Domani 23 marzo si conclude la mostra a Caltagirone di Louise Hamilton Caico, con un arrivederci a Racalmuto dove la mostra sarà allestita al Castello Chiaramontano.
La mostra di Caltagirone, grazie ai responsabili ed animatori della Galleria fotografica "Luigi Ghirri", Sebastiano Favitta e ad Attilio Gerbino, che l'hanno voluta e curata amorevolmente e con grande professionalità, rappresenta una tappa importante per la fortuna critica di questa singolare donna animata da tanti interessi culturali e artistici, grazie anche a coloro che nel passato ne hanno coltivato la memoria e a quanti, cammin facendo, si vanno associando nel comune apprezzamento.
Lo scorso 23 giugno alcune sue foto erano state già esposte al Castelluccio.
A distanza di un anno, e dopo la tappa caltagironese presso la prestigiosa galleria fotografica "Ghirri", Louise Hamilton Caico ritornerà attraverso le immagini sui luoghi fotografati circa un secolo prima.
Il testo di Angelo Cutaia è stato approntato appositamente per la mostra di Caltagirone.
Louise Caico fotografa-etnografa
di
Angelo Cutaia
Per cogliere le peculiarità della cultura di una comunità bisogna esserne estranei o estraniati.
Louise HAMILTON, si trova a Montedoro a cavallo del Novecento, per aver sposato un CAICO, esponente della famiglia principale del paese.
Qui vive immersa in una civiltà ben differente da quella dell’Italia settentrionale, dove aveva vissuto col marito o di quella inglese d’origine.
Per questo inizia a studiare il modo di vivere e le peculiarità antropologiche del posto ove l’onda del destino l’aveva depositata. Per documentare, per comunicare gli aspetti che lei reputava più caratteristici si fa scrittrice, si fa fotografa. Segue dunque il filone dei ricercatori etnografici del tempo.
Con il suo stile epistolare, sembra infatti che scriva alle amiche inglesi, annota quel che pochi montedoresi di allora potevano cogliere: la vita di un popolo saldamente legato alle proprie tradizioni; un microcosmo compiuto in sé e, allora, ritenuto immutabile.
Più che la scrittura, l’immagine istantanea trasmette informazioni oggettive, immortalando per sempre un attimo del divenire infinito.
Ed ecco allora che ella fotografa, cristallizza, sezioni temporali della vita di persone, di animali, di luoghi, di un paese dell’entroterra siciliano ai primi del secolo XX. Ogni sfaccettatura della realtà viene fotografata, annotata, commentata, archiviata a futura memoria.
Il tutto trasfigurato dalla personale visione poetica. Louise fu tra le prime intellettuali ad interessarsi sociologicamente della cultura delle classi subalterne.
Questa foto pero' non è stata scattata da Luisa Caico
ma proviene dalla famiglia Licata(Ciciraro) di Montedoro.
Nelle foto dei contadini e zolfatai traspare il messaggio che non solo dai ceti elevati proviene la cultura, e la storia, di un popolo. Popolo studiato fin nei minimi dettagli con attenzione etnografica e apertura sentimentale di donna colta.
Probabilmente è stata la prima ad immortalare le capre girgentane dalle eleganti corna elicoidali; e particolarmente efficace è la foto del vivace gregge che incontrò a Racalmuto; fondamentale documento storico, tanto più che oggi esse sono sparite da anni e le pecore stanno seguendo il loro triste destino.
Diede volto, e con gli scritti parola, a chi non aveva mai avuto volto e parola: artigiani, servitori, villani, zolfatai, borgesi, campieri e le loro donne: casalinghe, tessitrici, ricamatrici, cameriere, lavandaie, ecc., compresi i bambini dalle bellissime fallette unisex.
Non si accontenta di conoscere l’ambiente urbano; compie escursioni nei paesi limitrofi, alle masserie, alle zolfare, scortata sempre da due fidi campieri di famiglia.
Un giorno viene a Racalmuto. Qui, come riportato nel suo libro Sicilian ways end days, intervista sulla storia del paese un “anziano prete molto pittoresco”, che scopre poi essere stato in gioventù “intimo amico e compagno di briganti”. Involontariamente la nostra scrittrice ci tratteggia la figura di un prete che ha partecipato alla resistenza antisavoiarda – liquidata come brigantaggio – all’indomani dell’annessione della Sicilia al Piemonte, spacciata per Unificazione italiana.
Ci lascia dunque documenti etnografici unici.
Chi conoscerebbe la conformazione a schiena d’asino del ponte del Catalano, oggi crollato e di cui non si trovano neanche i resti? Chi la forma a tronco piramidale delle balate di zolfo?
La foto del prospetto della cappella del Castelluccio, a distanza di un secolo, è stata utile per progettarne il restauro.
E le fontane? e la vita che vi si svolgeva?
Ed altro ancora.
Tutta l’atmosfera dell’epoca si ammira nelle oltre seicento fotografie che Calogero MESSANA ha raccolto, con certosina pazienza e dedizione, mettendole gratuitamente a disposizione degli studiosi, degli appassionati di fotografia e dei curiosi, in un suo locale a Montedoro.
Nel giugno 2013 una sua selezione di foto è stata mostrata al Castelluccio (Gibillina) di Racalmuto.
Oggi, con sicuro intuito di artisti, Attilio GERBINO e Sebastiano FAVITTA, affettuosamente sostenuti dal pigmalione Piero CARBONE, ne curano la mostra a Caltagirone, nella sede prestigiosa della Corte Capitaniale, presso la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, nell’ambito della Rassegna Fotografica 2014 Luce del Sud_Lungo la soglia dell’Occidente.
Sicuramente questo evento prelude, per la qualificata attività di promozione della fotografia siciliana dei nostri due artisti fotografi GERBINO e FAVITTA, per la indefessa ricerca di Calogero MESSANA e per la sagacia organizzatrice di Piero CARBONE, ad una maggiore diffusione e valorizzazione dell’opera della CAICO, che, anche per loro merito, a distanza di un secolo viene riconosciuta nei suoi valori scientifici ed artistici e conquista la ribalta nazionale, e domani, ne sono certo, internazionale.
A partire da questa mostra, la documentazione fotografica della CAICO non è più patrimonio culturale esclusivo di Montedoro, ma entra finalmente a pieno titolo in quello della Sicilia.
Angelo CUTAIA
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI Racalmuto, febbraio 2014