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lunedì 18 maggio 2020

IL TENORE LUIGI INFANTINO E LA TOSCANA. Su "Lumie di Sicilia" l'intervista di Maurizio Piscopo, e una proposta


Grazie a Mario Gallo: con la rivista fiorentina "Lumie di Sicilia" da lui diretta mantiene viva la fiaccola della sicilianità per rafforzare con un ideale ponte i legami culturali tra la Sicilia lontana e la Toscana in cui vivono, radicatissimi e bene inseriti, tanti emigrati siciliani. Mi limito per il passato a indicare due illustri esempi: il critico letterario e Rettore della Normale di Pisa, Luigi Russo (originario di Delia), e il docente di Diritto Romano  e Sindaco di Firenze, Giorgio La Pira (originario di Pozzallo). 


A conferma dei fecondi rapporti siculo-toscani, un ponte "lirico", questa volta, viene rievocato tramite il ricordo del tenore racalmutese Luigi Infantino che ha sposato la grande attrice pratese Sarah Ferrati dalla quale ha avuto una figlia, Monica. 
L'intervista è di Giuseppe Maurizio Piscopo.






allegato il n. 139 che può essere aperto anche con:

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mario gallo,responsabile di "Lumie di Sicilia" -

SU:<http://www.trapaninostra.it/edicola.php>
la raccolta di lumie di sicilia con 139 numeri e 12 supplementi + i vespi siciliani (I e II parte)
Per aprire: nello spazio "Inserisci la tua ricerca" scrivere la parola **lumie*  *o* *sicilia** + Invia Modulo
                     
blog:http://damariogallo.blogspot.it/ 




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SULLA PROPOSTA DI UN CENTENARIO "UNICO" PER LO SCRITTORE E I DUE TENORI DI RACALMUTO. Videoconferenza su YouTube

Link del video

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IL TESTO DELL'INTERVISTA

Luigi Infantino il  Tenore dimenticato
Intervista a Piero Carbone di Giuseppe Maurizio Piscopo
Tutti nella nostra vita abbiamo ascoltato almeno una volta Enrico Caruso, Mario Del Monaco, Giuseppe Di Stefano, Luciano Pavarotti, Beniamino Gigli, Tito Schipa, Carlo Begonzi, Giovanni Martinelli, Andrea Bocelli. Un posto d’onore lo merita senz’altro il tenore Luigi Infantino nato a Racalmuto il 24 aprile del 1921. Luigi Infantino è stato un personaggio internazionale che ha calcato i più grandi teatri del mondo proponendo un repertorio veramente affascinante proponendo opere di Rossini, Donizetti, di Francesco Cilea . Opere famose come La Traviata Il barbiere di Siviglia, Il Rigoletto, La Cenerentola, Madame Butterfly, L’elisir d’amore, La Bohème… Ascoltare la sua voce significa andare lontano nel tempo, viaggiare per il mondo e provare il brivido dell’Opera nei Teatri che sono il tempio della cultura.
Sue partecipazioni nei film: Tre fratelli (1981), Cristo si è fermato a Eboli (1979), Lucky Luciano (1973).
Piero Carbone scrittore e memoria storica della città della ragione da alcuni anni si prodiga con pochi altri per ristabilire adeguatamente la memoria di Luigi Infantino, dimenticato anche se tenore di fama internazionale ingiustamente. A lui abbiamo rivolto alcune domande in prossimità del centenario dalla nascita.

Come mai il grande tenore Luigi Infantino è stato dimenticato?
In realtà è ricordato a chiazze, qui e là in Sicilia, in Italia, nel mondo, e per  ricordi singoli che non sono riusciti finora ad emergere in un unico racconto condiviso secondo i crismi della notorietà che ha avuto e che merita.

