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Blog di Piero Carbone (da Racalmuto, vive a Palermo). Parole e immagini in "fricassea". Con qualche link. Sicilincónie. Sicilinconìe. Passeggiate tra le stelle. Letture tematiche, tramite i tags. Materiali propri, ©piero carbone, o di amici ospiti indicati di volta in volta. Non è una testata giornalistica. Regola: se si riportano materiali del blog, citare sempre la fonte con relativo link. Contatti: a.pensamenti@virgilio.it Commenti (non anonimi). Grazie
mercoledì 31 luglio 2019
IL GESUITA , L'ARCIPRETE, I MASSONI E IL "PRIMATO DOLOROSO" A RACALMUTO. Lo testimoniano libri e foto
"In un'intervista sulla religiosità dei racalmutesi, l'ex arciprete novantacinquenne, cameriere segreto di sua Santità, e monsignore, disorbitando le pupille e aggruppando le steppose dita, sostiene che in passato il paese ha avuto, ahimè, un "primato doloroso": una radicata presenza massonica.
Parlò di "uomini di studio", di "ceto studioso", gente che poteva apprezzare quel movimento di idee, leggendo, viaggiando, discutendo. Non fa nomi, però. Ne sono stati trovati più d'uno, rovistando tra libri di storia, al punto da convincere dei persistenti umori massonici e anticlericali."
Vedi il libro di Angelo Sferrazza S. J., La religiosità del popolo racalmutese, Messina-Racalmuto 1984
Così scrivevo nel mio libro Eretici a Regalpetra pubblicato nel 1997, e aggiungevo alcuni nomi di massoni appartenenti al "ceto studioso" perlopiù benestanti di estrazione borghese e nobiliare.
In questi giorni di sua presenza a Racalmuto, Giuseppe Bellavia Messana mi suggerisce di integrare la mia elencazione di massoni con alcune "scoperte" che a monsignore non avrebbero fatto certamente piacere, e neanche al gesuita intervistatore.
Si tratta di alcune fotografie che attestano e documentano la presenza dei simboli massonici addirittura sulla facciata di una chiesa, la chiesa Sant'Anna ovvero ex Ospedale San Giovanni di Dio.
Sulle pareti esterne della chiesa sono bucherellati alcuni numeri riferentisi probabilmente all'anno di inizio e fine dei lavori di costruzione della chiesa (1786, 1787) nonché gli inequivocabili simboli massonici del triagolo (con il vertice angolare una volta in su e un'altra volta in giù) e del compasso. Ma anche su una lapide di una tomba privata di un antico costruttore all'interno della chiesa della Maestranza.
Mie foto della facciata della Chiesa di Sant'Anna
1786 |
1787 |
triangolo e compasso |
Foto e didascalia di Giuseppe Bellavia Messana pubblicate sul gruppo
SALI D'ARGENTO - Raccolta fotografica digitale di Racalmuto
Sorprese anche all'interno della chiesa (solitamente chiusa)
ph ©piero carbone
(Racalmuto, 26 luglio, ricorrenza della festività di Sant'Anna)
martedì 30 luglio 2019
I GESSAI NON HANNO UN SANTO? O forse bisogna riscoprirlo assieme al mondo, negletto, del gesso
I gessai non hanno un Santo?
di
Piero Carbone e Giuseppe Maurizio Piscopo
ph ©Angelo Pitrone |
Sul mondo del gesso esistono pochi studi e nemmeno gli usi artistici l'hanno nobilitato. Maggiore attenzione è stata rivolta al mondo dello zolfo con le sue tragedie e le sue miserie. La solfatara ha avuto l'attenzione del mondo letterario, antropologico, etno-linguistico, come scrive Marina Castiglione nel libro: Parole e strumenti dei gessai in Sicilia. Lessico di un mestiere scomparso“ pubblicato dall’Università di Palermo nel 2012. Allo zolfo invece sono state dedicate molte opere.
Nel 1700 il gesso assurse a materiale artistico ad opera di Serpotta che insieme ad una notevole schiera di discepoli lasciò dei capolavori nelle chiese non solo di Palermo.
Al gesso è legata anche qualche poesia e qualche proverbio.
