martedì 31 luglio 2018

DAI TENORI INFANTINO E PUMA AL BLUESMAN CHARLY CHIARELLI. Il Teatro (chiuso) di Racalmuto attende

screen shot: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2054950114754508&id=100007186185744


Charly Chiarelli recentemente premiato al Festival internazionale del cinema a Taormina, dal fondo dell’anima tira fuori, in questa canzone, ancestrali sentimenti ri-sentimenti sogni, non dimentico delle origini siciliane, racalmutesi, mentre a cavallo tra vecchio e nuovo mondo vive il suo successo di uno che ce l’ha fatta - ma con quanta macerazione interiore!- eppure la musica incalzante, l’evocativa armonica, la sensibilissima chitarra e la raschiante voce uniscono e fondono in una vitale sintesi un irrinunciabile, amato e forse temuto “sogno di ritorno”. 

La vitalità che traspare dal canto e dalla musica fa intuire che, oltre l’impasto di contrastanti sentimenti e linguaggi, la musica può rappresentare un approdo in un luogo ideale che fa superare e si pone oltre i singoli luoghi da cui si proviene, dove si vive, dove si andrà. La musica li comprende tutti nella sua peculiare dimensione come luogo dell’anima. P. C.



Charly Chiarelli
 ha condiviso un post — con Rosario Turco e altre 48 persone.
I'm posting this performance for the ICFF (Italian Contemporary Film Festival) which followed Dale Hildebrand receiving an award for "Best In Italian-Canadian Cinema" and my receiving an award for "Excellence In Performance." Within weeks, we collectively received the Cirs Taormina Film Festival award for "Best Cultural And Social Achievement." I will be posting re other film festivals premiering or screening our gem of a movie. Stay tuned!
Sto pubblicando questa performance per l'icff (Italian Contemporary Film Festival) che ha seguito dale hildebrand ricevendo un premio per " Best in italian-Canadian cinema " e il mio ricevere un premio per " Eccellenza in performance." entro settimane, abbiamo ricevuto collettivamente il Cirs Taormina film festival premio per il " miglior traguardo culturale e sociale." posterò altri festival cinematografici in anteprima o screening la nostra Gemma di un film. Stay tuned!

IL PAESE DEL SALE E DELLE PASSEGGIATE. Da "Sicilia che brucia"



Dalla "Piazzetta" alla Matrice
Dalla Matrice alla "Piazzetta"

Dalla Matrice al "Padreterno"
Dal "Padreterno" alla Matrice...

e io passeggio







in
Piero Carbone, Sicilia che brucia, Edizioni Grifo, Palermo 1990








I POST DEL MESE. Luglio 2018


domenica 29 luglio 2018

BIVONA RENDE OMAGGIO A PANEPINTO. Contributi artistici di Piera Lo Leggio, Paolo Alongi, Pippo Perconti e dell'Orchestra Fiati della Scuola Musicale "Lo Nigro" diretta da Fabio Midulla


Dopo l'intitolazione di un edificio scolastico avvenuta lo scorso 23 maggio, il comune di Bivona, guidato dal sindaco Milko Cinà, rende omaggio ancora una volta a Lorenzo Panepinto con l'intervento degli artisti Piera Lo Leggio e Paolo Alongi, dell'Orchestra Fiati della Scuola Musicale "Gaspare Lo Nigro" diretta da Fabio Midulla e di Pippo Perconti che reciterà un testo dedicato al socialista, pittore e "maestro" originario di Santo Stefano di Quisquina, coraggioso propugnatore dei Fasci siciliani dei lavoratori. 

Quella dell'insegnamento è stata una vocazione e una scelta da parte del Panepinto, non a caso la manifestazione è organizzata dall'assessorato all'Istruzione retto da Salvatore Cutrò. 
Il maestro di scuole elementari o "basse" come popolarmente indicate dedicò tutta la sua vita all'insegnamento, all'arte, ai lavoratori, ai poveri, agli ultimi e cercò sempre do portare avanti idee di bellezza e  di riscatto sociale. 

Lo strumento con cui Panepinto diffuse le sue idee di giustizia e di riscatto è stata una rivista "La Plebe" (1902-1905). Tra i tanti articoli ne voglio riproporre uno perché mi ha colpito come cittadino, educatore e racalmutese. 

Si tratta di questo: "Il plebeo - sintetizza Calogero Messina  si fa interprete della distanza presa dai socialisti nei confronti degli organizzatori, di ben altra ispirazione, di un convegno contro una legge sui causi".

