domenica 14 aprile 2013

VASAMMUNI, LESBIA, O COMU SCHIFIU TI CHIAMI




Traduzione del titolo del post: 
Baciamoci, Lebia, qualunque sia il tuo nome



Titolo della poesia:
Vasati a nun finiri

di Domenico Romano

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus 
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt,
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mihi basia mille, dcinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum
deinde usque altera mille, dein secunda centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus ilia, ne sciamus,
aut nequis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
(Catullo, c. 5)




Gudemula sta vita,
Lesbia du me cori,
e amamunni,
e di tuttu chiddu chi dicinu
i vecchi arripudduti
troppu severi e invidiusi
futtemunninni.
Tramunta lu suli,
ma po' torna a splenniri
su stu munnu,
nuavutri inveci,
quannu sta picca luci
s'astuta e scumpari,
'na notti
una sula eterna
amu a dormiri.
Dammi milli vasati
doppu centu e ancora milli,
e milli e centu
e ancora milli e centu.
Poi, quannu migghiaia
e migghiaia di vasati
avemu assummati,
ammiscamuli,
accussi pirdemu lu cuntu,
e picchi nu spunti unu
d'animu malu
chi ni ietti u malauguriu
sapennu quanti vasati
ci semu dati.




Mia traduzione di servizio:

Godiamocela, questa vita,
Lesbia del mio cuore,
e amiamoci,
e di tutto quello che dicono
i vecchi rincoglioniti,
troppo severi e invidiosi,
freghiamocene.
Tramonta il sole,
ma poi torna a splendere
su questo mondo,
noialtri invece,
quando questa poca luce
si spegne e scompare,
una notte
una sola ed eterna
dobbiamo dormire.
Dammi millie baci,
dopo, cento, e ancora mille
e mille e cento
e ancora mille e altri cento.
Dopo, quando migliaia
 e migliaia di baci
avremo assommati,
mescoliamoli,
così perdiamo il conto,
 e affinché non spunti uno
d'animo cattivo
che ci lanci il malocchio
sapendo quanti baci
ci siamo scambiati.




4 commenti:

  1. Ho provato una grande emozione rileggendo la trasposizione in dialetto siciliano del carme 5 del “Liber” di Catullo. Domenico Romano per me è stato un maestro. Lo conobbi nel 1998, al primo anno di università. Seguivo il suo “Seminario di composizione latina” e mi innamorai senza riserve della cultura classica, scoprii che il latino e il greco, con le loro infinite sfumature stilistiche, sono le lingue più belle che l’uomo abbia articolato. Le traduzioni in dialetto siciliano dei carmi catulliani erano il regalo del professore Romano a conclusione di alcuni incontri, le declamava a memoria, con grande enfasi e ricordo che quando declamò il carme 5 scattò alla fine un lunghissimo applauso, ci alzammo in piedi e ottenemmo un bis. Ebbi anche il privilegio di parlare privatamente con lui più volte di queste sue traduzioni, poiché le cercavo nelle librerie di Palermo, ma non riuscivo a reperirle. Ne parlai con lui nel suo ufficio, ricordo che i suoi versi preferiti erano “e di tuttu chiddu chi dicinu / i vecchi arripudduti / troppu severi e invidiusi / futtemunninni”, perché lui insisteva tantissimo sul falso moralismo, se ne adirava spesso, condannava l’invidia di chi non essendo più giovane guarda male i giovani che godono dei piaceri dell’esistenza.

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  2. Modernissimo come Prévert, in questo suo sentire: Penso alla poesia "I ragazzi che si amano":
    I ragazzi che si amano si baciano in piedi
    Contro le porte della notte
    E i passanti che passano li segnano a dito
    Ma i ragazzi che si amano
    Non ci sono per nessuno
    Ed è la loro ombra soltanto
    Che trema nella notte
    Stimolando la rabbia dei passanti
    La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
    I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
    Essi sono altrove molto più lontano della notte
    Molto più in alto del giorno
    Nell'abbagliante splendore del loro primo amore

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  3. Infatti si dice : si danno buoni consigli , quando non si é piú capaci di dare cattivi esempi .

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  4. Bellissima la trasposizione della poesia di Catullo nella lingua siciliana e bello il montaggio come riflessi nello specchio la forma originale latina e la traduzione in italiano.
    Scaturisce dall'insieme una evidente modernità della poesia di Catullo e il miracolo, che solo la poesia può fare ,di annullare tempo e lingua , ieri e oggi e rendere universali e moderni i versi e sempre le stesse le fragilità dell'uomo e le sue aspirazioni ad una impossibile immortalità che non venga dalla poesia stessa.

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