Ad esempio?
Tra i tanti ricordi o elogi annoveriamo quelli di Luciano Pavarotti che lo apprezzava “come tenore di grazia”, di Andrea Bocelli che è stato suo allievo, di Enrico Stinchelli, autorevole conduttore del noto programma “La Barcaccia” su Rai 3, che predilige l’Infantino napoletano definendolo “grandissimo artista”, del tenore Andrea Giordani e di tanti altri. Gli emigrati ad Hamilton a tutt’oggi  ricordano di averlo ascoltato con meraviglia nel teatro comunale prima di partire per l’America. Grande rilievo gli hanno dato gli studiosi Sguerzi e Ignazio Navarra nei loro studi  sui cantanti e la lirica in Sicilia e in Italia.

In che modo sarà ricordato il prossimo anno che ricorre il centenario dalla nascita?
Al momento non c’è  nulla di concreto.Nel dicembre del 2016 un gruppo di estimatori avevamo pensato di costituire una sorta di gruppo promotore ma ci vorrebbe una interlocuzione istituzionale, ma non è facile. Chissà se il desiderio fruttificherà! Con Domenico Mannella, Salvatore Salvaggio, Lillo Bellomo, Enrico Di Puma,  Calogero Messina suo coetaneo, abbiamo espresso questa intenzione alla disponibilissima Raina Nicolova Infantino quando venne a trovarci a Racalmuto in via del tutto privata. Il Premio Infantino del 1998 è stato soltanto una meteora.  Quegli stessi che l’avevano portato avanti  di colpo si sono dimenticati di Infantino e di Raina che vi aveva contribuito con le sue conoscenze e le sue amicizie in campo musicale.In paese si è sollevata un’altra volta la polvere dell’oblio, che ancora persiste.

Perché a Racalmuto non celebra Luigi Infantino che è stato un grande tenore nel mondo oltre allo scrittore Leonardo Sciascia?
Celebrare Sciascia è facile perché è una gioiosa macchina pubblicitaria che assicura un ritorno di immagine a chi celebra. Anche a costo di inflazionare ed essere ripetitivi. Addirittura una costosa istituzione si è ridotta a questo compito ma, come diceva il mio amico critico Giorgio Segato, celebrare dinamicamente non significa utilizzare qualcosa per qualcuno ma qualcuno per qualcosa, una causa, un’idea, un progetto.

E Infantino?
Celebrare Infantino, invece, allo stato attuale, rendere omaggio al suo valore artistico,  significherebbe dare più che ricevere, prodigarsi con mezzi anche propri e affrontare difficoltà rischiando dinieghi e delusioni, forse perché celebrarlo significherebbe  portare avanti iniziative per ricordarlo, studiarlo, riproporlo, sollecitare e coinvolgere istituzioni, invitare personaggi, stuzzicare i mezzi di informazione. Troppo dispendioso, troppo incerto in termini di impegno personale.A tanti potrebbe non convenire, e allora meglio celebrare Sciascia. Comunque,  Infantino, come l’omologo Salvatore Puma del resto, non appartiene soltanto a Racalmuto. Celebrarlo deve significare portare avanti un progetto e non una passerella o una cerimonia.

Qual è stato il legame tra Infantino e Racalmuto?
Infantino anche nei momenti più fulgidi del successo e della gloria non ha mai dimenticato il paese che gli ha dato i natali, umili natali, e l’opportunità di coltivare la sua vocazione musicale nella banda cittadina. Da Roma, vi ritornava non solo  lo stato d’animo nostalgico. Ha cantato nel locale teatro dove  da ragazzo aveva assistito a tanti spettacoli.  Da adulto e famoso avrebbe voluto rilevarlo per istituirvi una scuola di canto per giovani cantanti. L'amico Salvatore Russo, costumista e scenografo nonché direttore del Teatro dell'Opera di Roma avrebbe trasferito a Racalmuto la sartoria; Plamen Kartalov, sovrintendente del Teatro dell'Opera di Sofia, avrebbe voluto rappresentarvi La Cavalleria Rusticana.
Questo nei primissimi Anni Ottanta del secolo scorso.