Sembra incredibile ma se ci si immedesima nelle condizioni di povertà e di  ignoranza si può capire, ma non certo giustificare, quello che è avvenuto a Racalmuto: "I solfatai insorgono contro una povera legge, che in nome dei, tanto strombazzati, diritti dell'uomo, proibisce ai fanciulli di snaturarsi con un lavoro bestiale". 

Quasi a ribadire il senso delle "battaglie" del Panepinto, nella performance di Piera Lo Leggio e Paolo Alongi viene dedicato spazio anche a due canzoni dedicate alle condizioni dei lavoratori delle miniere di una volta e ai nuovi poveri, non solo storici o nostrani,  ovvero gli immigrati: Deci, cientu citaleni (musica di Domenico Mannella e testo mio) e Lu mari si l'agliutti (miei testo e musica). Canzoni arrangiate e interpretate da Piera e Paolo in modo così partecipato e originale che ormai  rientrano nel loro repertorio proposto con successo nelle loro esibizioni. P. C.






















"La Sicilia", 28 luglio 2018



sabato 28 luglio 2018

LUNA, TU. Non solo in tempo di eclissi



Canzone




screen shot https://www.quotidiano.net/cronaca/eclissi-27-luglio-luna-rossa-2018-1.4061321




"LA BALLATA DI MAREDOLCE" DI SILVANA BRAIDA. In italiano e in siciliano


C'è stato un tempo in cui quasi nessuno, fino agli Anni Ottanta del secolo scorso, sapeva che a Palermo ci fosse Maredolce col suo Castello o Sollazzo o Reggia o come dir si voglia, col suo Monte e la Chiesa  e gli Archi, col suo Lago, col suo Isolotto, col suo spicchio di Conca D'Oro, un sogno sicuramente lo era stato ma poi sprofondò in sonno profondo e nell'oblio, tranne per i famosi viaggiatori stranieri e qualche siciliano di sguardo lungimirante sia rivolto al passato sia rivolto al futuro: tra questi pochi va annoverata l'architetto Silvana Braida che si è prodigata in tutti i modi per restituire una splendida gemma ai palermitani tutti visto che alcuni se ne erano appropriati degradandola e occultandola. 

Mentre  l'architetto e funzionario regionale  Braida promuoveva tecnicamente, e come poteva, progetti di restauro, ci si barcamenava, come uccelli nella rete, tra difficoltà e opposizioni di ogni tipo, per liberare l'area dal pervasivo e tracotante abusivismo. 

Ebbene, con cuore di poetessa, l'architetto Braida dissolveva d'incanto ogni ostacolo e mentre riviveva i fasti della "favola di pietra", dalle "mille stanze / il ponte levatoio sul lago / dove le leggiadre dame / assieme ai cantori / vagavano nelle iridate / barchette..."; lanciava come Alfieri il suo "Verrà un giorno..." e si proiettava con sguardo visionario nel futuro, fiduciosa del "risveglio" di Maredolce "quando la storia / tornerà a narrare / degli Emiri dei Normanni, / di tutti i siciliani, / in questo castello / incantato."

Quel tempo, per fortuna nostra e dei posteri, comincia a intravvedersi. 
Come non ricordare con gratitudine il funzionario architetto che aveva un cuore di poeta!









Versione dialettale a cura dei ragazzi della scuola media "Quasimodo" (ora Istituto Maredolce)
che veniva recitata in occasione dell'adozione del monumento per "Palermo apre le porte"






La lettera  di ringraziamento di Silvana Braida


Il Progetto "Palermo apre le porte", nell'ambito del quale  è maturata la versione dialettale della Ballata, veniva curato dalla  Katia Melfi unitamente alla professoressa Francesca Vella.

Precedentemente, è con il dirigente Pier Franco Rizzo che si attua un più incisivo radicamento nel territorio iniziando un cammino che segna il raggiungimento di una meta solennizzata con la nuova intitolazione della scuola il 30 ottobre 2013 sotto l'illuminata dirigenza del prof. Vito Pecoraro.

Va detto che, fin dall’anno scolastico 1992/’93, ancor prima che l’assessorato alla Pubblica Istruzione di Palermo varasse il progetto “Palermo apre le porte”, la scuola media “Quasimodo” incomincia, con le classi del tempo prolungato ad interessarsi del castello di Maredolce: un plastico del Castello Maredolce riprodotto in cento modellini à stato diramato simbolicamente a varie scuole di Palermo e di altre province siciliane.

