In una lettera aperta al Signor Sindaco di Racalmuto, Lillo Bongiorno, in qualità di Esponente della lista Emilio Messana, a proposito della Fondazione Sciascia, riecheggiando Tortora, si chiede e chiede “dove eravamo rimasti?”.
Lo scopo sicuramente lodevole è quello di tirare fuori dalle secche la Fondazione Sciascia che, al culmine di una lunga agonia con qualche lampo di eccellenza, rischia addirittura la chiusura. Se la situazione odierna è maturata, peggiorando, nel tempo, viene da chiedere dove sia stato lui, che di “peso” in paese ne ha sempre avuto, dove sia stato negli ultimi vent’anni!
Dov’è stato quando pochi concittadini scrivevano lettere aperte, sollecitavano articoli, proponevano interviste, si ponevano le domande che oggi lui, con un semplice ritardo temporale, si pone. Avrebbe dovuto cogliere i gridi di allarme e non lo ha fatto. E come lui tanti.
E dov’erano le personalità che oggi invoca per risollevare le sorti della Fondazione, i vari Savatteri, Macaluso, Cavallaro: costoro cos’hanno fatto in passato da meritare oggi l’investitura per risollevare le sorti della Fondazione? Hanno permesso semmai, indirettamente con la loro “non attenzione critica” e mancanza di prese di posizione, a fare dell’istituzione culturale un’enclave esclusiva ed escludente, sequestrata dal paese con la p minuscola e con la p maiuscola, se poi si vuol credere che basta ricoprire ruoli più o meno alti nel campo giornalistico per le giuste “entrature” nelle stanze del potere per risolvere i problemi, si accomodino
(neanche quelli del passato difettavano in questo, anzi!); ma sarebbe un premio a chi non ha fatto da racalmutese e “semplice” uomo di cultura quello che sicuramente avrebbe potuto e dovuto fare: vigilare, spronare, cogliere i segnali di “giusta critica” e di riflessione senza badare alla provenienza dei contributi critici, con libertà, con preveggenza, con disinteresse e a costo di venire esclusi da amicizie, convegni e passerelle.
Addirittura, si è permesso in passato che nemmeno si pubblicasse una lettera aperta con gli interrogativi pubblici sulla gestione della Fondazione. Perché mai? Anzi, si è sempre criticato il dito ignorando la luna.
Bongiorno sa benissimo chi in paese ha avuto una mentalità aperta e collaborativa e chi invece ha avuto da criticare gli altri e segnatamente ogni alito culturale dell'amministrazione sol perché non in prima linea, ma sicuramente attingerà ad altri fatti e conseguenziali valutazioni per credere oggi in quello che magari non condivideva in passato.
Ieri e oggi si intrecciano.
Un recente appello è stato fatto per una discussione pubblica sullo stato e il futuro della Fondazione, ma è caduto nel nulla.
Altra invece doveva essere la musica!
Per Sciascia si doveva.
Da uomini di cultura liberi si poteva.
Da racalmutesi che amano il proprio paese e tutto ciò che possa potenziarlo e dargli lustro si auspicava.
Si doveva pretendere che i veri amanti della Fondazione, e di Sciascia, e del paese, tenessero la barra dritta sull’Istituzione voluta da Sciascia invece di saltellare dalla Fondazione, in fase calante, al Parco letterario Regalpetra, dal Parco svanito alla Strada degli scrittori, dalla Strada non fattibile (secondo una recente intervista dell’onorevole Firetto, almeno nei termini e nei modi in cui in precedenza con clamore nazionale era stata abbanniata financo sul potente e autorevole "Corriere della Sera") all’acquisto delle case di Sciascia(il cui caso scoppia solamente perché messe in vendita invece di rientrare a tutto titolo nel Parco letterario)...
Insomma, quelle che avrebbero potuto dimostrarsi tappe di un percorso virtuoso, produttivo, stabile e duraturo, si sono dimostrate soste di un cammino un po’ superficiale. Strutture ricettive tra cui B&B tematici, ristoranti, alberghi e altro non ne hanno tratto i benefici che avrebbero potuto, con ricaduta positiva per l'economia del paese. Ma non si tratta certo solo di economia. Facile il pensiero suggerito: “Chi inizia tanti percorsi non farà un cammino”, diceva Gandhi.
Non si vuole accusare nessuno, semmai capire per ricominciare senza ripetere gli errori del passato, in quest’ottica e solo in quest’ottica, una ricognizione storica dei comportamenti tenuti da tanti intellettuali, concittadini e politici orbitanti nella galassia della Fondazione Sciascia potrebbe essere di una qualche utilità; alcuni materiali si sono proposti ex novo mentre altri son venuto raccogliendo in questo blog: basta cliccare il tag “Fondazione Sciascia”.
In generale, se si osservano le scelte, i comportamenti, le parole dette o non dette, gli interventi scritti o non scritti, emergerà per ognuno un filo rosso che rimanda ad una diversa visione culturale nella gestione dei fatti culturali a Racalmuto e della fondazione e di Sciascia in particolare. Ciascuno è libero di pensarla come vuole e di sostenere chi vuole, l'importante è definire le varie posizioni, dichiarare le proprie opzioni e assumersene la responsabilità.
Indipendentemente da ciò che si sostiene una cosa ci insegna la nostra storia recente: non si può certo ricominciare con l'investitura sui giornali di nomi anche validi, saltando tanti passaggi, dibattiti, gli stessi nominativi proposti da Sciascia e non ultimo il (silente e forse deluso) direttore letterario Antonio Di Grado, escluso negli ultimi importanti eventi culturali con riflessi "politici" tenutisi proprio alla Fondazione al tempo dei commissari; l'esperienza delle elezioni amministrative che ci siamo lasciati alle spalle insegna che questo metodo non porta a grandi risultati.
Infine, una riflessione come post scriptum.
Sciascia, l'illuminista, l'irriverente, il critico, il libero pensatore Sciascia aveva proposto di intestare la Fondazione non solo a lui ma anche al monaco eretico fra Diego La Matina assurto, in Morte dell'inquisitore, a simbolo del libero pensiero, non vorremmo che, invece, visti gli ostracismi mediatici e gli editti bulgari messi in atto, con l'indistinta firma di uno pseudonimo, da un certo giornale a cui i suddetti nominativi collaborano, di cui sono fondatori o colonne portanti, e da cui non hanno preso minimamente le distanze, si facesse assurgere la Fondazione Sciascia di Racalmuto, seppure vegeta e pimpante, a nero simbolo di oscurantismo inquisitoriale, un piccolo Steri insomma. Con echi più recenti in sottofondo: "Questo cervello per vent'anni non deve funzionare". Sarebbe come tradire Sciascia nello spirito: una Fondazione viva con un pensiero morto (meglio smorto). Altro che paese della ragione!
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Immagine scannerizzata del quadro di Pippo Bonanno |