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Blog di Piero Carbone (da Racalmuto, vive a Palermo). Parole e immagini in "fricassea". Con qualche link. Sicilincónie. Sicilinconìe. Passeggiate tra le stelle. Letture tematiche, tramite i tags. Materiali propri, ©piero carbone, o di amici ospiti indicati di volta in volta. Non è una testata giornalistica. Regola: se si riportano materiali del blog, citare sempre la fonte con relativo link. Contatti: a.pensamenti@virgilio.it Commenti (non anonimi). Grazie
venerdì 30 novembre 2012
AFFERRARE IL VENTO
Anonimo
Il vento, sfuggente fenomeno naturale, spontanea immagine di sentimenti e pensieri, di inquietudini e slanci, di entusiasmi e scoramenti, personali e collettivi, di spirito che si effonde o di vacua impermanenza, foriero di sensi, del senso, dell'intera vita.
Capita spesso di evocare il vento, di fraternizzare con esso, per esprimere , quando vi si riesce, sensazioni poetiche.
Il vento nei poeti spagnoli, ad esempio: soffia costante, e denso.
Il vento nei poeti spagnoli, ad esempio: soffia costante, e denso.
Silba el viento, grande y frío
Sibila il vento, freddo e grande
Juan Ramón Jiménez, El adolescente.
Ya libre y feliz, como viento que no alla ni rosa, ni mar, ni molino
Libero e felice come il vento che non trova né rosa né mare né molino
José Hierro, Canto a España
Viento contra viento.
Yo, torre sin mando, en medio.
Vento contro vento.
Io, torre senza dominio, in mezzo.
Rafael Alberti, Nocturno.
Gigante hoja que el viento
riza y empaja en el mar...
Onda gigantesca che il vento
increspa e spinge nel mare...
Gustavo Adolfo Béquer, Rimas
Trad. di Ileana Schwiger Acuti
Gigante hoja que el viento
riza y empaja en el mar...
Onda gigantesca che il vento
increspa e spinge nel mare...
Gustavo Adolfo Béquer, Rimas
Trad. di Ileana Schwiger Acuti
Il vento soffia in ogni dove; ognuno cerca di afferrarlo o significarlo come può.
Vientu, siemmu vientu.
Li seculi cummoglianu lu
suli
e lu suli li squaglia comu
cira.
Li palori ìnchinu lu munnu
e lu munnu li scarpisa comu
pira.
Pozzu vinciri lu friddu di
la morti
sulu ccu disidderiu e
puisia.
Essiri. Unn’essiri. Duranu
un mumentu.
C’era, un c’è cchiù. Cu
l’arrigorda?
Vientu, siemmu vientu.
I secoli coprono il sole
e il
sole li scioglie come cera.
Le parole riempiono il mondo
e il mondo le calpesta
come pere.
Posso vincere il freddo della morte
solo con desiderio e
poesia.
Essere. Non essere. Durano un istante.
C’era, non c’è più. Chi se lo
ricorda?
Vento. Siamo
vento.
Viento, somos viento
Los siglos recubren el sol
Y el sol los derrite como cera.
Las palabras llenan el mundo
Y el mundo las pisa como peras
Puedo ganarle al frío de la muerte
Nada más que con deseo de poesía.
Ser. No ser. Tardan un instante.
Hubo, y ya no hay. ¿Quién se acuerda?
Viento, somos viento
Trad. di Juan Diego Catalano
giovedì 29 novembre 2012
mercoledì 28 novembre 2012
UN FOTOGRAFO SILENZIOSO
La testimonianza di Angelo Di Garbo su Arturo Patten
(seguito del post di ieri)
UN FOTOGRAFO SILENZIOSO
DI
ANGELO DI GARBO
Ho conosciuto Arturo
Patten al museo di Palazzo Abatellis a Palermo, ma non avevo alcuna idea di chi
fosse quell’uomo.
Seduto nella piccola sala di Antonello da Messina guardava il
dipinto dell’Annunziata e scriveva, pensava e poi ritornava a scrivere.
Tutto questo
con una frequenza quotidiana e per diversi giorni.
In lui avevo percepito
qualcosa di diverso rispetto ai normali
frequentatori del museo ma non dicevo nulla.
Successivamente, quando si accorse
della mia silenziosa e discreta presenza, mi rivolse la parola.
Allora
argomentammo sulle diverse percezioni e sensibilità che in quella piccola sala
predisposta nella sua sistemazione
dall’architetto Carlo Scarpa confluivano per vagare altrove. Parlammo dello
sguardo dell’Annunziata, della qualità della luce emanata da quel piccolo
capolavoro, della sua qualità pittorica, dello spazio prospettico rinascimentale
e di nuovo, degli occhi profondi di Lei che incontravano adesso i
nostri.
