sabato 13 giugno 2015

LA CICCARRUNA. Aneddoto riferito da Giuseppe Palumbo di Milena

Sul terrazzo di Totò Bufalino al  Serrone, una domenica d'agosto,  ci erudì sulla storia e l'archeologia di Milena e del suo territorio: da Sutera a Racalmuto, dalla preistoria ai nostri giorni.

Quando risalì di parecchi secoli nella linea del tempo,  nel bel mezzo della conferenza, Peppe Palumbo annunciò che avrebbe raccontato l'aneddoto della Ciccarruna, tutti i presenti immaginammo per un momento chissà a quale "femminone" si riferisse a causa di quell'accrescitivo dal suono rintronante, invece si trattava di una bambina, sposata appena tredicenne da un aitante giovanottone per evitare la leva introdotta subito dopo l'Unità d'Italia; con i borboni non si partiva per fare il soldato con i Savoia sì, per parecchi, lunghi anni per giunta, eccetto che uno non fosse sposato. Una sorta di moratoria per non incrementare, specialmente nel meridione, le fila dei renitenti.
Qui, se non si voleva partire per il militare si disertava o ci si sposava.

Giuseppe Palumbo

Pur di mettersi in regola e rientrare nella moratoria si era disposti ai passi più arditi: una valeva l'altra, purché respirasse...
Questi matrimoni di convenienza, combinati in fretta e furia, architettati per non fare il militare, non sempre davano ottimi risultanti coniugali, come nel caso della Ciccarruna che per la giovane età era attratta ancora dai giochi con le compagne a scapito dei lavori domestici e delle incombenze familiari: tra tutte le inadempienze della moglie, il non trovare la cena pronta dopo una giornata di lavoro nei campi al marito faceva saltare la mosca al naso... perché la mogliettina si attardava a giocare per strada con le compagne. 

I mugugni e i malumori erano continui e senza effetto cosicché un giorno, anzi, una sera, lui gliele cantò ben bene. 

Il rimbrotto in rima avrebbe assunto il valore di monito memorabile applicabile nelle situazioni in cui la vita costringe a fare buon viso a cattiva sorte:


Si nun era pi la leva furzusa
chi mi pigliava a tia lorda e fitusa?

Se non era per la leva forzosa
io  sposavo te sporca e puzzolente.
(mia traduzione a senso)

Solitamente le donne nell'Ottocento subivano in silenzio e non rispondevano per le rime,  ma questa volta a quanto pare sì, infatti la Ciccarruna, giovane sposa in quel di Milena che nell'Ottocento si chiamava Milocca, con l'incosciente insubordinazione della giovane età, così avrebbe risposto all'irato marito:



Mi maritasti e comu fu fu,
m'â dari a manciari e ti l'â vidiri tu.

Mi hai sposata comunque sia stato,
mi devi sostentare, sbrigatela tu.



Il botta e risposta, che ci fa indulgere al sorriso, non ha nulla di accademico  come potevano sembrare talvolta i canti d'amore e di sdegno, anzi fa passare in secondo piano ogni schermaglia amorosa per divenire drammatico documento di un costume tanto comune allora quanto oggi ci potrebbe apparire barbaro ed esotico: incredibilmente l'India ce l'avevamo in casa, una certa India dei cui costumi ancora oggi arrivano echi nelle nostre case attraverso i notiziari.  


Foto di Antonella Altese.

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