Supra di quattru timpuna di jissu,
chistu è Salemi, passacci d’arrassu…
Nelle cave di gesso non c’era nessuna concessione o licenza, nessun sindacato, nessun controllo. Non c’è stata nessuna pensione per i gessai, nessun limite. Per l’estrazione veniva usato anche l’esplosivo. In Sicilia si produceva oltre il 60% di gesso dell’intero Regno d’Italia. Qualcuno ha scritto che i gessai muoiono a cento anni e che il gesso non fa male alla salute. Sarà stato veramente così?
La sua origine si dice dovuta ad un caso fortuito: a Favara i pastori, per produrre la ricotta, utilizzavano una cucina montata con pietre di gesso per poggiarvi sopra la pentola con il latte da cagliare. A la fine cottura le pietre si sfarinavano. Che il gesso sia stato scoperto veramente così?
Oggi tutto è stato abbandonato, le cave e le carcare non sono agibili e non esiste alcun progetto che riproponga la valorizzazione di questi luoghi che sembrano luoghi spettrali, in abbandono.…
I gessai cantavano a ritmo di picconi e "mazzuotti“ ma con parole laiche, si lamentavano e non avevano un Santo che li proteggesse. Con la fine dei gessai scompare la cultura contadina che è stata fino all’immediato dopoguerra la componente essenziale dell’identità dei siciliani.
In Sicilia esistevano vari tipi di gesso, ma identica era la lavorazione. Un testimone racconta:
U gessu prima si fa muntagna po si fa petra, poi a petra si porta intra a fornaci e intra a carcara va cu i carrioli…Il lavoro del gessaio iniziava all’alba e finiva all’alba. Si campava pi non muriri… Otto viaggi al giorno per trasportare il gesso, 5 di mattina, poi si staccava il carretto, si faceva mangiare il cavallo. Altri tre viaggi nel pomeriggio. I gessai lavoravano 18 ore al giorno.
Molti erano i paesi del gesso fra i quali: San Cataldo, Caltanissetta, Sutera, Milena, Campofranco, Montedoro, Cattolica, Favara, Racalmuto, Bivona, Lercara, Grotte...
Si lavorava tra la polvere e u cinnirazzu che veniva respirato e ingerito nei polmoni. I carusi trasportavano il gesso sulle spalle. Il trasporto del gesso avveniva inoltre con gli asini, i carretti e con il treno. Il gesso era richiesto a Corleone, Burgio, Baucina, Vicari, Marineo, Mezzoiuso, Palermo...
Nonostante il diffuso uso, issu e issara non hanno avuto fortuna. Di gesso e gessai quasi nessuno parla. Neanche i vocabolari siciliani storici li annotano.
A volte è dovuta alla casualità la sua conoscenza: “Ne ho avuto sentore in casa nella mia infanzia, perchè sentivo dire che la casetta in campagna era stata costruita col gesso del nonno, cotto nella vicina calcara.“
Tutt’altra storia per il celebrato zolfo e i commiserati zolfatari, e non solo perchè i nostri sono paesi minerari. Tutt'altra letteratura. Chi non conosce la triste condizione dei carusi e i rischi del lavoro in miniera? E Ciaula che scopre la luna e Rosso Malpelo e Alessio Di Giovanni? Del gesso, solo qualche indizio, pressoché nulla, anche se aveva le sue malattie "professionali“ e i suoi incidenti sul lavoro, sebbene meno eclatanti.
Al silenzio sull’attività dei gessai corrisponde nella realtà lo stato di abbandono delle cave e delle calcare. Solo la similitudine "comu scecchi di issara" - che ricorre nel parlato quotidiano per indicare lavoro faticoso e stacanovismo ante litteram - fa riferimento al gesso: eppure, era molto diffuso e utilizzato in Sicilia, rappresentava il cemento di una volta. Utilizzato per case chiese palazzi. Serviva anche per cicatrizzare le ferite o per "aggiustare" il mosto aumentandone l’acidità.
Queste e tante altre notizie sul mondo negletto del gesso si apprendono dal citato libro della Castiglione. Rivela un mondo che inavvertitamente sta sotto i nostri occhi.
Significativo l’incipit: “Tra i molti studi dedicati alla cultura materiale in Sicilia nessuno risulta aver avuto come oggetto di interesse le cave di gesso. Nessuna epopea ha contrassegnato questo mestiere ordinario e comunissimo; nessun trauma lo ha imposto alla cronaca; neanche gli usi artistici lo hanno nobilitato“.