Patten, stupito dalla profondità dello sguardo di questo ritratto mi
ricordò della potenza dell’altro lavoro di Antonello presente
nell’isola, esattamente al museo
Mandralisca di Cefalù: Il Ritratto Dell’Ignoto Marinaio.
Inevitabilmente andavamo
costruendo un rapporto, un filo conduttore che ci portava ad approfondire tutte
le relazioni possibili riguardanti la grammatica del vedere. Parlammo e scriveva
ancora e nulla mi faceva pensare che facesse il fotografo. Lo scoprii quando mi chiese cosa facessi al museo e
quando gli confidai che anch’io in qualche modo ero coinvolto dal mondo della
pittura e soprattutto interessato a quello
dell’incisione e della calcografia. (Allora disegnavo le lastre di zinco
utilizzando la tecnica della Puntasecca, ma lo facevo in casa non avendo mai
avuto un vero studio d’artista).
Volle venire a vedere accompagnato da un suo
assistente i miei lavori e rapidamente trasformò il soggiorno di casa in un
vero e proprio studio. Fu allora, solo allora, che lo vidi fotografare. Arturo
Patten era un fotografo silenzioso, dava poche indicazioni numeriche sui tempi
della luce e nulla più…
E’ stato l’unico “Amico” che seppe regalarmi uno studio
“d’Artista”. Successivamente, mi invitò in un appartamento ubicato in un palazzo
di Piazza Unità D’Italia, dove aveva organizzato uno studio volante, e lì mi
fece dei ritratti.
Di Arturo Patten, non seppi più nulla.
Solo dopo un paio di
anni il suo assistente mi consegnò uno scatto del maestro americano rendendomi
partecipe del suo definitivo andare.
Conoscerlo è stata per me una bella lezione
perché mi fece comprendere di come l’immagine debba prendere corpo a partire da
una elaborazione mentale e da altrettanti attimi d’osservazione e
riflessione. La fotografia era presente nella sua mente la fotocamera da lui
usata, solo un mezzo, un giocattolo utile a materializzare i suoi pensieri
continuamente in divenire.
Palermo, 2008
Palermo, 2008
PER PATTEN
1.
E quel progetto?
Circa quattro anni fa, Attilio Gerbino, curatore, assieme a Sebastiano Favitta, dellla Galleria Fotografica "Ghirri" di Caltagirone, mi lanciava a suo dire un paio di “esche”, la
prima riguardava la presentazione di un mio libro, la seconda una richiesta:
“Mi
piacerebbe che scrivessi un testimonianza per il progetto editoriale "Memorie
di un modello siciliano di Arturo Patten" collaterale alla sua mostra.
La
mostra si farà al Centro Valdese di Riesi tra dicembre e gennaio e a
Caltagirone nei primi mesi del 2009. Come vedi il progetto gradualmente va in
porto. So che non sei più assessore a Racalmuto (mi ha informato Angelo
Pitrone) e questo mi dispiace perché avevi delle belle idee sul Castello e mi
sa che la tappa di Racalmuto a questo punto salta. In ogni caso un tua testimonianza
in forma quasi di memoria sarebbe un bellissimo ed originale contributo alle nuove tappe siciliane di Patten. 15 ottobre 2008.”
2.
Non
so a che punto sia il progetto, ma so che varrebbe la pena realizzarlo, non
solo per ricordare la vicenda artistica
ma anche quella umana di un fotografo d’eccezione che ha intrecciato l’una e l’altra
alla Sicilia: raccogliere le testimonianze scritte di tutte quelle persone e di
quei personaggi che Arturo Patten ha fotografato per una sua ideale e mentale galleria
di volti siciliani, in particolare di artisti e scrittori, anche se di alcuni
purtroppo non sarà più possibile.
Arturo Patten è nato a Torence, in California. Ha alimentato i suoi interessi per la fotografia facendo esperienze in America, in Europa, in India, prediligendo la Spagna, la Francia, l’Italia; ha vissuto a New York, a Parigi, a Roma, è approdato in Sicilia dove ha posto fine al suo viaggio terreno.
“Tante croci di
ferro anonime – ha scritto Maurizio Masone nel libro-catalogo In fondo agli occhi, edizioni di passaggio,
Palermo 2005, - circondano le spoglie di Patten nel piccolo cimitero di un
villaggio a pochi chilometri di Agrigento, Montaperto. […] Arrivato in città
decise di restarci. Che sia stato per scelta o no, è qui che è accaduto ed è
qui che riposa. […]
Ma
Patten lo conosciamo grazie ad Edith de la Héronnière, autrice del bel libro Diario siciliano. Dal vulcano al caos, edizione
italiana a cura dell’Ippocampo, 2004 […]
Il libro evoca il rapporto di ammirazione e di dolore che la scrittrice ha stabilito con la Sicilia, sulle tracce spirituali dell’amico scomparso”.
