venerdì 24 giugno 2016

MEGLIO INEDITE CHE DISPERSE. A proposito di alcune lettere di Sciascia e Jean Calogero venute alla luce e presentate al Museo del Disegno







Ritorno a Palermo
ovvero
Jean Calogero quarantasei anni dopo, con lettere e disegni

di
Piero Carbone


...e dopo le lettere inedite di Gino Craparo a Sciascia e relative risposte, che ho avuto il piacere, in accordo con Tania e Charlie Craparo, di presentare al Museo del Disegno nel dicembre del 2014, seguono ora, con il consenso della famiglia, quelle, di tutt'altra temperie, del famoso pittore di Aci Castello, vissuto con onore e gloria a Parigi, richiestissimo in America e in Giappone, Jean Calogero.
Che Galassia inesplorata! Che fortuna, lambirla!
Il mondo della scrittura, formata di segni sui generis, che si interseca con il mondo del disegno, dei segni di altra valenza e funzione! Segni assonanti o confluenti?

Viene comunque a risultare che, tra segni di varia umanità, arti visive e letteratura, il "Museo del Disegno", open house di Nicolò d'Alessandro, viene sempre più a connotarsi come militante e auscultante crocevia della cultura siciliana. Stimolante, collaborarvi.



Ma al compiacimento per il riaffiorare di queste lettere inedite, e di altre che verosimilmente riaffioreranno, si associa una riflessione:
Come mai non sono state note finora?
Tutte le lettere che Sciascia ha ricevuto, comprese quelle di Jean Calogero, sono state da lui conservate?
E' possibile consultarle alla Fondazione omonima secondo precise volontà testamentarie?

Nella lettera dattiloscritta del 6 settembre 1989, inviata a "Signor Sindaco - Signori Assessori - Signori Consiglieri comunali di Racalmuto", Sciascia scriveva:

"La mia donazione alla Fondazione consisterebbe in una numerosa raccolta di ritratti di scrittori (acqueforti, acquetinte, disegni e dipinti), nelle edizioni e traduzioni dei miei libri, in tutte le lettere da me ricevute in circa mezzo secolo di attività letteraria".

Sotto il riguardo della donazione, troviamo fecondi, seppure indiretti, collegamenti tra il pittore Jean Calogero di Aci Castello e la Fondazione Sciascia di Racalmuto. E' testimoniato almeno in due lettere, una di Calogero e l'altra di Sciascia.

"Acicastello lì 11/5/1970. Carissimo Leonardo... Stai pur certo, che ovunque andrò, tu mi sarai a me presente col pensiero, e pertanto, ti confermo, che quando andrò a Parigi, provvederò farti avere per arricchire la tua Collezione, quanto promessoti cioè una bella Tempera di JEAN DUFY".

"Palermo, 10.X.1970. Carissimo... Ti ringrazio per il grazioso bozzetto. [...] Ti abbraccio, Leonardo."



Dico di più: anche le lettere scritte e inviate da Sciascia ai suoi interlocutori si sarebbero dovute trovare alla Fondazione Sciascia se la Fondazione avesse avuto una funzione attrattiva in tal senso. Invece, perché  a Pavia sì, al centro voluto da Maria Corti per la raccolta dei manoscritti degli scrittori del Novecento, e alla Fondazione Sciascia no? Sarà stata una questione di prezzo?

A che cosa è servita la Fondazione in tutti questi anni e con tutte  le energie economiche che ha avuto a disposizione, grazie ai finanziamenti pubblici, per non parlare dei suoi responsabili e amministratori autorevolissimi in campo culturale e non solo, fidati, prescelti, voluti espressamente con incarico a vita dallo stesso Sciascia. Mai si è riunito il Comitato scientifico di organizzazione e vigilanza al completo.

Oggi, la Fondazione langue. Piange. Enormi, le difficoltà. Impensate.

C'è addirittura chi,  nella fase declinante, dopo un quarto di secolo, si dimette dalla designazione sciasciana. E a niente, ma proprio a niente, è servita qualche conclamata sostituzione in consiglio di amministrazione per tirarla su.
Non si riesce nemmeno ad usufruire di specialistici contributi a titolo gratuito per riordinare nuovi lasciti librari, carte e documenti. Nell'auspicio che perduri la struttura ossia l'istituzione, speriamo che nel tentativo di rilanciarne un'appariscente visibilità non perda l'anima.


Questi timori, tali e quali, avanzavo tanti, tanti anni fa, pressoché in solitudine. Altri non vedevano o più comodamente non si esponevano? Una sorta di prudenza calcolata?

A distanza di tempo, di quei timori circa la corrispondenza non intercettata, ne andiamo verificando la fondatezza. Purtroppo.
Ieri, la corrispondenza con il compaesano Gino Craparo;
oggi, quella con il pittore famoso Jean Calogero;
domani, chissà!

Si avrà il piacere, ad esempio, di  rivedere e rileggere anche la lettera manoscritta con inchiostro nero, inviata da Sciascia a don Biagio Alessi a proposito di talune ricerche sull'Inquisizione in cui lo rassicurava che nella sostanza l'argomento era stato abbondantemente approfondito e documentato, lasciando presagire l'infruttuosità di ulteriori ricerche locali?
Chissà!




Intanto, non come ipotesi o astratto desiderio, ci godiamo, nella realtà, questo ritorno a Palermo di Jean Calogero, dopo la sfortunata  mostra tenutasi alla Galleria "La Robinia" dal 27 aprile a 10 maggio del 1970, per rivivere, sebbene post mortem, una esperienza di tutt'altro tenore, per dimenticare,  dopo ben quarantasei anni, quello che Calogero definì, nella lettera a Sciascia  del 14 ottobre 1970, "lo spettro di Palermo per quello che mi successe".

Una vicenda che avrebbe fatto maturare  in Sciascia un drastico consiglio: "Comunque, anche se ti è costata, l'esperienza della mostra palermitana non è del tutto inutile. Ti servirà per i tuoi futuri rapporti con le gallerie siciliane  e italiane (ma è meglio evitare altri rapporti con quelle siciliane)". Lettera del 15 maggio 1970.

Calogero si è attenuto al consiglio, forse eccessivamente prudente e arrendevole se non addirittura innaturale, ma ugualmente innaturale è la sua persistente assenza da Palermo, innaturale se non altro per motivi strettamente commerciali visto che il pittore di Acicastello era quotato e vendeva moltissimo non solo in Europa: ciò avrebbe dovuto attrarre i galleristi che commerciano in arte, facilitati da un autore che godeva di prestigiosissimi attestati critici internazionali.

Ma ormai è trascorso tanto tempo per attenersi ancora a prudenziali lontananze dalla Sicilia e da Palermo in particolare, anche perché, a prescindere da ogni aspetto commerciale, e il Museo del disegno questo aspetto generosamente lo trascende,  Jean Calogero merita di essere apprezzato e ammirato esteticamente: questa presenza si può intendere come un inizio visto che verranno esposti solamente disegni preparatori e bozzetti. Rimangono fuori le grandi tele, le tempere.

Magari tra i vari disegni ci imbatteremo, senza saperlo, in qualche lavoro preparatorio del "bozzetto" donato a Sciascia e da Sciascia molto apprezzato.

Un apprezzamento da intendere, in nuce, come un giudizio critico da estendere a tutta la sua opera. Un giudizio che, in verità, è stato sviluppato e argomentato in un testo rimasto sorprendentemente inedito ancora dopo tanti, tantissimi anni.







"Poi che la carità del natio loco
mi strinse, raunai le fronde sparte
e rende’ le a colui, ch’era già fioco."

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