Com’è finita?
Non se ne fece nulla. Eppure il teatro, inaugurato nel 1880 con la rappresentazione del Rigoletto,  nel solco della vocazione originaria, in sinergia con l’altro grande tenore racalmutese, Salvatore Puma, avrebbe potuto guadagnarsi un posto significativo nel mondo della musica diventando una piccola Spoleto. Magari sarebbe stato un tempio della musica come lo è diventato per la pittura un vecchio castello di Figueres in Catalogna grazie a Salvador Dalì. Avrebbe rappresentato in ogni caso elemento catalizzatore per tanti che in paese e non solo hanno coltivato e coltivano la musica e il canto.
Invece, le vicissitudini incontro alle quali il teatro è andato successivamente fino ai nostri giorni sembra che assomiglino ad una sorta di maledizione. È ben poca cosa la pur prestigiosa raccolta di costumi di scena donata dal tenore Puma rispetto alle potenzialità che il Teatro di Racalmuto avrebbe potuto esprimere. La stessa raccolta ha rischiato inspiegabilmente di assottigliarsi se non era per il vigile interessamento di qualche cittadino.

Sicilia amara e duci è una raccolta di canzoni siciliane. Come è stato accolto dai siciliani questo preziosissimo lavoro discografico?
Come tutto il resto, e a prescindere dal valore, perché il successo porta successo e l’oblio porta oblio. Ma nonostante tutto siamo fiduciosi:studiosi e  critici musicali porterebbero con piacere la loro testimonianza e cantanti siciliani, proprio a partire dallo spirito di questa raccolta, dal significativo titolo Sicilia amara e duci, per il centenario verrebbero a Racalmuto a rendere onore a Infantino , nel “suo “Teatro, anche riproponendo le sue canzoni. Cito emblematicamente Giuseppe Veneziano, tenore alla Scala di Milano, “affascinato” da Infantino, farebbe risuonare nel teatro racalmutese  con tutta la sua possente voce il suo omaggio da cantante a cantante. Sarebbe un evento. Significherebbe l’annuncio di un nuovo cammino. Beh, anche solo con l’annuncio anzi a partire da questo  credo che le celebrazioni per il centenario del grande tenore racalmutese Luigi Infantino siano iniziate.

Luigi Infantino e il cinema?
Ha avuto un intenso rapporto con il regista Francesco Rosi partecipando come cantante e attore nei film “Cristo si è fermato ad Eboli”, “Tre fratelli” e “Luky Luciano”. In occasione del centenario dalla nascita sarebbe un bell’omaggio potere proiettare i tre film a Racalmuto ma anche nell’altra Racalmuto che  è Hamilton, in Canada, dove c’è una forte presenza di emigrati racalmutesi e si potrebbe ampliare l’omaggio con la proiezione  ad Opole Lubelskie in Polonia, a Finale Ligure e a Castronovo di Sicilia con cui il paese di Infantino è gemellato. La bellezza rafforza i ponti della conoscenza e della solidarietà.

Cosa vorresti aggiungere per i lettori di Lumie di Sicilia?
Vorrei ribadire il legame di Luigi Infantino con la Toscana avendo sposato la grande attrice, nata a Prato, Sarah Ferrati, dalla quale ebbe una figlia, Monica, attivissima operatrice culturale e curatrice con il Centro Arte “Vito Frazzi” di Scandicci del Premio nazionale di recitazione “Sarah Ferrati”. Sarebbe anzi auspicabile che questo legame con la Toscana venisse testimoniato con la sua partecipazione in Sicilia alle celebrazioni del grande papà per il centenario.








giovedì 19 marzo 2020

PER UN COLPO DI FUCILE. Edicola o "figureddra" a Delia con voto di lumino perpetuo


L'edicola o "figureddra" o "cappelluccia" dedicata alla Madonna delle Grazie, che si trova in Corso Umberto a Delia,  è stata voluta dal padre del grande critico letterario Luigi Russo per grazia ricevuta, più precisamente, per colpo di fucile schivato.

Ce lo ricorda il grande studioso Cataldo Naro riportando un colorito testo dello stesso Luigi Russo che era originario di Delia.