Tra gli usi artistici, vanno ricordati i numerosi stucchi del Serpotta e le gipsoteche ovvero le raccolte di statue e calchi in gesso come quello di Michele Tripsciano a Palazzo "Moncada" di Caltanissetta o quelle dell’Università di Palermo, del Museo Archeologico “Salinas“ e di Palazzo "Ziino", sempre a Palermo.
La riflessione di Marina Castiglione vale come un appello.
Postato su un sociai e sul blog Archivio pensamenti, da più parti sono fioriti contributi, testimonianze, racconti, canti, inediti documenti, curiosità su issu e issara: Sclafani, Niscemi, Bivona, Grotte, Casteltermini, Lercara Friddi… Giuseppe Pasquale Palumbo ha dato notizia di una mappa delle calcare esistenti nel territorio di Milocca nella prima metà dell’Ottocento, che sarà inserita in una pubblicazione curata con Angelo Cutaia.
La riflessione di Marina Castiglione vale come un appello.
Postato su un sociai e sul blog Archivio pensamenti, da più parti sono fioriti contributi, testimonianze, racconti, canti, inediti documenti, curiosità su issu e issara: Sclafani, Niscemi, Bivona, Grotte, Casteltermini, Lercara Friddi… Giuseppe Pasquale Palumbo ha dato notizia di una mappa delle calcare esistenti nel territorio di Milocca nella prima metà dell’Ottocento, che sarà inserita in una pubblicazione curata con Angelo Cutaia.
L’esistenza di un antico canto di lavoro a Racalmuto, registrato negli Sessanta da Isabella Martorana Messana per la sua tesi di laurea, ha suscitato la curiosità della stessa Marina Castiglione e dell’etnomusicologo Sergio Bonanzinga richiedendone la riproposizione.
Il processo è avviato: un n uovo cammino si prospetta per il gesso, per il ricco e composito mondo a cui fa riferimento, e non soltanto legato alla sua produzione e commercializzazione.
Nel conseguente articolo dal titolo "Il gesso si è svegliato" sulla rivista "Incontri" (luglio 2018) Marina Castiglione addita percorsi virtuosi affinché il risveglio coincida con una reale promozione:
"Un patrimonio materiale e immateriale che potrebbe essere valorizzato con poca spesa e molto impatto, con un reticolo di altre realtà che vissero la millenaria civiltà del gesso".
"Un patrimonio materiale e immateriale che potrebbe essere valorizzato con poca spesa e molto impatto, con un reticolo di altre realtà che vissero la millenaria civiltà del gesso".
Operativamente, suggerisce al Comune di Caltanissetta di preservare una superstite calcara in collegamento con la gipsoteca di Palazzo Moncada da utilizzare a scopi artistici in percorsi museali e didattici.
È significativo che tale proposta provenga da un territorio ricco di miniere e cultura mineraria come a volere dire "non solo zolfo e zolfatare" ma anche "gesso e calcare" poiché anche la calcara è "un luogo identitario di cui, però, la città sconosce tutto. L’uso, la tecnica di realizzazione e persino l’ubicazione".
Operazione che in diversa misura si potrebbe ripetere anche in altri paesi.
Operazione che in diversa misura si potrebbe ripetere anche in altri paesi.
Il recupero varrebbe come una sorta di risarcimento nei confronti del gesso e dei gessai per l’oblio e la poca letteratura dedicata; varrebbe come risarcimento nei confronti di noi stessi in quanto siciliani, poiché anche il gesso, per quello che ha rappresentato da un punto di vista socio-economico e culturale, contribuisce a definire e ad arricchiere la nostra indentià.
Il 12 gennaio 2019, come "poca favilla gran fiamma seconda", generato dall'input maturato sul web, si è celebrato a Caltanissetta un convegno come una sorta di festival del gesso, ricco di contributi specialistici e proposte: si spera dia a sua volta impulso ad un lungo cammino per la valorizzazione del mondo del gesso. Intanto, esso stesso rappresenta una tappa importante, un fecondo "segno" dell’auspicato "risveglio". Gli Atti del Convegno di prossima pubblicazione ne saranno miliare documentazione.
La canzone
Vita di issara
Testo di Piero Carbone
Musica di Giuseppe Maurizio Piscopo
Ritornello:.
Issu, issara: vita di carcara.
Issu, carcara: vita di issara.
