lunedì 27 novembre 2017

LA VOCE "INCONFONDIBILE" DI ANNA MARIA BONFIGLIO. Presentazione del libro "D'amuri e di raggia"




Venerdì 24 novembre 2017, all'Istituto dei ciechi, presentazione del libro D''amuri e di raggia di Anna Maria Bonfiglio, organizzata dall'Associazione Kaleidos.

Tommaso Romano ha enucleato la poetica di Anna Maria con le sue venature psicologiche, formali, estetiche, in sintesi, a prescindere dalla lingua adottata, definisce la sua poesia "una voce inconfondibile..." .

Io mi sono soffermato sulla scelta della forma dialettale adottata e sulle assonanze con altri poeti.

Il discordo introduttivo, sapientemente propedeutico, di Nicola Romano, che qui si riporta, ha fornito le coordinate per intendere e inquadrare il processo evolutivo di una poetessa a tutto tondo che approda ad " una poesia di largo respiro e che si conferma squisitamente 'autentica'”.


Interventi musicali:
Lorena Scarlata (mezzosoprano) 
Salvatore Scinaldi (pianista)

Foto di Viviana Taormina e Maria Pia Lo Verso
















Dopo vent'anni D'amuri e di raggia
di 
Nicola Romano

A distanza di circa vent’anni dalla pubblicazione della sua plaquette intitolata Spinnu, Anna Maria Bonfiglio – ritornando alla “pura fonte del linguaggio materno” (come ebbe a dire nei confronti della sua poesia in siciliano il poeta castelbuonese Giuseppe Mazzola Barreca) ha dato adesso alle stampe, con gli accurati tipi dell’edizioni Agemina e con una brillante prefazione della poetessa Ester Monachino, una seconda raccolta di poesie che porta il titolo D’amuri e di raggia, un titolo che da solo introduce i contrasti e le dualità delle nostre altalenanti pulsioni, e che senz’altro viene ad essere qui congruente con la metafora d’una Sicilia piena di contrasti, una terra che ci ha abituati a convivere con la gioia e la disperazione, con l’amarezza e, fortunatamente, anche con la speranza.

L’insieme si contraddistingue soprattutto per la presenza d’immagini fortemente interiorizzate e rivestite da un linguaggio dialettale incisivo ed appropriato, una sorta di valore aggiunto se si pensa che il dialetto vuole appartenere alla precisa espressione del nostro mondo “privato”, alla sfera della nostra matrice identitaria. Da osservare che, se nella prima raccolta “Spinnu” la nostra Autrice aveva ritenuto opportuno inserire a margine d’ogni testo la traduzione di alcuni particolari vocaboli, in questa raccolta - pur non entrando nei meriti che da sempre risultano afferenti alla questione dialettale - tende soltanto a puntualizzare, nella sua breve premessa che è da considerare “tecnica”, di avere usato un dialetto aderente alla sua parlata originaria, “avendo cura di non trascurare l’aspetto ortografico e grammaticale, pur riducendo al necessario l’uso dei segni diacritici”. 

Questa, oltre ad essere una sua considerazione tecnica, è una precisazione ”professionale” che fa comprendere quella che è la sua costante attenzione verso il dialetto siciliano e verso le sue antiche o attuali problematiche, anche se tale premessa alla fine sembra risultare ininfluente per quello che è il connotato poetico in questione che, mettendo da parte qualsiasi concetto prettamente sintattico-grammaticale, aspira a voler comunicare con il lettore in un linguaggio che, come sappiamo, è un codice, un cifrario la cui decodificazione è affidata alla sensibilità e all’avvertenza di chi legge.
E comunque, siamo in presenza d’una poesia di largo respiro e che si conferma squisitamente “autentica”, e che essa è figlia d’un percorso attento ed evoluto che ha condotto la Bonfiglio verso una gemmazione di toni ancora più sicuri e di colori nuovi in un contesto, per tanti versi, già maturo e ancor di più profondamente pensoso d’immagini.

L’arghi fannu lu lippu a la carina; 
la luna s’addummisci a la campia; 
li labbra s’assuppavanu di meli; 
ora lu tempu è cutra ca m’accupa… 

sono lacerti di endecasillabi altamente lirici che sicuramente s’insinuano nel solco emotivo e nella sensibilità di ognuno di noi, versi che conducono dentro luoghi o atmosfere di rarefatto coinvolgimento.

E quella dicotomia, quel contrasto che sembra annunciarsi nel titolo non trova poi corrispondenza nella trattazione delle due opposte condizioni d’animo, dal momento che parlando sia d’amuri che di raggia, la Bonfiglio sembra adottare uguali toni armonici, la stessa tensione di linguaggio, nonchè la stessa dolce fluidità espressiva che conferiscono allo spazio, in cui è collocata l’intera raccolta, una sua oggettiva compiutezza poetica. 
D’altronde – come ebbe a dire Andrea Camilleri in una sua recente nota sulla nostra Autrice – “nella poesia di Anna Maria Bonfiglio c’è una perfetta adesione, in un certo senso gioiosa, alla vita, manifestando un equilibrio che le consente di non essere mai banale e mai allo stesso tempo ricercata”.










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