Chissà se ancora oggi, in tempi di di dilagante e terribile coronavirus, viene perpetuato il voto di accendere ogni sera il lumino alla Madonna delle Grazie?

Ringrazio Paolo Busub per l'immagine dell'edicola fattami pervenire.

Edicola  o "figureddra"
della Madonna delle Grazie





in



giovedì 14 novembre 2019

NON PER CONTRADDIRE SCIASCIA MA... A proposito di Russo e Manzoni



Novembrata. Di novembre sono nato, scorpione sono!  Novembre è il mese in cui Sciascia è morto, il 20 novembre del 1989; quest'anno cade e se ne celebra  il trentesimo anniversario.  Dal 22 al 26 novembre del 1986, si celebrava, nelle intenzioni, il bicentenario della nascita di Alessandro Manzoni nato nel 1785,  con il Convegno di Studi  itinerante "Manzoni e la Cultura Siciliana" tenutosi  in diverse città siciliane: Palermo, Agrigento, Siracusa, Catania, Messina. 
Vi ho partecipato anch'io con l'intervento riguardante "Russo e Manzoni" e principiava con una citazione di Sciascia: "Lo credo bene etc. etc.".

Nel riproporre, di coincidenza in coincidenza, di anniversario in anniversario, di novembre in novembre, quell'intervento, poi inserito negli Atti del Convegno pubblicati nel 1991,  ringrazio con un caro ricordo l'amabile e generoso professore Pietro Mazzamuto che, laureatomi appena qualche mese prima, e con mia sorpresa, ha voluto partecipassi al Convegno manzoniano intendendo valorizzare la mia tesi di laurea su Luigi Russo portata avanti sotto la guida illuminata della professoressa Michela Sacco Messineo, una delle mie guide culturali. 



















Partecipanti al Convegno






La tesi di laurea



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domenica 19 febbraio 2017

COLLEGAMENTO A "SGARBI PROPONE: LUIGI RUSSO E STEFANO VILARDO NELLA - STRADA DEGLI SCRITTORI -". Considerazioni critiche in un'antica Tesi di Laurea

 archivio e pensamenti SGARBI PROPONE: LUIGI RUSSO E STEFANO VILARDO NELLA - STRADA DEGLI SCRITTORI





Introduzione della mia tesi di laurea a.a. 1984/1985


Parafrasando un giudizio del Guellemin su Voltaire, si potrebbe provocatoriamente dire del Russo: “La pensée esthétique de Luigi Russo, ça n’existe pas” (1), gli si potrebbe riconoscere, tutt’al più, la formulazione e l’esercizio sicuro di una metodologia critica (non del tutto originalmente elaborata) (2).

            L’accostamento a Voltaire non avviene per banale analogia col filosofo francese essendo stato, il Russo, un “Voltaire siciliano” (3), l’analogia, semmai, vuole richiamare la funzione svolta da Russo in Italia nei confronti dello storicismo, analoga a quella svolta da Voltaire, in campo europeo, con le nuove idee filosofiche maturate in Inghilterra.

            Impegnato sul doppio fronte letterario e civile, il critico di Delia, vero polemista di eccezione, suscitò attorno a sé entusiastici ammiratori (4) e avversari irriducibili (5), fu la sua amicizia sincera e il suo giudizio implacabile, anche con gli amici (6).

Non ebbe mai la pretesa di essere un innovatore a tutti i costi, volle realizzare, piuttosto, l’ideale dell’uomo letterato che sa armonizzare le esigenze di un rigore ascetico, tipico dello studioso, con l’impegno etico-politico, secondo il più schietto insegnamento gentiliano e desanctisiano (7), dando esempio in sé del tramonto del letterato “sequestrato” dalla vita (8).

         Accettò il ruolo del critico e commentatore di testi non come un ruolo subordinato e secondario, ma con piena coscienza della dignità “autonoma” della critica (9).

       L’arrovello degli idoli polemici, da una parte, e l’appassionamento per i “suoi”  autori e per le sue idee, dall’altra, gli facilitarono l’individuazione di un mondo d’interessi ben caratterizzato e la creazione di uno stile originale (10).

