domenica 31 maggio 2015

I POST DEL MESE. Maggio 2015


venerdì 29 maggio 2015

IL CASTELLUCCIO OCCHIUTO E VISIBILE A TUTTI. Excursus storico di Angelo Cutaia



GIBILLINA - IL CASTELLUCCIO SVEVO
DI RACALMUTO
di
Angelo Cutaia

Castelluccio è la denominazione attuale della torre-palazzo sveva nei documenti indicata Gibillina; la Giblina del Fazello.
Un tetragono parallelepipedo di roccia, dalle perfette proporzioni geometriche, che a tal punto è immedesimato col territorio da sembrare generato dal costone roccioso dal quale emerge, come i cristalli di celestina fuoriescono dalla matrice.

   
Saliamo sulle sue mura  e  godiamoci una incomparabile vista, dalle Madonie al Mare Africano, dall’Etna ai Monti Sicani.




La probabile torre preesistente venne chiamata Gibillina a causa della sua posizione, a quota 720 m. l. m., sulla cima di un monte (in arabo gebel) in seguito detto delli Gibillini.
Fu rimaneggiata (o forse ricostruita)  e ampliata in epoca sveva per essere destinata a sollazzo e masseria.
Il fortino, posto sull’allineamento dei castelli di Mussomeli (analogia costruttiva dei muri) e Naro (impianto arabo-normanno), è ortogonale a quello di Racalmuto, del quale costituisce il battifredo.
Adiacente alla trazzera medioevale idrisiana Sutera-Girgenti (resti di aggiacatu nei pressi) domina e sorveglia l’Alta Valle del Platani e buona parte della Sicilia centro meridionale. E’ in contatto visivo con i castelli di Caltanissetta, Enna, Mazzarino, Naro, Favara, Agrigento, Caltabellotta, Torre del Salto, Guastanella, Muxaru, Rocca Motta, Cammarata, Monte Conca, Sutera, Mussomeli, ecc., fungendo da ponte ottico per la trasmissione dei messaggi.

Presenta caratteristiche architettoniche tipiche del periodo normanno-svevo:
-       visibile da grande distanza per “marchiare” il paesaggio;
-       posizione dominante e panoramicità;
-       pianta rettangolare con lati di base che sono proporzionati secondo la divina proporzione del numero aureo 0,618;
-       pareti piane e lisce e forma parallelepipeda;
-       notevole spessore dei muri portanti realizzati in pietra e malta di calce;
-       volte reali in conci calcarei al piano terra;
-       corsi orizzontali di pietre sbozzate da un lato nei muri esterni;
-       cantonali in calcarenite tagliati a fil di sega;
-       feritoie ogivali strombate;
-       latrine ricavate nello spessore dei muri esterni;
-       concio della chiave di volta diviso secondo l’asse verticale di simmetria.
Il superstite gruppo di lecci (aglianni) della parete nord del monte, potrebbe costituire il relitto di un più vasto impianto boschivo, annesso al piccolo forte per utilizzarlo in tempo di pace come residenza venatoria.




Nel secolo XIV passa in potere della famiglia Chiaramonti, alla quale viene erroneamente attribuito il suo ampliamento.
Confiscato da Re Martino nel 1392, assieme ad altri domini chiaramontani fu devoluto a Guglielmo Raimondo Moncada conte di Caltanissetta ed in seguito, per la fellonia di questi, assegnato a Filippo De Marinis signore di Favara.
Nel 1561 Ferdinando De Silva, marchese di Favara, sposa una De Marinis e  prende possesso del Castelluccio  ricevuto per atto dotale.
Nel 1568 Maria De Marinis acquista il castello e 2/3 del feudo Gibillini. Il restante terzo formò il feudo della Balatazza, sul quale sorse nel 1635 il comune di Montedoro.
Nel 1615 Beatrice De Marinis e Sanchez De Luna vendono il feudo e la fortezza a Luigi Arias Giardina, principe di Santa Ninfa e Ficarazzi.
Nel 1798 Giulio Antonio Giardina e Grimaldi, principe di Ficarazzi, concede in enfiteusi il solo feudo al sacerdote racalmutese Nicolò Tulumello.
Diego Giardina Naselli fu l’ultimo feudatario fino al 1812, anno dell’abolizione del feudalesimo.
Nel 1862 vi si asserragliarono quattrocento rivoltosi filoborbonici. Erano giovani racalmutesi che protestavano contro la leva forzosa.
Durante l’ultima guerra fu saccheggiato degli infissi e del tetto.
Negli anni Cinquanta uno dei fittavoli cede la campana della chiesa di S. Gaetano alla chiesa rurale del Serrone ed asporta, dall’alloggiamento visibile sopra l’ingresso principale, uno stemma ormai illeggibile.
Nel 1971 i fittavoli lo usucapiscono dai numerosi eredi dei principi Trigona di S. Elia.
Nel 2002 viene acquistato dall'ing. Angelo Cutaia  che inizia i lavori di consolidamento e protezione.