Per le professoresse E. Pillitteri, M. Scaglione, G. Militello e i loro alunni l’impatto è stato sorprendente quando hanno scoperto che la gente del quartiere “Brancaccio” ignorava non solo dove si trovasse ma addirittura che ci fosse un castello da quelle parti. Secondo la toponomastica si trovava in fondo al vicolo Castellaccio, prospiciente la Piazza dei Signori. Nella realtà nulla faceva pensare che il ricettacolo di case abusive nascondesse uno splendido sollazzo arabo-normanno dei tempi andati.

La scuola ha proseguito a promuovere Maredolce in sinergia con enti e istituzioni del territorio, in particolare con l'Associazione Parco e Castello di Maredolce presieduta dal prof. Domenico Ortolano.


Link correlati:

I video postati su you tube di cui si riportano i link in questo post sono di Antonello Scarpulla:

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I Paradisi dei Re
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Corteo storico a Maredolce
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Il castello di Maredolce in uno spot di tre minuti
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Cerimonia d'Intitolazione dell'I.C.S. "Maredolce" Palermo - 30 Ottobre 2013

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Link del blog correlati:
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venerdì 27 luglio 2018

IL GESSO SI È "SVEGLIATO"? Un intervento di Marina Castiglione

Marina Castiglione, autrice di un accuratissimo studio sul gesso,  issu, issara e carcari  di una volta, ci dà notizia di un altro suo recente intervento sulla rivista "Incontri". E rilancia un antico appello.


A proposito di cave di gesso e di carcare, sul numero di luglio della rivista Incontri del Rotary Club di Caltanissetta è uscito un mio articolo dedicato all'argomento. Dieci anni fa mi coinvolse con il suo innato garbo Francesca Fiandaca, stavolta devo ringraziare la nuova coordinatrice Tiziana Amato ed Enrico Curcuruto. 

Un patrimonio materiale e immateriale che potrebbe essere valorizzato con poca spesa e molto impatto, con una reticolo di altre realtà che vissero la millenaria civiltá del gesso. 
Marina Castiglione









Precedenti Post su Issu e Issara

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Prossimamente una intervista a Giuseppe Pasquale Palumbo e Angelo Cutaia di Racalmuto che hanno raccolto dati e testimonianze sull'argomento nel territorio agrigentino e nisseno.


LA CARRIERA COME UN MINOTAURO. E POI? Smaragdos e smaragdoserie


Al mostruoso Minotauro di Cnosso, ogni anno, venivano dati in pasto sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi, per appagare insane pretese. Regnava su Creta, Minosse.
Altre epoche, altre mitologie, altre isole, ma sempre nella Magna Grecia siamo. La Carriera, il nuovo Minotauro.




Alcune recenti e recentissime notizie che leggo su certi giornalisti che si svendono per fare carriera mi danno tristezza. 
A maggior ragione andrebbero sostenuti e incoraggiati quelli che non svendono il loro lavoro e rischiano di fare meno carriera. 

La carriera dovrebbe essere un mezzo e non il fine di un percorso, in questo caso, giornalistico. 

Patetico è vedere come certe notizie scomode riguardanti alcuni giornalisti vengono trattate o omesse da altri giornalisti. 

Anche qui vale il detto "cane non morde cane"? 

E i lettori?


Smaragdos, Lo scornabecco non è un animale. Parainedito

Nelle foto, riproduzione di foto di Antonio Calabrese esposte alla mostra "La vecchia dell'aceto" (Palazzo delle aquile, marzo 2017)

giovedì 26 luglio 2018

ISSARA DI CHIUSA. Ce li racconta Totò Mirabile


Anche la rete ha le sue virtù, financo i vituperati social ne hanno,  vituperati per l'uso smodato che talvolta  se ne fa; alla rete si deve questo post con il racconto di Totò Mirabile, scaturito dalla pubblicazione di precedenti post sullo stesso argomento che ha suscitato curiosità e interesse sia in chi lo ignorava completamente sia in chi lo conosceva e magari se ne era occupato per ragioni di studio o artistiche. 


Tali apporti rappresentano in qualche modo, e grazie alla rete, una sorta di parziale risarcimento nei confronti di un "mondo" finora trascurato e dagli artisti poco celebrato.  P. C.






