Mi piace evidenziarlo e condividere la notizia con voi che seguite
questa sorta di diario in pubblico non soltanto personale, visto che il blog si
arricchisce con gli apporti di amici ed estimatori.
Con questa occasione, anche perché in prossimità della fine di un anno e del principio di un altro, mi piace brindare: lo faccio con lo champagne di
un amico che ho stimato e al quale sono grato per la stima e l'amicizia che mi
ha voluto donare.
Si tratta di uno champagne sui generis e impalpabile al tempo stesso ossia virtuale, viene naturale pertanto associarlo ad un ricordo che pur essendo impalpabile lo rende realissimo e
fragrante.
Stappiamo... dunque, il ricordo.
Stappiamo... dunque, il ricordo.
Il dolce champagne di Claude Ambroise
Subito dopo la morte di Sciascia venne a Racalmuto Claude Ambroise
per commemorare l'autore di Candido
alla Fondazione omonima. Al termine della relazione, mi complimentai e lo
invitai a pranzo. Lui accettò congedandosi dagli organizzatori del convegno che
forse tanto bene non presero quell’invito imprevisto. Lo portai al Raffo,
da mio zio Matteo. Venne anche Anne Cristhel Reknagel.
Il verde e le acque del Raffo, a due passi dal Saraceno, si sa, sono incantevoli.
L’ambiente in cui pranzammo era rustico.
Mia zia tirò fuori qualche specialità.
Claude era felice come un bambino in quella dimensione poco, anzi, per niente formale, ammirava i frutti e la verdura appena raccolti, li odorava, quasi li palpava, addirittura si stava accingendo a prendere con le mani un ficodindia e forse a rigirarselo tra le mani per ammirarne la tavolozza dei colori ma lo fermammo in tempo intervenendo con coltello e forchetta.
Il pranzo fu semplice, gustoso e “familiare”.
Il verde e le acque del Raffo, a due passi dal Saraceno, si sa, sono incantevoli.
L’ambiente in cui pranzammo era rustico.
Mia zia tirò fuori qualche specialità.
Claude era felice come un bambino in quella dimensione poco, anzi, per niente formale, ammirava i frutti e la verdura appena raccolti, li odorava, quasi li palpava, addirittura si stava accingendo a prendere con le mani un ficodindia e forse a rigirarselo tra le mani per ammirarne la tavolozza dei colori ma lo fermammo in tempo intervenendo con coltello e forchetta.
Il pranzo fu semplice, gustoso e “familiare”.
Eppure, le premesse non avevano deposto bene.
Alcuni mesi prima del convegno racalmutese, infatti, ero andato ad ascoltarlo ad Acireale, sempre per una commemorazione di Sciascia a pochi mesi dalla sua scomparsa.
Al termine della conferenza il relatore invitò il pubblico ad intervenire. Io alzai la mano per chiedere la parola.
E' noto che nei gialli di Sciascia ci sono morti ammazzati ed è naturale che sulla scena del delitto sopraggiungano magistrati e forze dell’ordine, ora siccome Ambroise aveva fatto riferimento anche a questo, io semplicemente e, a pensarci bene, forse semplicisticamente, dissi: - Con tutti questi morti ammazzati, poliziotti e carabinieri mi sono sentito in questura o in caserma.
Alcuni mesi prima del convegno racalmutese, infatti, ero andato ad ascoltarlo ad Acireale, sempre per una commemorazione di Sciascia a pochi mesi dalla sua scomparsa.
Al termine della conferenza il relatore invitò il pubblico ad intervenire. Io alzai la mano per chiedere la parola.
E' noto che nei gialli di Sciascia ci sono morti ammazzati ed è naturale che sulla scena del delitto sopraggiungano magistrati e forze dell’ordine, ora siccome Ambroise aveva fatto riferimento anche a questo, io semplicemente e, a pensarci bene, forse semplicisticamente, dissi: - Con tutti questi morti ammazzati, poliziotti e carabinieri mi sono sentito in questura o in caserma.
Esternato il mio pensiero critico, mi sedetti, subito l’amico che
era accanto a me e con il quale avevo fatto tanti chilometri per andare ad
ascoltare il professore di Grenoble, mi tirò una forte gomitata sibilandomi
nell’orecchio “con quello che hai detto hai chiuso con lui”, ma, accostando di
nuovo le labbra all’orecchio, integrò “o
ti sei fatto un amico”. Ebbi un brivido di pentimento, ma ero fiero e
soddisfatto della mia franchezza.
Al termine della manifestazione, in mezzo alla naturale calca, il
professore Ambroise alzava gli occhi come se cercasse qualcuno tra la folla, ad
un tratto alzò il braccio e con la mano fece cenno di richiamo a qualcuno, io
ero terrorizzato perché guardava nella mia direzione, ma lui tolse di mezzo
ogni incertezza, - venga, venga, - disse.
Mi feci coraggio e andai.
Diventammo amici.
E mi diede appuntamento alla Fondazione di Racalmuto per il prossimo incontro. Incontro sfociato nell’invito a pranzo.
Mi feci coraggio e andai.
Diventammo amici.
E mi diede appuntamento alla Fondazione di Racalmuto per il prossimo incontro. Incontro sfociato nell’invito a pranzo.
Dopo il pranzo, dunque, lo riaccompagnai in Fondazione per il
prosieguo dei lavori.
A distanza di una settimana circa, mio zio mi fa sapere che era
arrivato un pacchetto da Grenoble da parte del prof. Ambroise e che avrebbe
voluto aprirlo in mia presenza. Io pensai subito si trattasse di libri. Invece,
quando lo aprimmo, ci trovammo sotto gli occhi tanti tappi di champagne, erano
di cioccolata, ripieni di champagne vero. Abbiamo brindato.
Testo e foto di ©Piero Carbone
Molto bello il tuo ricordo, caro Piero. Anch'io ho conosciuto Claude Ambroise, grande critico e uomo libero. Uno dei pochi che ha avuto il coraggio di criticare pubblicamente la gestione familistica della Fondazione.
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