L'occasione della Festa del Monte fu un primo banco di prova, sollecitando il ripristino delle tradizionali cavalcate, inducendo il Comitato dei festeggiamenti ad affittare ben dieci cavalli regolarmente assicurati. Fu l'anno della prima Recita: la tradizionale rievocazione della venuta della statua della Madonna che "miracolosamente" volle restare a Racalmuto.
La recita ebbe luogo la domenica, in coincidenza della solenne processione con la statua della Madonna, ma per evitare l'accavallamento si pensò per l'anno successivo di anticiparla al venerdì e avrebbe aperto i festeggiamenti, anche perché la statua, secondo la Recita, doveva stare su un carro trasportato dai buoi secondo la tradizione tramandata:
Ittàru cordi n capu a quattru vùa
e mancu arriminari si putìa.
Ddri vò ficiru forza a lu carruozzu
populu e cristiani quantu sia.
Una tradizione attestata dal Bonaventura Caruselli e pubblicata in un libro nel 1856.
Si pensò in un primo momento di ricorrere all'antico mezzo di trasporto agricolo, li stràuli, due stanghe di legno che servivano a trasportare i covoni di grano sul luogo della trebbiatura donde il modo di dire strauliari li gregni.
Una volta questo mezzo di trasporto agricolo era comune nelle nostre campagne e soprattutto nelle masserie e nei feudi ma ora non se ne trovavano più in giro, soppiantate dai dai trattori. Un certo Michele ci disse che forse ne avremmo trovate a Montedoro dove una delegazione del comitato e della Pro Loco si recò, accolta molto cordialmente da un omone rustico e gentile che sembrava avesse autorità.
Ricordo quella missione, idealmente stampata in una foto seppiata.
Passeggiammo nella piazza sotto gli sguardi incuriositi e rispettosi dei montedoresi, ancor più incuriositi dalla presenza di una donna in quel drappello di forestieri, era la presidentessa della Pro Loco, la nostra entusiasta presidentessa: ci furono offerti caffè e gelati, alla fine l'omone rustico e gentile che sembrava avere autorità confermò che di strauli ce n'erano ancora nelle campagne montedoresi e fece il nome del possessore. Problema risolto.
Ci saremmo andati a prelevarle con un camioncino nei giorni successivi.
Ma tornati in paese qualcuno più esperiente degli altri fece notare che strascinare questa speciale portantina sull'asfalto e sui basoli delle strade cittadine sarebbe stato molto rischioso per l'integrità della statua, messa in continuo pericolo dai sussulti.
Si pensò allora di sostituire li strauli con il carroccio, lu carruozzu, un carro per il trasporto agricolo più grande dei comuni carretti e solitamente trainato dai buoi. La ricerca questa volta fu più facile poiché un carroccio si trovò nelle campagne racalmutesi, il possidente don Peppi ancora se ne serviva nei suoi vasti possedimenti.
Non ricordo se per quell'anno ci mise a disposizione anche i buoi per trainare il carroccio, ma sarebbe divenuta una tradizione farli pervenire da Cammarata in quanto gli animali erano lì impiegati per la festa locale e quindi più affidabili nel gestirli in mezzo al trambusto della processione.
E così fu.
Quell'anno, siamo nel 1980, in coincidenza, dell'introduzione nella Recita della Contessa e degli altri personaggi femminili, la statua della Madonna, adagiata sul carroccio, come su un letto di rose, ricevette l'omaggio dei racalmutesi con i versi, del 1903, del poeta Giuseppe Rizzo che poi sarebbero stati sostituiti dai versi più recenti di un altro racalmutese:
Oh, Madonna cchiù bianca di la nivi
n capu ssu carru vi viegnu a prigari...
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