Cavaturi e Putiaru: tipologia del gessaio (issaru)
di 
Totò Mirabile

Occorre, innanzi tutto, fare una premessa e scindere l’argomento, specificando che il termine Issaru viene usato per indicare due tipi di attività e cioè quello vero del produttore di gesso (cavaturi) ed quello di rivenditore (putiaru).

Per quanto riguarda il primo termine (issaru di cava), posso sicuramente dire che a Chiusa, negli Anni Cinquanta, cioè circa mezzo secolo fa, non c’erano “Carcare” o se ci fossero state dovevano essere in disuso e, quindi, farò un breve cenno della provenienza del gesso siciliano. 

Numerosi carrettieri/issara partivano dai luoghi di produzione per portare la materia prima in tutta l’isola fino ai porti di Gela, Licata e Porto Empedocle, dove la polvere bianca veniva imbarcata su pesanti chiatte di proprietà degli Ingham e dei Whitaker, assieme allo zolfo e al salgemma.



Il “gesso” veniva estratto dalle cave attraverso una rete di piccole esplosioni precedute da mini trivellazioni con pali in ferro a punta piatta: La roccia gessosa si frantumava in grossi massi che venivano ulteriormente frantumati con pala e “pico” dai lavoranti.

Dalla cava la pietra gessosa veniva trasportata alla vicina carcara dove, disposta con maestria in modo semicircolare (ovvero seguendo il perimetro della fornace), veniva fatta ardere per 6-8 ore, finché, dal colore annerito, non assumeva un colore bianco-rossastro, e quando si raffreddava veniva prelevata per passare alla definitiva mazziatura (fase necessaria questa per ottenere la raffinazione della polvere bianca o la selezione più accurata di blocchi da costruzione). 

Oggi poche sono le “carcare” rimaste in Sicilia e sono tutte fuori produzione perché il gesso non trova più grande impiego ed anche perché si produce chimicamente e nessuno sa più cosa farsene delle fornaci di un tempo. 

Pertanto, insieme alla chiusura delle fornaci sono scomparsi usi, costumi e tradizioni che quel tipo di lavorazione aveva generato. 


Il gesso attualmente viene utilizzato in vari settori:

Edilizia: viene impiegato per la produzione di stucchi da interno. 

Agricoltura: viene ancora utilizzato, in maniera non corretta, per abbattere l’acidità del terreno.

Sport: viene utilizzato negli sport che prevedono un uso delle mani come punto di presa di attrezzi. 

Nella scuola è estremamente diffuso l'utilizzo di lavagne nere e su queste lavagne si usano per scrivere i cosiddetti gessetti, la cui scrittura può essere facilmente cancellata con uno straccio (cancellino) o una spugna bagnata,

Arte: esistono varie forme di arte che prevedono l'uso di gessetti colorati per disegni che solitamente vengono fatti su strade o marciapiedi come fanno i "Madonnari" in quanto solitamente dipingono immagini della Madonna o di santi. 


Per quanto riguarda il secondo termine Issaru di putìa, inteso come rivenditore di prodotto finito cioè frutto della lavorazione, a Chiusa Sclafani, che io ricordi, c’erano tre “putìe” che vendevano prodotti per l’edilizia, tra cui lu issu.


A Chiusa i rivenditori si rifornivano di Issu da commerciati di Montallegro, un paese della provincia di Agrigento.


Una importante putìa era quella del Signor Giuseppe Lo Verde, chiamato da tutti ’U zu Piddru ‘u Virdi molto preciso nel suo mestiere e grande conoscitore delle qualità dei “Canali” tegole di terracotta provenienti dagli stazzunara di Burgio. 


Io, come già accennato in altre occasioni, per andare a prendere la corriera per Bisacquino, passavo ogni mattina presto davanti la sua putìa e lo vedevo sempre indaffarato alle prese con i muratori, perché questi andavano a rifornirsi di issu e di altro materiale alla buon’ora.


Ogni tanto mi fermavo e gli chiedevo:

Zu Piddu quacchi vota m’havi a spiegare comu si fa lu issu?

Lui, un uomo minuto ma grande di cuore, sempre gentilissimo mi rispondeva:

Totò, la storia è longa, veni quacchi pomeriggiu ti la cuntu!

Poi si metteva a impostare le tegole e prendendone una mi disse:

Totò, tu ‘a sapiri chi ogni canali pi esseri bonu ‘avi a cantari!

Così dicendo, tenendo una tegola con la mano sinistra la batteva con la mano destra ed in effetti produceva un suono pieno.