Racalmuto,  7 Maggio 2015


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Il Castelluccio e l'arte




Ph ©piero carbone

giovedì 28 maggio 2015

OMAGGIO ALLA CHAPMAN. Una mostra fotografica permanente a Milena su una civiltà che sembra esotica


Un destino fotografico accomuna Milena a Montedoro, grazie a due donne, una di origine inglese, Louise Hamilton Caico,  alla quale ho dedicato diversi post, e l'altra americana, Charlotte Gower Chapman, entrambe hanno documentato un mondo che a loro poté sembrare "curioso", "primitivo" e dunque degno di essere raccontato, studiato, fotografato.

All'interno dell'Antiquarium "Arturo Petix" di Milena, a cura di Giuseppe Palumbo, sono esposte le foto che la sociologa americana Chapman inserì nel libro dedicato al "villaggio" nisseno, frutto della ricerca sul campo effettuata negli Anni Venti del secolo scorso.
Straordinario documento di una civiltà che a quasi un secolo di distanza sembra lontana e distante, esotica come quella Maori della Polinesia, ma qui, nel mondo evocato e documentato da quelle foto sono le "nostre" radici.
Non soltanto quelle dei milenesi che a quel tempo si chiamavano milocchesi.
Noi eravamo!





























2 maggio 2015
Visita all'Antiquarium in occasione dell'incontro per programmare le tappe dell'escursione del 30 e 31 maggio a Racalmuto e a Milena
da parte dei gruppi archeologici "Drepanon" di Trapani e "Xaire" di Salemi.
Da sx: Angelo Cutaia, Giuseppe Palumbo, Leonardo Lombardo, Antonella Altese.  

Giuseppe Palumbo


Giuseppe Palumo con Antonella Altese, presidente del Gruppo archeologico Drepanon





Links correlati:

Quando il libro della Chapman venne presentato a Montedoro



Ph piero carbone

mercoledì 27 maggio 2015

L'ABATE MELI PARLA "MIRICANU". Gaetano Cipolla da New York gli ha prestato la voce




Dopo avere tradotto  le Moral Fables, Gaetano Cipolla ridà voce in inglese all'abate Giovanni Meli, il maggior poeta siciliano in siciliano, traducendo e pubblicando una più corposa scelta delle poesie del poeta nato a Palermo nel 1740 che spaziano da  La Buccolica alle Favuli morali alla Lirica alla Miscellanea al capitolo V del Don Chisciotti e Sanciu Panza.

Le traduzioni col testo originale a fronte sono precedute da un'ampia Introduzione dello stesso Cipolla in cui viene tracciato un quadro storico-critico dell'autore delle Favuli morali nonché un breve profilo biografico e la poetica attraverso puntuali riferimenti alle opere scelte e tradotte.

Altrove sono state ribadite le ragioni che spingono un professore di italianistica dell'università americana a tradurre autori siciliani in americano e autori americani in siciliano.

Va soltanto precisato che è avvertita come una missione, quella di Gaetano Cipolla, una missione culturale se non di civiltà, promossa attraverso l'associazione "Arba Sicula" e le edizioni Legas: far conoscere la poesia in lingua siciliana ai non siciliani, agli americani in particolare e quindi al vasto mondo degli anglofoni riconoscendo al siciliano dignità di lingua per la sua versatilità a trasporre significati, ragionamenti e suggestioni da una lingua in un'altra.