    Nonostante il tono vivace della polemica, la “reattività morale” (11) lo preservò sempre dalla retorica e diede forza di convinzione alle sue metafore.

     Animatore del dibattito letterario e politico, è stato uno dei punti di riferimento della vita culturale italiana per oltre un cinquantennio; si sentì investito di una missione di rigenerazione morale e si fece assertore dei valori della ragione e della storia in un momento in cui si era volontaristi in politica, frammentisti nella critica, estetizzanti in arte; in un secondo momento, si fece teorico e sostenitore di un cristianesimo laico quando gli parve che gli animi e le menti, invece di esercitarsi liberamente, si piegassero, sotto l’autorità ecclesiastica, al moralismo gesuitico, perché sempre paventò il ritorno di un nuovo oscurantismo controriformistico (12).

            Non privo di contraddizioni e di incertezze nella definizione delle proprie scelte filosofiche e politiche (13), rappresenta una figura di intellettuale da studiare e da capire ulteriormente se si vuole approfondire la conoscenza del panorama culturale della prima metà del Novecento (14).

            Lo scopo del presente lavoro, pertanto, mira a meglio delineare lo specifico del pensiero russiano nel dialogo con i maestri e gli avversari, e a determinare in che misura si tradusse in metodologia critica (15).



            Nella disponibilità a ridefinire le proprie idee va individuata una traccia del sistema critico-filosofico russiano: “E se qualcuno ci domandasse: ma quale il vostro punto di vista nuovo? quale la vostra critica? noi risponderemmo che il nuovo per il nuovo non è stata mai una ricerca scientifica o artistica valida e fruttuosa, e che, nel campo della critica, il nuovo è nel continuo porre nuovi problemi su nuove esperienze, e concretamente risolverli” (16).

            Ma sarebbe riduttivo vedere nel Russo l’occasionale riecheggiatore di temi e motivi trafugati or da questo or da quel pensatore, piuttosto, vorremmo dire il sistema di idee russiano un sistema aperto o composito proteso, senza averne la boria, a risolvere elementi filosofico-estetici desanctisiani, vichiani, crociani e gentiliani. 

Da qui l’importanza che riveste la sua opera (17). 

Non è possibile, infatti, avere scienza ed esercitare scienza, qual è la critica, con un apparato frammentario di idee non bene organato e senza un nucleo teorico che spieghi coerentemente quelle idee e se stesso.

            Certo, sarebbe più corretto parlare di metodo e non di sistema a proposito del Russo e della critica, ma, d’altra parte, sarebbe riduttivo affrontare uno studio su di lui sottolineando preventivamente le sue scarse attitudini speculative (18). L’indicazione, invece, del “sistema virtuale” nel Nostro, più che una suggestione, vorrebbe essere un concreto orientamento di ricerca.

            Quanto egli sia stato uno spirito sistematico si cercherà di precisare, sicuramente non è stato un frammentista alla De Robertis. L’itinerario mentale e umano dell’“irrequieto” Russo risulta, alla fine, una lunga fedeltà a se stesso pur nel difficile compito di revisione delle sue scelte culturali e politiche.

            Le valutazioni dell’opera complessiva e della personalità russiane sono state finora oggetto di disparati e opposti giudizi, oscillano da un Russo psittacus crocianus (così veniva definito in periodo fascista e da fascisti) a un Russo “reincarnazione gentiliana” (accusa rivoltagli dai crociani ortodossi), a un Russo “scrittore brillante e originale” ma poco originale come critico, a un Russo “maestro di vita e di metodologia critico-letteraria”, a un Russo “fossile della critica” (quest’ultimo, il più sommario e sbrigativo tra i giudizi finora registrati).

            Sul piano più prettamente politico è stato definito un “liberale di sinistra”, un “compagno di strada”, uno “storicista militante”, un “animatore della cultura d’opposizione”, il “campione della borghesia più intelligente e progressiva”, etc..

