venerdì 18 dicembre 2015

CHI RIDARÀ AL DIALETTO QUELLO CHE GLI È STATO TOLTO? Sulle etichette della Nutella nei vari dialetti

5.


1. Sasà Salvaggio



Ai Professori piace la Nutella.
Piace ai chiarissimi professori universitari dislocati in tutto il territorio nazionale da Torino all'Aquila, da Udine a Firenze, da Roma a Cesena, ma anche a Rijeka in Croazia.
E piace al mio amico Roberto Sottile docente di Linguistica italiana all'università di Palermo.


Piace loro, l'assaporano, se la gustano, la spalmano sul pane anzi sulle parole, ma non su parole comuni, standardizzate, banali, ma su quelle dal sapore antico, locale, in parte dimenticato o sconosciuto, sulle parole del dialetto insomma, anzi dei dialetti sparsi in tutto il territorio italiano, rari ma  ricchi di evocati sapori come le ricette della nonna con i buoni cibi antichi.



Di primo acchitto sono rimasto perplesso nell'associare un alimento simbolo della modernità o se si vuole dell'omologazione, non dico culturale, ma alimentare, un alimento che fa però moda, tendenza, un alimento per tutti e di nessuno in particolare, non peculiare di un luogo insomma o di una pololazione, come invece, che so?, le panelle palermitane, le trofie genovesi o la bagnacauda piemontese. Eppure il trucco ovvero una segreta, e seria, ragione doveva esserci se di mezzo c'era l'accademia con fior di professori universitari!
Ma di cosa si tratta?





Si tratta di una trovata pubblicitaria: pubblicizzare la Nutella in tutta Italia, negli sparpagliati market e supermercati delle diverse regioni, con le parlate dialettali locali. Il prodotto comune, non di qualcuno in particolare diventava così di ciascuno, locale, tipico, personalizzato, attraverso la lingua, anzi, il familiare dialetto che induce identità.
E quali parole più familiari e identitarie, per dire buongiorno, se non quelle legate ad espressioni altrettanto dense, tipiche, allegre, affettuosissime... dialettali?





Iniziativa accettabile, azzeccata, che ha avuto successo, almeno a giudicare dalle teche vuote dei supermercati, dove ognuno assiene al barattolo di Nutella prelevava le etichette con le frasi nei vari dialetti italiani: una ne ho fotografato personalmente.
Ma ha avuto successo anche lo spot pubblicitario: ho sentito con le mie orecchie ragazzi affermare che la Nutella non piaceva ma la relativa pubblicità sì.

Eppure, ho saputo anche delle polemiche che l'iniziativa ha suscitato in varie parti d'Italia: dialettofili a vario titolo sono insorti per contestare, non tanto, credo, l'iniziativa in sé, ma questa o quella frase, un accento di troppo qua, un apicetto là, un apostrofo inopportuno, una vocale aperta invece che chiusa e via  ortografando, perché, per i dialetti è così: l'Unità d'Italia ne ha cancellato le parole ma gli amanti del dialetto sono disposti a guerre fratricide per una discordanza ortografica.


Trovo pertinente, financo appassionata, non mera difesa d'ufficio in quanto consulente linguistico coinvolto, la  riflessione del professore Roberto Sottile a proposito  della campagna pubblicitaria in dialetto realizzata con la consulenza di un gruppo di dialettologi "accademici".

"Interessante mi pare lo sketch pubblicitario televisivo che ha lanciato l'iniziativa, nella quale si vede il dialetto usato nelle case, che ci consente di verificare una volta di più il riposizionamento del dialetto (legato allo "sdoganamento") nel repertorio contemporaneo. 
L'impatto dell'operazione sulle questioni legate al pregiudizio linguistico mi pare un'altra cosa importante. 
Se chi, da dialettologo, si occupa di dialetto è un minimo dialettofilo, si accorge che col proprio lavoro non riesce a fare granché per "valorizzare" il proprio oggetto di studio; la Nutella che ha i capitali - i ricercatori ne ricevono dal Miur pochissimi: il 18 sarò a un Convegno a Ravenna a mie spese! - ci riesce benissimo, con una banalissima campagna pubblicitaria...".


Viene allora da chiedersi: può la pubblicità quello che non può neanche l'accademia?
A ciascuno la libertà di rispondere come vuole.

Va precisato, ed è quasi ovvio,  che sono ambiti e hanno ruoli diversi, stellarmente diversi, con finalità diverse, eppure, se pensiamo a quello che in 150 di Unità d'Italia è stato tolto ai dialetti, in quanto cultura, tradizione, civiltà e altro ancora, ben venga la pubblicità quale forma di "simbolico" risarcimento.
Per amore del dialetto, viva la Nutella?
Sì, viva la Nutella. Una, dieci, cento Nutelle!




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http://archivioepensamenti.blogspot.it/2015/12/che-cazzecca-labate-meli-con-la-nutella.html?spref=fb


Immagini:

N. 1 = Dalla bacheca facebook di Sasà Salvaggio
Numeri 2 - 5 = ©piero carbone
Tutte le altre immagini di questo post  sono ricavate tramite screen shot dal pdf Manuale linguistico dell'entusiasmo. Un viaggio nell'Italia dei dialetti scaricabile dal seguente sito:

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