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lunedì 8 giugno 2020

PER AVER LIBERATO IL POPOLO DAL COLERA. Inno di Giuseppe Messana (1816-1843)

Inno a Maria Santissima del Monte

Per aver liberato il Popolo di Racalmuto dal Flagello del Cholera 

Produzione di Giuseppe Messana (1837)




1.



Anima nostra sicut passer erepta est de laqueo venantium
Laqueus contritus est, et nos liberati sumus. Psal, 123. V.6.

Quale uccello la nostra vita sfuggì
al laccio dei cacciatori.
Il laccio s'infranse e noi fummo salvi.




   Piombò dall’alto, gravido,
Il più crudel de’ mali,
E ripiegando l’ali
Sovra la terra;

   Di Racalmuto il popolo
Assal tormendo; e forte
Apportator di morte
Più, che la guerra.

   Chi mai ridir le querule 
Voci di pianto, e lutto?
Ove tu guardi, tutto,
Tutto è dolore.

   Ovunque senti i gemiti
Delle famiglie offese
E ingombrano il paese
Tema, ed orrore.

   Già del fratel la perdita
Quegli piangeva, e questi
In modi crudi, e mesti
Il padre estinto.

   Ah! di pupilli, ed orfani
Di dolorose madri
D’inconfortati padri
Il suolo è cinto.

   Le tombe, che dormivano
Mute, serrate, e chiuse
Ad ingojar dischiuse,
Aperte stanno

   Tombe!... oh di quanti gemiti
Sarete causa e siete!
Quanti tornar vedrete
Pieni d’affanno!

   Qui la sorella misera,
In questo crudo avello
A piangere il fratello
Verrà pietosa.

   Qui verserà sue lagrime
Il padre intenerito,
Il tenero marito
L’onesta Sposa.

   Tutto era pianto! L’aere
Parea mostrarsi oscura
Sembrava la natura
Su nero velo.

   Lo stesso sol, cui destansi
Anche le selve, e i boschi
A passi lenti, e foschi
Solcava il cielo.

   Sacra del Monte Imagine
Unica nostra speme
a che su queste arene
Restar volesti?

   Non fosti tu, che i rigidi
Tori rendendo inerti
Questa, con modi aperti
Terra scegliesti?

   Se ci abbandoni... oh miseri!
Che mai sarà di noi?
Se tu ajutar non vuoi
Chi darci ajuto?

   Chi raffrena l’orribile
Morbo, che tutto inchina?
Senza di te, Regina
Tutto è perduto.

   Così l’oppresso popolo
Mesto dicea pregando,
Quando Maria chiamando
Il morbo rio;

   Co’ sacri piè premendolo
In lui le luci affisse,
E disprezzandol disse
< Fuggi, e fuggio.

   Come sovente all’Africo
Loa procella che mugge
In un momento fugge
Ad altro Polo;

   In cotal modo, rapida
Con ali ratte e preste
Se ne fuggio la peste
Da questo suolo.

   De! come darti laudi
Alma Maria del Monte
Viva di grazie Fonte
Nostra Regina?

   Deh! come grazie rendere
Or data c’hai la calma
Al Trono tuo quell’Alma
Che a te s’inchina?

   L’umana lingua è debole
Ad esaltarti, o bella
Del Monte Madre, o Stella
Di grazie piena!

   Delle tue grazie il numero
Degli astri è assai maggiore,
Vince del Mar l’umore,
La stessa arena.

   Qual mente audace esprimere
Stolta! verrà non vinta
Di quante grazie cinta
Vivi nel Cielo?

   Chi gli occhi puote immergere
Negli alti raggi tuoi
Senza offuscarlo poi
Arcano velo?

   Tu sei la Stella fulgida,
Che squarcia il nembo oscuro
Il farmaco sicuro
Delle ferite.

   Tu il porto sei de’ Naufraghi,
Il fine de’ lamenti,
Scorta delle gementi
Alme smarrite.

   Io veggo Te nel fulgido
Astro del Ciel maggiore
Senza del cui splendore
Il suolo è muto.

   Tu la Colomba candida,
Che la salvezza apporta,
L’Arca del Ciel la Porta
Il nostro ajuto.

   O voi, cui morbi pallidi
Noja fatal, dolore
Oppimon l’alma, il cuore
Con voci alterne;

   Con pura fè, con fervido
Cuore correte al Monte
Inesauribil fonte
Immagini
1. ph ©piero carbone
2. ph ©Giuseppe Bellavia Messana





domenica 4 agosto 2019

NECROLOGIO DI FRANCESCO CRISPI PER L'AMICO POETA RACALMUTESE E IL "CONSUOLO" DI GIUSEPPE MESSANA . Raro documento di un archivio privato

"Giuseppe Messana, giovane di forte sentire, di anima elevata, vide morire suo padre nel più bello delle speranze. 
Egli ha voluto confortare l'immenso dolore coi versi, unico consuolo che resta ai cuori che sentono.
La sua immaginazione vividissima, i suoi modi melanconici e sempre nuovi, non rendono monotona la sua musa.
Io e chi ha letto le sue produzioni in tale evento ha pianto, e con fervore ammiratine i pregi.
Segua il valoroso nella via percorsa, e sarà il decoro di un nome assai bello per le virtù cittadine".
F. Crispi - Genova



Annotazione manoscritta: 
"Crispi ormai Deputato al Parlamento Italiano"

Giuseppe Messana, Fisica e poesie. Miscellanea



Nota di Giuseppe Bellavia Messana 

La miscellanea Messana con opera di Don Dr. Serafino Messana e Don Avv. Giuseppe Messana. 
All'interno è pubblicato il necrologio di Francesco Crispi, Deputato del Regio Parlamento Italiano, scritto in onore del Poeta Giuseppe Messana Nalbone di Racalmuto, morto di tubercolosi il 17 aprile 1843, a soli 27 anni, con il quale il Crispi fu compagno di studi ed amico. 

