martedì 2 aprile 2013

"EMARGINALIA" E AUGURI PRIMAVERILI. Grazie a Nicola Lo Bianco





Caro Piero, scorrendo qua e là ho riletto la mia recensione al tuo Emarginalia: m'è sembrata degna di essere pubblicata nel tuo blog, se lo ritieni opportuno.Te la mando. A presto e auguri di una Pasqua primaverile. Nicola


Caro Nicola, ti ringrazio ora come allora per la recensione e sono onorato di ripubblicarla nel mio blog, altroché!  La Pasqua è appena trascorsa ma la primavera è ancora in corso, faccio in tempo per ricambiare gli auguri primaverili. Un abbraccio. Piero






Emarginalia


Associazione Dipingi la pace, Palermo 1996


Collana "Gli Arcobaleni"*
 a cura di Aurelio Cardella

Recensione di Nicola Lo Bianco
apparsa su Passpartù, febb.’97




Del titolo ci dà ragione lo stesso Autore nella breve prefazione a questi suoi sette sguardi raccontati: scene di piazza, quotidiane farse, teatrali eventi alla Nofriu e Virticchiu
Frammenti di vita a bella vista per chi capita nel centro storico di Palermo. Chi ci vive non ci fa caso, chè lo sa che è teatrino tragicocomico di ogni giorno: chi viene da fuori si ferma a guardare per vedere come va a finire.
 Piero Carbone, è, si fa per dire, forestiero di Racalmuto, e come tutti i forestieri, palermitani compresi dell’altra Palermo, non resiste allo spettacolo verace e sanguigno. 
In più Carbone, da buon scrittore di cose siciliane, decide di raccontare: brevi istantanee, lampi fotografici, sapidi quadretti, introdotti da, o più propriamente appesi a citazioni (Gogol, Bazin, Maupassant, ecc;) in contrappunto didascalico. Emergono il gusto del bozzetto, lo schizzo estemporaneo, figure e figurine dal profilo mimico. Ed al mimo, stando alla interpretazione di Sciascia, questi sguardi si apparentano. Ma solo esteriormente: nella brevità, nella immediatezza, nella vivezza della rappresentazione, che è, com’è giusto che sia, più nelle cose che nella intenzione dello scrittore.



 Per il resto, manca ciò che è peculiare al mimo: la clausola proverbiale, l’exemplum, la parità morale. E non poteva essere diversamente. 
Il mimo, Amabile Guastella insegna, è tradizione, memoria, vitale paradosso di una civiltà, quella contadina, presente compiutamente a sè stessa. Ciò che si traduceva in stile di vita e la vita in racconto stilizzato. In mimo, per l’appunto. 
A Palermo (ma anche a Berlino anche a Racalmuto) quale memoria, quale vitale paradosso, quale stile? Ce li dobbiamo creare, ognuno con la sua testa, se ci riusciamo. Oppure dobbiamo cercare di trovare un senso, se c’è, al non senso. 
Carbone trova un senso nel puro e semplice raccontare, senza di più senza di meno. Periodi essenziali, secchi enunciati, incisi spiccati, alcune parole in rilievo,entro un linguaggio, quello del narratore, segmentato da modi espressivi popolani di Ballarò, del Capo, dell’emarginata periferia. 
Agile, conciso, chiaro, l’Autore va dritto filato alla conclusione, che tale, in conformità all’evento, non è. Chè, si capisce, il giorno dopo, in un altro autobus, l’anno venturo, la farsa si replicherà, con altri attori, con altri sguardi. 
Al sottoscritto sono piaciuti in modo particolare La benedizione e U radicuni. A Sciascia questi sguardi sarebbero piaciuti?
                                                                           Nicola Lo Bianco

* Volumetti arricchiti dai disegni originali delle scolaresche e finalizzati a progetti di solidarietà.

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