            Ripercorrere il cammino storico-formativo del Russo, ed analizzarne i risultati più maturi e le concrete scelte politiche, porterà naturalmente ad acconsentire con l’una o l’altra delle valutazioni che finora sono state approntate dai vari studiosi sull’opera e sulla personalità del critico siciliano.




            Piuttosto che tentare di dare una nuova formula definitoria, si preferisce studiare le ragioni che hanno portato alle definizioni già esistenti. 

Il giudizio finale, con cui al termine dell’indagine si converrà, non sarà più, forse, e come dice il Croce, “l’antico e il comune”.

venerdì 22 luglio 2016

ABBIAMO INCONTRATO STEFANO VILARDO. Farsi "strada" tra i libri

Stefano nella sua libreria




Stefano non bazzica nel mondo internettiano
ma ha gradito la versione cartacea del Post dove anche lui è citato

http://archivioepensamenti.blogspot.it/2016/07/sgarbi-propone-luigi-russo-e-stefano.html


Il video
schermata facebook giovedì 21 luglio 2016
Il video in diretta dell'incontro condiviso su facebook
https://www.facebook.com/profile.php?id=100011596489725


Nicolò D'Alessandro e Stefano Vilardo

E al termine dell'incontro, un affettuoso commiato

Proposta sgarbiana


Officina di libri e di ricordi




La citazione nel libro di Massimo Onofri




Giudizio di Onofri e di Sciascia



Periplo siciliano passando per Delia



Tesi di laurea




Locandina della presentazione di Uno stupido scherzo



L'infanzia
Il piccolo Stefano a tre anni con il padrino Giovanni Lentini
a Caltanissetta
Il ritratto




Una poesia da Tutti dicono Germania Germania

(Garzanti, Milano 1975; Sellerio, Palermo 2007)


Sono partito per la Germania nel sessantuno

ché non avevo lavoro

Quando facevo una giornata

per due giorni poi restavo a spasso

Facevo il manovale

guadagnavo millecinquecento lire al giorno 

in Germania invece

tre marchi tre marchi e mezzo l'ora

Siccome avevo contratto di lavoro

alla stazione trovai uno ad aspettarmi 

che mi portò in baracca dai compagni

I primi giorni pensavo sempre alla famiglia 

ma mi volli rassegnare

e quando accumulavo un po' di soldi 

li mandavo a casa

Poi diventai aiutante carpentiere

e mi aumentarono la paga

Guadagnavo quattrocentocinquanta cinquecento lire l'ora 

per dieci ore cinquemila lire

ma dovevo pagarci le tasse l'assicurazione la chiesa 

Non mi sono adattato subito

ché non capivo la lingua

se il pulia mi mandava a prendere un attrezzo di lavoro

io dimenticavo la parola

e ritornavo indietro con la coda tra le gambe 

come un cane bastonato

e così mi sfottevano tutti e mi rimproveravano 

Magari adesso che mi trovo lì da quattro anni

qualche parola la mastico un poco

I tedeschi sono mischiati buoni e cattivi

ma quando una persona impara a parlare

e comincia a rispondere bene 

allora si fa amare per quello che dice

A me mi volevano bene dove stavo

A volte qualche disgraziato ci insulta

sciais italien

perché non restate nelle vostre case

ebbene dobbiamo fare pazienza 

che non c'è lavoro in Italia 

dobbiamo ingoiare queste offese 

Io avrei voluto rispondergli 

però sempre straniero sono

e bisogna fare pazienza 

sempre pazienza

che se ho torto o ragione ci perdo sempre io 

Avrei avuto la capacità di rompergli la faccia 

ma lasciavo perdere per non rovinarmi

Altri invece non ci pensano più di una volta

e arrivano al coltello

Riproposta on line sul blog  "Bollettario"
 GALLERIA INTERNAZIONALE DELLA RIVISTA FONDATA DA EDOARDO SANGUINETI - NADIA CAVALERA

giovedì 21 luglio 2016

SGARBI PROPONE: LUIGI RUSSO E STEFANO VILARDO NELLA "STRADA DEGLI SCRITTORI"


"Il Russo è stato in primo luogo uno scrittore." 
Sergio Antonielli, 1961

Racalmuto, Piazza Umberto I detta "Cannuni", 
sabato 18 luglio 2016.


