venerdì 3 ottobre 2014

MIGRANTI COME GABBIANI. Angelo Campanella testimonia e racconta



Oggi ricorre l’anniversario del terribile naufragio di migranti presso le coste dell’isola di Lampedusa. 
In queste occasioni ogni parola rischia di risultare fuori posto e superflua, ma è un dovere morale riflettere su quanto accade e sforzarsi di cogliere nel suo insieme la complessità del fenomeno migratorio. 
Proponiamo alcuni passi del libro “Come gabbiani sull’acqua. Lampedusa tra due mondi” di Angelo Campanella, il quale si trovava a Lampedusa il tre ottobre 2013 ed è stato testimone diretto della tragedia. 
Il libro, pubblicato nel marzo scorso,  offre parecchi spunti per avviare delle riflessioni non solo su quanto è accaduto, ma soprattutto sulle reazioni degli italiani in generale e dei lampedusani in particolare.                                                                                                               
                                                                                                                               P. C.








Brani tratti da

Come gabbiani sull'acqua
Lampedusa tra due mondi 
di
 Angelo Campanella


L’idea del libro mi è venuta leggendo il piano di gestione “Isole Pelagie 2009”, presso la sede lampedusana di Legambiente. A proposito del gabbiano reale, che nidifica a Lampedusa, vi si legge: “Dopo la riproduzione (da metà – fine luglio) tende ad abbandonare le isole e portarsi in mare aperto o in altri siti, probabilmente per motivi trofici”. Ho pensato che il comportamento dei gabbiani non sia poi tanto diverso da quello degli uomini.
Un’altra importante suggestione mi è giunta dalla testimonianza di uno studente di Lampedusa, il quale in un tema riferì che lo zio pescatore si era incuriosito udendo che il verso dei gabbiani, la mattina del tre ottobre 2013, aveva un tono particolarmente elevato. Nell’arco di poche ore, lo zio avrebbe scoperto che non aveva udito il verso dei gabbiani, ma le grida disperate dei migranti.
(Angelo Campanella, Come gabbiani sull’acqua. Lampedusa tra due mondi, ed. Estero 2014, p. 8)





Li mettevano nei sacchi. Sacchi di plastica, sacchi con la cerniera. Sacchi del colore del mare o, forse, del cielo. Luca pensò alla scritta “per alimenti” che aveva letto un milione di volte sui bicchieri di plastica o sui sacchetti trasparenti che usava per raccogliere asparagi, gli sembrò che anche su quei sacchi azzurri dovesse esserci scritto “per alimenti”. In quei sacchi, però, non c’erano alimenti. In quei sacchi del colore del mare c’erano i corpi dei migranti annegati.
(op. cit.  p. 28)




Non è solo il morire che è terribile, è il morire lontano dalla propria terra che va contro le leggi della natura.
(op. cit. p. 38)


        Secondo te tutti questi morti ci vanno in paradiso? – chiese d’un tratto Marco.
        Non saprei – rispose a voce bassissima Luca – ma forse no, perché loro non sono come noi, non sono cristiani.
        Però non hanno fatto niente – obiettò Marco.
        E noi Lampedusani che cosa abbiamo fatto?
Marco lo guardò come cercando una risposta, ma non disse niente, non c’era niente da dire.
(op. cit. p. 42)






Foto di Fabio Giovanetti

Link alla pagina facebook dedicata al libro, nella quale vengono postate spesso notizie o materiali sul tema dei migranti:


Link al sito personale di Angelo Campanella:


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