri, nobili e popolane, per rafforzare la coralità del popolo tutto e dare una ventata di freschezza, aggiunse  una seconda parte con l’introduzione della Contessa e degli altri personaggi femminili. Nonostante qualche isolata resistenza, i nuovi personaggi, apparsi inaspettatamente al seguito della Contessa condotta in portantina, furono accolti unanimemente con rafforzato compiacimento e con commozione, insomma, era stato regalato al paese un altro giorno di festa anche perché la rappresentazione venne spostata dalla domenica al venerdì. Nel 1982 il testo della Recita veniva stampato  nel suo assetto definitivo con l’introduzione, da parte del professore Nicolò Macaluso, del personaggio Giacinto con funzione di Prologo.
Durante i tre giorni di festa i venditori ambulanti montano le loro bancarelle (li barracchi) lungo i lati del corso, dando un’immagine coreografica della piazza. In questi giorni l’odore dominante è quello del torrone e dello zucchero filato, sulle tavole dei racalmutesi non manca la “cubaita”, il tipico torrone fatto con mandorle, pistacchi e miele che già dal nome tradisce l’indubbia origine araba. Mentre la gente prolunga fino a tarda ora le serate, continuando a passeggiare, o a consumare seduti ai tavolini dei bar e i bambini si divertono sulle giostrine.

Sabato: pigliata di lu Ciliu
La mattina del sabato, un tempo in piazza Barona aveva luogo la fiera degli animali, usanza ormai andata perduta, adesso oltre alla messa solenne celebrata in chiesa, si può assistere in piazza al consueto concertino della banda musicale. Ma il momento più importante della festa, è la “presa del Cilio”, che si svolge in piazza alle ore 22, a questo punto la festa si colora di rosso “rossa fiesta, urlante grappolo di gioia”.
Ma vediamo cos'è il Cilio: dal latino cereustradotto nel siciliano ciliu, è un grosso cero posto su un piedistallo e tenuto da sostegni di legno artisticamente lavorati, il quale acceso soleva portarsi dietro l’immagine del Santo. L’istituzione di questi cerei è antichissima, in un documento del 1355 è descritto l’ordine dei cerei di Palermo.
Nei primi tempi il sostegno era piccolo e rudimentale, poi si perfezionò fino a diventare  un  vero e  proprio  monumento religioso processionale di forma artistica. Anticamente veniva trasportato a spalla per mezzo di lunghe aste inserite alla base, negli anni settanta, è stato posto su una base con ruote e viene trainato da un trattore.
In tempi in cui mancava la luce elettrica, le candele e i grossi ceri avevano una grande importanza di utilità pratica e di voto religioso, servivano ad onorare i Santi ma anche ad illuminare la piazza e le chiese, in tale contesto nasce il cero come monumento religioso processionale; infatti arrivati in chiesa i rappresentanti della corporazione del cero facevano le loro offerte di candele.
Già nel 1881 Racalmuto aveva i suoi quattro ceri: quello dei “burgisi”, “ugliara”, “cicirara”, “mulinara”. Quest’ultimo non esiste più, gli altri sono tuttora presenti. Tutti e tre sfilano in ordine di grandezza, che è anche gerarchia sociale, primo il più grande e più bello quello dei “burgisi”, poi quello degli “ugliara”, e infine dei “cicirara”.
Il cero dei borgesi è legato alla presa della bandiera, al centro della piazza, la grande macchina del cilio si ferma, l’autista del trattore dà un lungo segnale con il clakson ed inizia la contesa. Le due fazioni sono schierate, ognuna di loro parteggia per un prescelto, inizia la rissa, piovono pugni e calci il tutto dura dieci o quindici minuti, alla fine il gruppo più forte ha la meglio, il campione riesce a raggiungere la cima della macchina e sventola la bandiera.
Possono partecipare solo i giovani non sposati, infatti è chiamato “lu ciliu di li schietti”, il fortunato che ha preso la bandiera si sposerà entro l’anno. A volte capita che i risentimenti trascinati durante l’anno, trovano in questa occasione momento di sfogo, quindi la lotta si fa particolarmente cruenta. Il vincitore riceve un premio in denaro ma ha l’obbligo di confezionare la bandiera per l’anno prossimo, mentre avrà il privilegio di far partire dalla sua casa il cero ed offrirà un rinfresco a tutti coloro che andranno a “vidiri partiri lu ciliu.

Domenica: prummisioni, messa solenne e processione
La Domenica è la giornata delle “Prummisioni” (ex-voto), chi durante l’anno ha ricevuto la grazia scioglie il voto portando doni al Santuario. Anticamente i doni consistevano in grano o animali adesso si offre denaro, le offerte vengono fatte sia durante la mattinata che nel pomeriggio. Le donne, un tempo, portavano a piedi  scalzi le loro offerte, formando delle piccole processioni,  adesso possiamo dire che le donne che affrontano la lunga scalinata a cavallo portando in braccio i loro bambini, sono più degli uomini.
Una straordinaria attrattiva sono le “Prummisioni” fatte a cavallo, la mattina una folla di parenti ed amici si riunisce nella casa del devoto, dove viene offerto un rinfresco. Fuori è pronto il cavallo bardato con tutti i paramenti, le “cianciane” ed un’immagine della Madonna posta sulla fronte, arrivata la banda si parte in corteo.
Sfilando per le vie principali, si giunge ai piedi della lunga scalinata che porta al Santuario, qui il riluttante animale viene incitato a furia di urla e bastonate a salire la scalinata, arrivando fin dentro la chiesa dove li attende il prete che li benedice.
Il culmine della festa si raggiunge la domenica sera, con la processione. Un grande carro a forma di nave, perché secondo la leggenda la madonna arrivò dal mare, viene preparato su un camion, al centro viene posta la statua della Madonna circondata da angioletti, che un tempo erano bambini travestiti, adesso sono puttini di gesso, attorno fiori e candele.
 La festa si conclude verso le 2, quando in piazza Barona si assiste allo spettacolo dei fuochi artificiali molto gradito dal popolo, infatti due elementi determinano la riuscita della festa, la quantità  e qualità dei fuochi, e la bellezza e ricchezza delle luminarie.
Dopo l’ultimo colpo secco che indica la fine, la folla si dilegua dicendo: “Viva Maria SS. del Monte”, che non è un forte grido di massa istituzionalizzato, piuttosto un grido sommesso e personale che ognuno emette spontaneo. 

La Festa in America
La devozione per la Madonna del Monte a Racalmuto è particolarmente sentita, ma anche da tutti i racalmutesi sparsi per il mondo, numerosi tornano in paese per l'occasione. 
Ad Hamilton, dove è concentrata una comunità di  circa 20.000 emigrati racalmutesi, hanno istituito una analoga Festa del Monte, per mantenere quel legame spirituale che li fa sentire sempre parte del paese natio.
Ai primi del secolo scorso, si celebrava la Festa anche a New York. 

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