Luisella si doveva iscrivere all'Università e avrebbe dovuto prendere l'autobus alle sette di mattina. Suo padre, per evitarle la levataccia, decise di accompagnarla a Palermo con la macchina.
Il viaggio fu faticoso, a causa dei limiti di velocità, degli autovelox, degli svincoli a sinistra e della segnaletica non sempre leggibile.
Ma una volta arrivati in città, più faticoso fu trovare un buco per parcheggiare. Niente! Vie, viuzze, strade laterali, piazze e piazzuole, niente! Tutto pieno, intasato.
Finalmente vide da lontano fare manovra ad un macchinone: si liberava un posto!
Non sembrò vero al signor Liborio di potere posteggiare dopo tre quarti d'ora abbondanti di girovagare invano. Ma in terza fila, pazienza!
La figlia non avrebbe voluto, ma lui era veramente stanco. In paese tutti questi problemi non c'erano.
La segreteria universitaria intanto stava per chiudere. - Scendi tu, - disse alla figlia, - e fai quello che devi da fare, io ti aspetto in macchina. - Non si fidava di lasciare la macchina incustodita. Scese la figlia e mentre si allontanava lui la seguì con lo sguardo compiaciuto di padre di una futura laureata.
Ad un tratto vide davanti a sé, ad una ventina di metri, una coppia di vigili che avanzava, un vigile e una vigilessa. "Mamma mia, la multa!". In un lampo temette e realizzò che gli potevano contestare la sosta in terza fila. Aprì lo sportello e si precipitò verso i vigili. La vigilessa che aveva qualcosa tra le mani, sentenziò:
- Multa!
- E pirchì? - implorò il multato.
- Sosta in tripla fila. Già l'ho scritta.
- Putenza di lu gibbiùni! - implorò concitato il signor Liborio, come se cascasse dalle nuvole. - E quannu la scrissi?
- Mentre lei scendeva dalla macchina.
- Fici li cursi. E s'av'a pagari?
- Ncà ciertu, - tagliò corto la vigilessa, mentre gli porgeva copia della multa staccata da una libretta.
La risposta inequivoca della vigilessa dissuase il signor Liborio da ulteriori lamentele, che se ne tornò in macchina rigirando il foglietto color salmone tra le mani. La multa gli sembrava esagerata.
"Putenza di lu gibbiùni!"
N.B.
Gibbiuni è accrescitivo di gèbbia o gièbbia, termine di origine araba che sta ad indicare una vasca contenente acqua per diversi usi tra cui abbeverare gli animali, irrigare i campi, azionare i mulini ad acqua.
Ma nell'espressione di cui sopra il familiare e utile gibbiùni mi pare sia evocato o invocato, nei casi più imprevedibili, a rafforzare la meraviglia, o quasi fosse un nume tutelare, giudice giusto, olimpico notaio, che si vorrebbe come testimone o in risarcitorio soccorso. O semplicemente pronto a chiudere un occhio.
La genesi vorrebbe che l'espressione Potenza di lu gibbiùni! l'avesse esclamata un contadino alla vista, per la prima volta, dell'immenso mare e commisurandolo alle gebbie che aveva visto in vita sua.