Continuando mi diceva: 

Si nun canta nun è bona! E iu a unu a unu li fazzu cantari!
Forse mi voleva dire che quando lui comprava le tegole le provava singolarmente.

Continuava dicendo: 

Ni mia è tutta merci di prima qualità! 

Io per paura di perdere l’autobus, lo salutavo di fretta, e me ne andavo dicendo:

U sacciu! Quarchi pomeriggiu vegnu!

Continuando il discorso sulle “putie” dei gessai di Chiusa ricordo che in piazza Castello c’era mastru Pippinu Masseria che vendeva anche lui Issu ed altri prodotti per l’edilizia.

Invece, in via Torrente c’era un’altra putìa gestita da mastru Vicenzu “Giacatedda”, zio del compianto amico Coconedddru Giordano. Mastru Vicenzu aveva anche il carretto e faceva le consegne a domicilio.

Occorre dire che li Issara di Chiusa vendevano anche il cemento sfuso o a sacchi. Vendevano anche laterizi, “mattuna forati”, “mattuna chini”, maduna smaltati per cucine a “vapuri”, canala e canaletti


Ma, udite udite: vendevano pure la calce, che compravano a Sciacca presso la fornace Virgilio.


I muratori accattavanu la calce in zolle e poi la “squagliavano” nei fossi che facevano.

Era una operazione a cui bisognava stare attenti perché al momento che la “stemperavanu” (la immergevano nella vasca piena d’acqua), la pietra sciogliendosi iniziava a quarquariari come se bollisse, sprigionando schizzi che potevano colpire gli occhi, con le conseguenze che si possono immaginare.

La pietra adatta per la calce doveva essere una pietra composta da carbonato di calcio.

All'epoca se ne faceva largo uso ed era molto richiesta per costruire case, p'allattari li casi (imbiancare edifici), “pi disinfettari li gebbii” (disinfettare i bevai degli animali), ecc.

Oggi non è rimasto più nulla di quelle piccole “putìe” e sono state sostituite da grandi centri commerciali dove si trova tutto il materiale edile possibile ed immaginabile e nulla è rimasto delle vecchie “carcare” malgrado l’attività estrattiva fosse una buona fonte di reddito in Sicilia. 

Tutto è scomparso, restando solo il ricordo costituito da canti, feste popolari, proverbi, consuetudini familiari, legate alla trasmissione del mestiere di issaru di un tempo.




Appendice

Lu Issaru (Gessaio) lavorava la pietra gessosa che estraeva dalle cave sparse un po’ ovunque nel territorio siciliano ove erano ubicate nelle immediate vicinanze parecchie fornaci, chiamate carcari, di cui esistono attualmente solo pochi ruderi, che andrebbero protetti con maggiore cura possibile. 


Il lavoro del gessaio consisteva nel frantumare parte della collina con l’aiuto di polvere da sparo o dinamite dopodiché la pietra gessosa veniva inserita nei forni per cuocerla. 

La carcara era formata da due ambienti, di cui quello interno serviva alla cottura della pietra, mentre quello esterno era utilizzato per la raffinazione. 

Il lavoro consisteva nel sistemare i blocchi a modo di focolare, introducendo nel centro della paglia grezza che doveva bruciare lentamente minimo per 48 ore, provocando, così, la cottura della pietra. 

Dopo aver aspettato che si raffreddasse, veniva estratta pezzo per pezzo dalla fornace e trasportata nella prima camera, dove era pestata con una grossa mazza e ridotta in polvere, oppure pestata da una pesante ruota di pietra dura fatta girare da un asino. 

Il trasporto del prodotto finito dalle calcare ai magazzini anticamente avveniva a dorso d’asino, successivamente con carretti e automezzi vari.




mercoledì 25 luglio 2018

ATENE BRUCIA, È SOLO UNA FERITA. Basilio Milatos, siculo-greco, innamoratissimo della "sua" terra, invita a visitare la bella Grecia.



La Grecia brucia, anzi, Atene, la sua area circostante, per mano dolosa: decine e decine di roghi hanno provocato danni, distruzione di cose, case, quasi cento morti. Un disastro. L'idea di un inferno da tenersene lontani.

Niente di tutto questo. Chi vuole dimostrare solidarietà può farlo in un modo particolarissimo: vada, la visiti.

Chi l'ha ferita non deve averla vinta anche nella comunicazione: la Grecia è un paradiso di storia di natura  di cultura e di cucina, scrive l'innamoratissimo della "sua" terra il siculo-greco Basilio Milatos nel suo appello su Facebook che gli ho chiesto di poter riproporre anche qui, nel blog, e per la sua disponibilità lo ringrazio.

