L'Itria chiama
la campana sona
la Mastranza
veni e si disponi:
la carrozza
va a lu campusantu
lu Priuri
prega e ntona un cantu.
Nun c'è muortu
e mancu tabutu:
li chiappari
di lu campanaru
senza dienti
si lu ruzzicaru.
©piero carbone
Era costume che la Confraternita delle Maestranze facente capo alla Chiesa dell'Itria,
attraverso alcuni soci, richiamati dal rintocco della campana e preceduti dal gonfalone,
dietro pagamento, partecipasse ai cortei funebri.
Nun c'è muortu
e mancu tabutu:
li chiappari
di lu campanaru
senza dienti
si lu ruzzicaru.
©piero carbone
Era costume che la Confraternita delle Maestranze facente capo alla Chiesa dell'Itria,
attraverso alcuni soci, richiamati dal rintocco della campana e preceduti dal gonfalone,
dietro pagamento, partecipasse ai cortei funebri.
L'azione dannosa dei capperi selvatici colpisce sia manufatti sacri sia manufatti profani,
come si evince dalla testimonianza dell'Assessore ai Lavori Pubblici di Todi.
"La pianta di cappero sembrerà una piantina innocua e forse, come Lei recita, sarà anche una pianta nobile nota ai Greci ed ai Romani.
Eppure, dietro quelle foglioline si nascondono delle insidie “distruttive”.
Senza voler fare il “professore” la informo che la Capparis Spinosa varietà Inermis, questo il nome scientifico della pianta di cappero selvatico, è capace di “divorare” mattoni e pietre delle antiche mura.
Solo per citarle alcuni casi ricordo il problema di una colonia di queste “nobili” piante che, avendo invaso parti delle mura medievali e rinascimentali della Fortezza Vecchia, della Fortezza Nuova e dei Fossi Reali della Città di Livorno stavano “sciogliendo” la malta che teneva insieme pietre e mattoni i quali si disgregavano e/o staccavano provocando anche dei crolli."
Eppure, dietro quelle foglioline si nascondono delle insidie “distruttive”.
Senza voler fare il “professore” la informo che la Capparis Spinosa varietà Inermis, questo il nome scientifico della pianta di cappero selvatico, è capace di “divorare” mattoni e pietre delle antiche mura.
Solo per citarle alcuni casi ricordo il problema di una colonia di queste “nobili” piante che, avendo invaso parti delle mura medievali e rinascimentali della Fortezza Vecchia, della Fortezza Nuova e dei Fossi Reali della Città di Livorno stavano “sciogliendo” la malta che teneva insieme pietre e mattoni i quali si disgregavano e/o staccavano provocando anche dei crolli."
Antonio Serafini – Ass. LL.PP Comune di Todi
ph ©piero carbone (domenica, 23 settembre 2018)
Della chiesa dell'Itria mi ero occupato in due precedenti post:
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https://archivioepensamenti.blogspot.com/2014/03/
langelo-e-la-croce.html
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https://archivioepensamenti.blogspot.com/2014/09/beppe-cino-ci-riprova.html
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