La sua attenzione solerte e prensile non è rivolta soltanto ai poeti, acclarati, del passato, ma a anche a quelli in divenire, del presente, tra i quali è sicuramente un onore, con relativa responsabilità, essere inseriti.

Dell'ultimo libro tradotto e della sua attività culturale si avrà occasione di parlare nel prossimo tour in Sicilia il cui itinerario è stato annunciato sul bollettino "Sicilia parra" (bi-annual Newsletter of Arba Sicula).












Learn Sicilian. Mparamu lu sicilianu
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/05/i-like-lu-sicilianu.html

A Maredolce
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/06/maredolce-vestito-festa.html




martedì 26 maggio 2015

SE AGLI SPAGHETTI SI INTERESSANO GLI INGLESI!

archivio e pensamenti: COLTIVARE LA STORIA DEL GRANO. Corso organizzato da SiciliAntica Roccapalumba


Nino Di Chiara mi invia un link e mi incuriosisce parecchio.

Se agli spaghetti si interessano gli inglesi, si finisce col valorizzare anche i mulini ad acqua che servono a molire il grano per ricavare la farina. E si riscopre un mondo, che non è estraneo e lontano ma lambisce in diversi punti il proprio.

GA&A Productions e SiciliAntica sede di Roccapalumba per il documentario “Viva la pasta”, che andrà in onda su History Channel, condotto da John Dickie, storico inglese docente di Studi Italiani all'University College di Londra.

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LA "COLOMBAIA" CONVERTITA ALLA PACE. Grazie a un francobollo e al F.A.I. Fondo per l'Ambiente Italiano



L'amico Mario Gallo, trapiantato a Firenze, che ormai sente "sua", ma radicato nella "sua" Trapani, innamorato della "sua" Isola che cerca di far conoscere e apprezzare tramite la rivista "Lumìe di Sicilia" , mi segnala con gioia l'emissione di un francobollo quale tappa importante per l'agognata valorizzazione di una strategica e spettacolare fortificazione che si stava deperendo malinconicamente. Dio solo sa quanti francobolli si potrebbero e si dovrebbero emettere per "salvare" e valorizzare siti che sono vere e proprie risorse di memoria e di bellezza, ma dimenticati. Siti d'acqua e siti di terra, s'intende! Siti di memoria. Siti di bellezza.

Per sottolineare la stima e l'affetto all'amico ma anche in sintonia con la sua voglia di valorizzare ciò che spesso deperisce sotto i nostri occhi, pubblico la sua nota, il francobollo e  alcune foto da me scattate dalla dirimpettaia Villa Nasi dove tempo fa mi aveva invitato per un convivio poetico l'amico Marco Scalabrino, anche lui trapanese. Venne Antonella Altese da Paceco quella volta per una gradita sortita. 

Lo spettacolo è assicurato: da una parte Villa Nasi, dall'altra parte la Colombaia, sullo sfondo una linea di case e in mezzo... il mare. 





Notizie sulla Colombaia
di 
Mario Gallo

La Colombaia, detta anche Torre Peliade o Castello di mare, è posta su un'isoletta all'estremità orientale del porto di Trapani. È alta 32 metri, composta da quattro piani sovrapposti. È uno dei migliori esempi di architettura militare in Sicilia.

La sua fondazione sarebbe assegnata ad Amilcare Barca in occasione della prima guerra punica.

Ricostruita nel medioevo dagli aragonesi  nell'attuale forma ottagonale, durante il regno di Carlo V divenne una fortificazione per difendere la città dalle incursioni barbaresche.


Trasformata in prigione dai Borboni e caduta poi in stato di abbandono, nel 2009 fu individuata dal Fondo per l'Ambiente Italiano come "Luogo del cuore", e quindi restaurata grazie al tenace impegno dell'Associazione.

Si deve all'iniziativa dell'Associazione Salviamo la Colombaia  l'emissione di questo francobollo


appartenente alla serie tematica "il Patrimonio artistico e culturale italiano".
















Ph ©pierocarbone