sabato 24 ottobre 2015

SE LE AVESSE VISTE BACHOFEN. L'Iguana e l'Altare di pietra al Bosco della Ficuzza per un Dialogo nel bosco

“Meditabondi pellegrini di Roma, nel secolo scorso, volentieri visitavano il Columbario della Villa Doria Pamfili sulla via  Aurelia per abbandonarsi alla contemplazione delle due figure, disegnate in modo trascurato e primitivo, di Niobe e di Prometeo.
Le due raffigurazioni esercitavano una profonda impressione non soltanto sul filosofico Bachofen che vi trovava materia ed ispirazione per il suo Simbolismo sepolcrale, ma  anche su archeologi come Brunn, Jahn e Stark”.
Karol Kerény, Miti e misteri, trad. it., Boringhieri, Torino.

Non solo su Johann Jacob Bachofen, Heinrich Brunn, Otto Jahn e Miriam T. Stark esercitano profonda impressione ma anche su Karol Kerény che ne riporta la notizia.

Anche su noi, ma di riflesso, e per tutt'altre ragioni e suggestioni, per quel che accade di ammirare in Sicilia.

Ma cosa accade in Sicilia?




Anche qui, complici sono due pietre "sacre" o se si vuole semplicemente suggestive.

Avviene un'improbabile contesa tra Virgilio e Marinetti, discesi nel bosco della Ficuzza per contendersi un loro presunto discepolo, apparentemente contraddittorio, un ossimoro vivente, il poeta pecoraio che viveva come un sanfrancesco nonché futurista Giacomo Giardina, incoronato nel 1931 quale poeta record meridionale con corona di alluminio dopo che lo stesso Marinetti nel 1928 a Palermo lo aveva pubblicamente elogiato.

Vi accenno nel Prologo al Dialogo nel bosco, che in questi giorni sto rimaneggiando per la messa in scena.

                            2000

Prologo


    Su un’eterna dialèssi: àpeiron o perenne divenire, ho immaginato Virgilio e Marinetti colti a dialogare dentro un bosco, assistiti dal Coro, muovendo  da un pretesto: due pietre strane, sulle quali l’arcadico poeta  e il modernissimo strapazzaparole stanno a fronteggiarsi, ognuno con il proprio vessillo a sventolare. 
 
   L’Iguana di pietra o Lacerta preistorica ha la bocca spalancata. Di fronte, l’Altare sacrificale, anch’esso di pietra ruvida.
    Attendono, l’Iguana e l’Altare: immersi nella vegetazione, hanno il profilo di due triangoli rettangoli, l’ipotenusa crestata di scalini li fa sembrare due animali accovacciati.
   Sopra, i due Personaggi: al vento affidano parole, non se le lasciano strappare. Basta una fronda che si muova e loro sanno di essere ascoltati.

   Le suddette pietre si trovano in cima ad un sentiero in Val dei Conti, al Bosco della Ficuzza, caro una volta a principi e sovrani in vena di estri venatori; popolati, in antico, da spiriti boschivi ninfe satiri numi pastorali; oggi, preso d’assalto da stormi di villeggianti che altri estri e altri fumi meno sacrali, vengono a consumare nei fine settimana o i lunedì di Pasqua. 

   Ma quali ancestrali riti hanno vissuto queste pietre toccate sicuramente dall’uomo in epoche lontane? Di quali desideri umani e divini si sono tinte, e di quale sangue?
 “Nient’altro è possibile pensare quassù” direbbe  Pavese. “Non rimane che l’erba sotto il cielo”.

   Vaganti personaggi fuori tempo. Qualche inudibile pensiero. 







1978








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