Nell'ultimo incontro del ciclo di presentazioni della "Strada degli Scrittori", Vittorio Sgarbi, nel suo discorso a raggiera in varia misura condivisibile, dipartitosi dal tema Feste religiose tra preghiere e "inchini", ha lasciato cadere una proposta: inserire nella "Strada degli Scrittori" i deliani Stefano Vilardo, vivente e amico fin dalla giovinezza di Leonardo Sciascia, e Luigi Russo, conosciuto soprattutto come critico ma per Sgarbi da rivalutare come letterato e scrittore. 

Inaspettata quanto gradita proposta. 

Per una ragione anche personale risalente al periodo universitario: fin dai tempi della tesi di laurea, stilata sotto la guida della professoressa Michela Sacco Messineo, avevo sviluppato e approfondito un giudizio di Sergio Antonielli coincidente con la recentissima valutazione del critico d'arte.




Il Progetto della "Strada degli Scrittori", ideato dal giornalista Felice Cavallaro, prevedeva inizialmente di legare la Statale 640 Agrigento - Caltanissetta ad Andrea Camilleri di Porto Empedocle, Luigi Pirandello di Agrigento, Leonardo Sciascia di Racalmuto: tre scrittori in appena trenta chilometri. E che scrittori! 

Nel tracciato stradale, letterario, pur con qualche deviazione, non poteva mancare Giuseppe Tomasi di Lampedusa di Palma di Montechiaro.

In seguito sarebbero stati aggiunti Antonio Russello di Favara e Pier Maria Rosso Di San Secondo di Caltanissetta. 



Lo scopo era quello di valorizzare i luoghi degli scrittori incrementando il turismo culturale, potenziando strutture ricettive, di servizio e di accoglienza, attraverso la strada in procinto di diventare autostrada: in tal senso l'impresa costruttrice si proponeva anche come sponsor. 

Ora c'è da notare che per la rinomanza degli autori inizialmente coinvolti, erano gli scrittori a promuovere la strada più che la strada gli scrittori, ma cammin facendo il progetto iniziale si è arricchito di nuovi suggerimenti da parte di appassionati e studiosi, sostanziandosi, il Progetto, di nuovi apporti, di nomi altrettanto validi ma meno noti, arricchendo così la funzione autopromozionale e promozionale della nuova strada rimodellata e convertita in vera e propria autostrada. 

Sempre sperando che, tra espropri e chiusure di attività produttive già esistenti per far luogo al nuovo assetto viario, come purtroppo è avvenuto in territorio racalmutese in contrada Vecchia Nina a due passi dalla Noce, la pars destruens non depotenzi, alla fine, la parte construens, compromettendo preesistenti strutture ricettive e di servizio.


Inconvenienti tecnicamente prevedibili e imprevedibili a parte, nello scopo promozionale della Strada degli Scrittori rientrerebbero a pieno titolo gli scrittori proposti da Vittorio Sgarbi ossia Stefano Vilardo e Luigi Russo. 

Dopo la chiusura di "Belfagor", la storica rivista russiana, portata avanti per un quarantennio dal figlio Carlo Fedinando, l'inserimento nella strada degli scrittori sarebbe una ideale rimessa in carreggiata del nome e della memoria di Luigi Russo come critico letterario, polemista civico, scrittore.




Di seguito ripropongo alcuni passi della tesi di laurea dove sidelinea lo "stile" russiano.






Attualmente la tesi è in fase di digitalizzazione, a cura del laboratorio "Lector in fabula" coordinato da Giuseppe Giarratana. 
Secondo un'intesa informale, risalente allo scorso inverno, ne sarà fatto dono alla Biblioteca Comunale di Delia "Luigi Russo" per consultazione.



note






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ph ©piero carbone