Issu, balati: forti cafuddrati.
Furnu, famìa: issu abbianchìa.
I
A Buovu e Gargilata issu c’era,
Bivona cu Lercara china nn’era,
ci nn’era a Grutti, c’era all’antri banni:
luciva e luci muntagni muntagni.
Lu palu spirtusava rocchi e cugni,
la pruvuli sparava, e li timugni
di petri carriavanu sudannu
a la carcara jennu hiatiannu.
Rit.
II
Ti nfurna, lu issaru, e ti piddrìa,
balata, duoppu cotta, e macinìa
a cuorpi di picuna e mazzuttati
di hiatu e di sudura ncuttumati.
Carretti sientu nni la notti scura,
un cantu, griddri, fierri di na mula.
Carrianu, li scecchi di issara,
a prucissioni. Su li urdunara!
Rit.
III
Antichi casi di servi e patruna,
e rrobbi granni, nichi cubbuluna,
mpastati cu lu issu di carcara
e stucchi, statui, angili d’antara.
Issotta, ciarmaliddri, baddruttati,
li tietti di canneddri arraccamati.
Lu issu finu li mura bbianchìa.
Sciloccu nni li casi un ci putìa
Rit.
IV
Lu fuocu di lu tiempu cuciunìa
a tutti, comu furnu nni famìa,
nni coci com’abbastru di carcara:
biancu dintra e fora chi s’affara.
Facivanu accussì nni la carcara.
Oh, issu binidittu di issara!
Recitato:
La storia cancia, lu cimentu vinni:
palazzi frolli, ponti ntinni ntinni.
Ritornello finale:
Issu, issara: vita di carcara.
Issu, carcara: vita di issara.
Issu, sudura, mpinti mura mura.
Figli, lu pani, aspettanu dumani.
Recitato finale:
Figli, lu pani, aspettanu dumani
Nota del compositore
Confesso che mi occupo di tradizioni popolari da quasi 50 anni.
Quest’anno, per la prima volta sono rimasto affascinato da un testo di Piero Carbone “Vita di issara“. Di questo mondo magico e dimenticato, ne abbiamo parlato a lungo, soprattutto della cava di gesso e della calcara gestite dal nonno paterno. Ecco una strofa del testo da me musicato che sarà pubblicato nel libro-cd “Carusi di zolfo“ di prossima pubblicazione.
Issu issara: vita di carcara. / Issu carcara, vita di issara./ Issu sudura mpintu mura mura./
Figli lu pani aspettanu dumani.// Carretti sientu ni la notti scura,/ un cantu, griddri, fierri di na mula. / Carrianu li scecchi di issara, / la vita comu sacchi di carcara…
Con l’esperienza di maestro elementare nasce spontanea la domanda:
Che cosa rimane di questa cultura, cosa conoscono i bambini di questo mondo, che cosa c’è nei libri di scuola elementare di questi argomenti?
Una domanda che non è rivolta soltanto ai bambini, si capisce.
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domenica 28 luglio 2019
UNA RELIQUIA PRIVATA DI SANTA ROSALIA, SOTTO I MIEI OCCHI. Fotografata dalle parti di Racalmuto, nelle mani di Giuseppe Bellavia Messana
Alcune pagine del libro di Giordano Cascini
dalla versione digitalizzata e consultabile al seguente link:
Culto di Santa Rosalia in Sicilia
Chiese e culto di Santa Rosalia nell'agrigentino:
Bivona
Santo Stefano
Racalmuto
Il panegirico del rinomato oratore Canonico Antonio Parisi
Beppe Bellavia Messana davanti al portone del Palazzo di Donna Elettra
donato al comune di Racalmuto per allocarvi l'archivio storico
Inno
O SANTA RUSULIA
Video di Antonello Scarpulla
Inno dal minuto 9:00
https://www.youtube.com/watch?v=s1SY7iICbt8
sabato 27 luglio 2019
L'UOMO CHE EBBE DUE FUNERALI SU "LUMIE DI SICILIA". Direttore Mario Gallo
Allegato il n.129, che può essere aperto anche con:Cordiali saluti, Mario Gallo--
mario gallo,responsabile di "Lumie di Sicilia" -
* LA RACCOLTA DI LUMIE DI SICILIA,SEGUITA DA QUELLADEI VESPI SICILIANI SU:
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