“Meditabondi pellegrini di Roma, nel secolo scorso,
volentieri visitavano il Columbario della Villa Doria Pamfili sulla via Aurelia per abbandonarsi alla contemplazione
delle due figure, disegnate in modo trascurato e primitivo, di Niobe e di
Prometeo.
Le due raffigurazioni esercitavano una profonda impressione
non soltanto sul filosofico Bachofen che vi trovava materia ed ispirazione per
il suo Simbolismo sepolcrale, ma anche su archeologi come Brunn, Jahn e
Stark”.
Karol Kerény, Miti e misteri, trad. it., Boringhieri, Torino.
Karol Kerény, Miti e misteri, trad. it., Boringhieri, Torino.
Non solo su Johann Jacob Bachofen, Heinrich Brunn, Otto Jahn e Miriam T. Stark esercitano profonda impressione ma anche su Karol Kerény che ne riporta la notizia.
Anche su noi, ma di riflesso, e per tutt'altre ragioni e suggestioni, per quel che accade di ammirare in Sicilia.
Ma cosa accade in Sicilia?
Anche qui, complici sono due pietre "sacre" o se si vuole semplicemente suggestive.
Avviene un'improbabile contesa tra Virgilio e Marinetti, discesi nel bosco della Ficuzza per contendersi un loro presunto discepolo, apparentemente contraddittorio, un ossimoro vivente, il poeta pecoraio che viveva come un sanfrancesco nonché futurista Giacomo Giardina, incoronato nel 1931 quale poeta record meridionale con corona di alluminio dopo che lo stesso Marinetti nel 1928 a Palermo lo aveva pubblicamente elogiato.
Vi accenno nel Prologo al Dialogo nel bosco, che in questi giorni sto rimaneggiando per la messa in scena.
Prologo
Su un’eterna dialèssi: àpeiron o perenne divenire, ho immaginato
Virgilio e Marinetti colti a dialogare dentro un bosco, assistiti dal Coro,
muovendo da un pretesto: due pietre
strane, sulle quali l’arcadico poeta e
il modernissimo strapazzaparole stanno a fronteggiarsi, ognuno con il proprio
vessillo a sventolare.
L’Iguana di pietra o Lacerta preistorica ha la bocca spalancata. Di
fronte, l’Altare sacrificale, anch’esso di pietra ruvida.
Attendono, l’Iguana e l’Altare: immersi nella vegetazione, hanno il
profilo di due triangoli rettangoli, l’ipotenusa crestata di scalini li fa
sembrare due animali accovacciati.
Sopra, i due Personaggi: al vento affidano parole, non se le lasciano
strappare. Basta una fronda che si muova e loro sanno di essere ascoltati.
Le suddette pietre si trovano in cima ad un sentiero in Val dei Conti,
al Bosco della Ficuzza, caro una volta a principi e sovrani in vena di estri
venatori; popolati, in antico, da spiriti boschivi ninfe satiri numi pastorali;
oggi, preso d’assalto da stormi di villeggianti che altri estri e altri fumi
meno sacrali, vengono a consumare nei fine settimana o i lunedì di Pasqua.
Ma quali ancestrali riti hanno vissuto queste pietre toccate sicuramente
dall’uomo in epoche lontane? Di quali desideri umani e divini si sono tinte, e
di quale sangue?
“Nient’altro è possibile pensare quassù” direbbe Pavese. “Non rimane che l’erba sotto il
cielo”.
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