Morendo, Giuseppe lasciò una Cappellania nella Chiesa di Sant'Anna. 

Altri lasciti di famiglia: sempre alla stessa Chiesa è stato lasciato un appezzamento di terreno in C/da Pernice da Donna Serafina Messana Cavallaro del fu Avv. Don Attilio e nipote di Don Dr. Serafino, primo farmacista di Racalmuto.

Link collegati
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AVVERTENZA METODOLOGICA
Chi cita i documenti sopra riportati o vi fa riferimento è pregato di citare la fonte 
ovvero il Blog Archivio e Pensamenti dove sono stati pubblicati. 

Si anticipa che questi e altri documenti saranno inseriti in un libro curato in solido 

da Giuseppe Bellavia Messana e Piero Carbone.


mercoledì 9 luglio 2014

FLAGELLI ANTICHI E FLAGELLI MODERNI






Inno a Maria Santissima del Monte

Per aver liberato il Popolo di Racalmuto dal Flagello del Cholera

Produzione di Giuseppe Messana (1816-1843)



Anima nostra sicut passer erepta est de laqueo nenantium
Laquius contritus est, et nos liberati sumus. Psal, 123. V.6.




   Piombò dall’alto, gravido,
Il più crudel de’ mali,
E ripiegando l’ali
Sovra la terra;

   Di Racalmuto il popolo
Assal tormendo; e forte
Apportator di morte
Più, che la guerra.

   Chi mai ridir le querule
Voci di pianto, e lutto?
Ove tu guardi, tutto,
Tutto è dolore.

   Ovunque senti i gemiti
Delle famiglie offese
E ingombrano il paese
Tema, ed orrore.

   Già del fratel la perdita
Quegli piangeva, e questi
In modi crudi, e mesti
Il padre estinto.

   Ah! di pupilli, ed orfani
Di dolorose madri
D’inconfortati padri
Il suolo è cinto.

   Le tombe, che dormivano
Mute, serrate, e chiuse
Ad ingojar dischiuse,
Aperte stanno.

   Tombe!... oh di quanti gemiti
Sarete causa e siete!
Quanti tornar vedrete
Pieni d’affanno!

   Qui la sorella misera,
In questo crudo avello
A piangere il fratello
Verrà pietosa.

   Qui verserà sue lagrime
Il padre intenerito,
Il tenero marito
L’onesta Sposa.

   Tutto era pianto! L’aere
Parea mostrarsi oscura
Sembrava la natura
Su nero velo.

   Lo stesso sol, cui destansi
Anche le selve, e i boschi
A passi lenti, e foschi
Solcava il cielo.

   Sacra del Monte Imagine
Unica nostra speme
a che su queste arene
Restar volesti?

   Non fosti tu, che i rigidi
Tori rendendo inerti
Questa, con modi aperti
Terra scegliesti?

   Se ci abbandoni... oh miseri!
Che mai sarà di noi?
Se tu ajutar non vuoi
Chi darci ajuto?

   Chi raffrena l’orribile
Morbo, che tutto inchina?
Senza di te, Regina
Tutto è perduto.

   Così l’oppresso popolo
Mesto dicea pregando,
Quando Maria chiamando
Il morbo rio;

   Co’ sacri piè premendolo
In lui le luci affisse,
E disprezzandol disse
< Fuggi, e fuggio.

   Come sovente all’Africo
La procella che mugge
In un momento fugge
Ad altro Polo;

   In cotal modo, rapida
Con ali ratte e preste
Se ne fuggio la peste
Da questo suolo.

   De! come darti laudi
Alma Maria del Monte
Viva di grazie Fonte
Nostra Regina?

   Deh! come grazie rendere
Or data c’hai la calma
Al Trono tuo quell’Alma
Che a te s’inchina?

   L’umana lingua è debole
Ad esaltarti, o bella
Del Monte Madre, o Stella
Di grazie piena!

   Delle tue grazie il numero
Degli astri è assai maggiore,
Vince del Mar l’umore,
La stessa arena.

   Qual mente audace esprimere
Stolta! verrà non vinta
Di quante grazie cinta
Vivi nel Cielo?

   Chi gli occhi puote immergere
Negli alti raggi tuoi
Senza offuscarlo poi
Arcano velo?

   Tu sei la Stella fulgida,
Che squarcia il nembo oscuro
Il farmaco sicuro
Delle ferite.

   Tu il porto sei de’ Naufraghi,
Il fine de’ lamenti,
Scorta delle gementi
Alme smarrite.

   Io veggo Te nel fulgido
Astro del Ciel maggiore
Senza del cui splendore
Il suolo è muto.

   Tu la Colomba candida,
Che la salvezza apporta,
L’Arca del Ciel la Porta
Il nostro ajuto.

   O voi, cui morbi pallidi
Noja fatal, dolore
Oppimon l’alma, il cuore
Con voci alterne;

   Con pura fè, con fervido
Cuore correte al Monte
Inesauribil fonte
Di grazie eterne.




 in "LA MADONNA DEL MONTE NEI RIFERIMENTI TESTUALI. Testi di vario genere sulla Madonna del Monte di Racalmuto e di alcuni caratteri di essi." 2003.  Appendice.
                                                                                 
                                             di