Con piacere pubblico la nota di Francesco Leone, di Castellammare del Golfo, a proposito della recensione di Marco Scalabrino del libro La divina umanità di l'arti, pubblicata sul blog "archivio e pensamenti" il 20 dicembre 2015.
Non si tratta soltanto di ringranziamenti, ma si ribadiscono le ragioni e motivazioni di un poeta dialettale che scrive in una lingua, la "propria", che non appartiene soltanto al passato. P. C.
"Che luce" di Toto Cacciato
"Desidero
ringraziare Marco Scalabrino per l’attenta e affettuosa nota redatta su questa mia
seconda silloge, nonché Piero Carbone per avere, generosamente, ospitato la stessa sul
suo apprezzato blog letterario.
Non è mio intendimento, in questa sede, aggiungere altro a quanto già detto; mi preme unicamente metterne in risalto, giacché da me condivisi, un paio di aspetti: la “concezione seria della poesia”, la consapevolezza che il nostro dialetto è “patrimonio linguistico dalle antiche e nobili radici” tuttora vivo e vegeto, e formulare un auspicio: quello che, sulla scia della nostra testimonianza, la mia e quella di quanti altri praticano toto corde il dialetto, si possa riuscire a trasferire alle nuove generazioni il testimone de La divina umanità di l’Arti."
Francesco Leone.
Non è mio intendimento, in questa sede, aggiungere altro a quanto già detto; mi preme unicamente metterne in risalto, giacché da me condivisi, un paio di aspetti: la “concezione seria della poesia”, la consapevolezza che il nostro dialetto è “patrimonio linguistico dalle antiche e nobili radici” tuttora vivo e vegeto, e formulare un auspicio: quello che, sulla scia della nostra testimonianza, la mia e quella di quanti altri praticano toto corde il dialetto, si possa riuscire a trasferire alle nuove generazioni il testimone de La divina umanità di l’Arti."
Francesco Leone.
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