4.
Io lo ricordo così.
Un
pronubo incidente
L’appuntamento
era per le tre del pomeriggio in via La Farina, al primo piano della palazzina
dov’era allocata la libreria Sellerio. “Sarà per poco”, pensai; e posteggiai la
macchina in seconda fila. “Sì”, confermò Patten, “non ci staremo molto”. Con la macchina fotografica fra le mani,
guardò fuori dalla finestra: se non ricordo male era un cielo di novembre.
Commisurò l’apertura del diaframma, mi fece sedere su un cubo di legno e si
mise a fotografare. Senza trucchi, ovviamente. Ricordo che l’unico aggiustamento
fu quello di assecondare una piega naturale della camicia.
Mentre
nel silenzio fioccavano i tipici clic degli scatti a ripetizione, confesso che
ad un certo momento provai imbarazzo: mi sentii osservato, studiato. Non mi si
chiedeva di cambiare posizione o di assumere estrosi atteggiamenti, ma era il
fotografo che ricercava, credo, un punto prospettico, il “suo”, quello
“esatto”, per catturare chissà che cosa, impercettibili sfumature. Si
avvicinava, si allontanava, faceva muovere le racchette giganti in tela
argentata al buon aiutante Luca Lo Jacono. Non smetteva di guardare fuori dalla
finestra. Crebbe il mio imbarazzo quando,
pensando che fosse tutto finito, Patten estrasse diversi obiettivi: semplici?
acromatici? doppi? aplanatici? anastigmatici?
Li paragonai ai ferri del chirurgo. Fece accendere i faretti e aprire
grandi ombrelloni di tela bianca. Estrasse un pugno di rullini. Mi rassegnai:
non riuscivo più a capire quale fosse il tempo necessario per fare quello che
stavamo facendo: un ritratto fotografico.
6.
Lo
capii quando, qualche ora dopo, uscendo
dal numero civico 10 di via La Farina, trovai sul parabrezza della mia povera
auto una contravvenzione. Lì per lì, me ne feci una ragione: l’onore di un
ritratto di Arturo Patten valeva bene
una multa salata. Ne ebbi conferma quando successivamente arrivò la foto
del mio ritratto in bianco e nero: lo ammirai in sé oltre una comprensibile dose
di narcisismo. Ne avrei avuto conferma dieci anni dopo, rivedendomi esposto accanto
ad altri “personaggi” siciliani: importanti o meno importanti eravamo ugualmente
i modelli di Patten. Feci appena in tempo a ringraziarlo telefonicamente, lui
californiano, in una delle sue residenze europee, non ricordo se a Roma o a
Parigi; anzi m’è rimasto il rammarico di non averlo mai più potuto rivedere per
ringraziarlo personalmente. Lo faccio però idealmente ogni volta che la
galleria dei suoi ritratti rivive nelle esposizioni che si vengono facendo in
diverse città.
Altro
che multa! Penso piuttosto che quell’incidente occorsomi davanti al numero
civico 10 di via La Farina sia stato di buon auspicio pensando all’inizio di un
cammino e che il romanzo di un altro americano, L’età dell’oro di Gore Vidal, comincia con la storia di un
parcheggio.
Palermo,
17 novembre 2008
Piero Carbone
7.
Foto 1. Cartolina-invito per mostra di Agrigento
Foto 2. Cartolina-invito per mostra di Agrigento. Retro.
Foto 3. Cartolina-invito per mostra di Palermo.
Foto 4. Cartolina-invito per mostra di Palermo. Retro.
Foto 5. Durante la mostra ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo).
Foto 6. Elenco delle fotografie in Arturo Patten, In fondo agli occhi,edizioni di Passaggio, Palermo 2005
Foto 3. Cartolina-invito per mostra di Palermo.
Foto 4. Cartolina-invito per mostra di Palermo. Retro.
Foto 5. Durante la mostra ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo).
Foto 6. Elenco delle fotografie in Arturo Patten, In fondo agli occhi,edizioni di Passaggio, Palermo 2005
Foto 7. Antonino Masone mi fotografa accanto alla foto di Patten, Museo archeologico Regionale "San Nicola" - Agrigento, 17.12.2005
http://www.edizionidipassaggio.it/rassegna/La%20sicilia%2015%20dicembre%2005.pdf
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCategoria=79&IDNotizia=14962
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