Concordo con le sue riflessioni e accolgo l'accorato invito (la Grecia a noi siciliani in particolare ci appartiene) anche se non potendo, e con rammarico, visitarla personalmente, lo condivido virtualmente. P. C.

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VISITATE LA GRECIA
di 
Basilio Milatos

Io so quanto grande e sincera sia la solidarietà e lo slancio di moltissimi italiani verso la Grecia.

In questi giorni, prima di questo immane disastro, è capitato che molti amici mi abbiano chiesto consigli su viaggi, già pianificati o da pianificare, in Grecia.
Isole, Atene, Argolide, Calcidica, ecc.

Io conosco e soprattutto amo la Grecia, ma non sono un tuttologo: ho anch'io un sacco di posti ancora da visitare e dove sogno di andare al più presto.
E ci andrò.

Ma una cosa posso assicurarvi, senza timore di smentita: la Grecia è bellissima. 

Qualunque cosa voi amiate, ce la troverete: mare da incanto, antichità, divertimento, buon cibo, ospitalità, vitalità, sorrisi, baldoria, pace.

E Vita. Vita nei suoi colori più autentici e più accesi.
Le immagini che arrivano da Atene sono terribili. E io voglio dirvi: non pensate a cosa potete fare per aiutare, semplicemente andateci. E divertitevi, rilassatevi, lasciate che la vostra anima, i vostri occhi e i vostri sensi godano di tanta Bellezza.

I Greci si rialzeranno anche questa volta, come sempre nella loro Storia, e malgrado tutto troverete una terra ferita, addolorata, ma meravigliosa. Sentire la vicinanza del mondo e vostra in particolare li aiuterà a rialzarsi prima e meglio.

Andate nelle isole, se volete, sono una meglio dell'altra, ma se potete andate anche ad Atene, andate in Attica.
Portate vitalità, interesse, affetto e vicinanza. In questo momento più che mai il Turismo può aiutare la Grecia in modo concreto, ma anche sul piano emotivo. Se volete essere utili, ai Greci e a voi stessi, andate.

Andate in Grecia. Partite subito, se potete, o ad agosto, o a settembre, che è un mese fantastico per andare.

Mai come in questo caso sarebbe calzante l'espressione "unire l'utile al dilettevole"...
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Foto iPhone di Lucrezia Salemi (Racalmuto, 2 settembre 2017. Alla presentazione del libro di Fabio Giallombardo, Cosa Vostra, con Lorella Farrauto e Angelo Campanella)
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"ISSU" E "SCECCHI DI ISSARA". Antichi mestieri e modi di dire. Ricerche curate da Eugenio Giannone

Occupandoni in questi giorni di issu e di issara, non da studioso beninteso ma da curioso e per sentimentali motivi di sangue visto che mio nonno era issaru nonché per alimentare di sostanza il testo di una canzone che sto scrivendo per la musica di Maurizio Piscopo e con i suggerimenti della studiosa Marina Castiglione,  mi sono riaffiorati tra le mani alcuni quadernetti  (il correttore automatico aveva virato in "quadretti") che l'amico Eugenio Giannone ha curato quando era in servizio in qualità di docente referente e coordinatore del Progetto Giovani 2000. 

C'è da dire che Eugenio è poeta e uomo di cultura di suo e che se dalla scuola ha avuto l'occasione di fare alcune ricerche con i ragazzi, alla scuola egli ha dato, profondendo quello che nessun contratto sindacale può prescrivere per legge, la passione e l'intelligenza nel senso vero ed etimologico del termine: leggere "dentro" le cose, per amarle meglio e, nel caso di un docente, indicare un metodo per farle amare.



Aggiungi didascalia





Note a cui si rimanda nel testo




Motivazioni di Eugenio Giannone sulla ricerca condotta con gli alunni della IV B  
dell'Istituto Tecnico-Commerciale "Lorenzo Panepinto" di Bivona nell'a. s. 1993/94


P.S. Il prossimo Post sullo stesso argomento lo scriverò con la complicità di Angelo Cutaia di Racalmuto e Giuseppe Pasquale Palumbo di Milena (ex Milocca). Loro sanno perché.



Nella foto di copertina il carrettiere sig. G. Troia. Foto Studio Cannata


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lunedì 23 luglio 2018