mercoledì 12 settembre 2012

"POESIA DEI BISOGNI" E "POESIA DEI SIGNORI"

In omaggio allo scrittore e poeta Nat Scammacca, ripropongo l’articolo “Poesia dei bisogni” e “poesia dei signori” pubblicato sul n. 57, giugno 2006,  della rivista Lumìe di Sicilia.                      

 La sua attività letteraria, a  cui nell’articolo si fa cenno,  andrebbe studiata e rivalutata.  Recentemente, Giacomo Pilati si è ispirato alla vicenda biografica dello scrittore e poeta siculo-americano per il suo romanzo Sulla punta del mare, edito da Mursia.


                              Sulla poesia del ‘900 in Sicilia        

           
            In occasione della Giornata mondiale della poesia,  celebratasi nella scuola media statale “S. Quasimodo” di Palermo il 21 marzo 2006 con letture di poesie di Salvatore Quasimodo, Lucio Piccolo, Stefano D’Arrigo, Gesualdo Bufalino e Ignazio Buttitta, ho approntato alcune riflessioni generali sul Novecento poetico siciliano; è stata l’occasione per sistematizzare tante sparse letture nonché conoscenze personali di fatti e personaggi a cui mi hanno legato rapporti spesso di stima, qualche volta di amicizia. Alcune di quelle riflessioni ho estrapolato per Lumìe.

Salvatore Francesco Romano, nella sua Storia dei Fasci siciliani, documenta che, nella Sicilia feudale e latifondista dell’Ottocento, il poeta contadino era ritenuto sacro, “ ...nel senso che a lui era consentito di dire tutta la verità senza  che alcuno avesse da chiamarlo in giudizio o perseguitarlo... Grazie a questa convinzione, il contadino siciliano, di solito taciturno e reticente, in poesia dava sfogo pieno ai suoi sentimenti.”
Serafino Amabile Guastella della Contea di Modica, detto il “barone dei villani”, testimonia la persistenza della figura del poeta contadino a dispetto delle rivoluzioni e delle ventate innovatrici della storia che avrebbero voluto cancellarlo.
            Egli racconta che un contadino di Chiaramonte Gulfi, nel 1861, voleva recitare per il lunedì grasso una “satira sanguinosissima contro il Sindaco”, ma il barone lo sconsigliò per non fargli rischiare un processo di diffamazione o di “aver rotta la schiena”. Il poeta lo guardò meravigliato come se avesse visto la “donna a tre gambe”  e per tutta risposta gli rispose:

“In questa poesia dico o non dico la verità?
E se dico la verità  neanche il diavolo avrà a ridirci.
Mi farà rompere la schiena, le mani non le ha lui solamente. […]
Codesta legge di non poter aprire la bocca è venuta forse con i maledetti Piemontesi che Dio li disperda tutti?
Neanche il re porco (Ferdinando II) osò molestare i poeti del nostro ceto.
E ora che c’è Garibaldi vorrebbero proibircelo?... E dicono che c’è la libertà. C’è la libertà di assassinare il povero. Dicono che sono cessati gli abusi, gli abusi sono cresciuti cento volte di più e per coronamento dell’opera, si pretenderebbe che il poeta non potesse parlare… Mi manderanno in galera , ma come è vero Iddio parlerò quanto San Paolo”. 

            Dunque, era nei fatti che, persino sotto  il vituperato Borbone, esistesse una poesia dei bisogni - primari - libera di esprimersi; una poesia che non si preoccupava di mediare l’urgenza del dire e del denunciare con le buone maniere del convenuto decoro sociale, una poesia ribellista, eslege, scombinatrice  dei giochi di società, utopista, se si vuole, intaccata nel suo slancio da un eccessivo ottimismo palingenetico somigliante a tratti, nella furia di aggiustare o sfasciare tutto perché tutto non andava, ad una furia adolescenziale.  

            Nel Novecento, per le mutate condizioni politiche, economiche, sociali, non ci sarà più la figura del “poeta contadino”, epperò quella che era una condizione espressiva socialmente accettata si incarna, anzi, si trasmuta nell’ideologia e nella prassi di un gruppo di intellettuali e di poeti, anzi di un Antigruppo.
            Il movimento letterario così detto fu attivo dalla fine degli Anni ’60 alla fine degli Anni ’80. Nat Scammacca nel 1969 ne fissa in 21 punti la concezione estetica.
Nel 2°  punto si dice: “Non è la forma che crea il capolavoro ma l’atteggiamento del poeta stesso”, laddove per atteggiamento, esplicita Lucio Zinna, “si intende la posizione contestataria assunta da parte di un individuo”.
I poeti dell’Antigruppo contestavano il potere sotto ogni sua forma non ultimo il potere culturale, le camarille, le consorterie, i letterati distaccati dalla realtà con il loro linguaggio esangue e lambiccato. Emarginali ovvero ai margini del potere editoriale, giornalistico, accademico, venivano sistematicamente emarginati; i fogli ciclostilati divennero mezzo e simbolo di resistenza culturale. 

Crescenzio Cane, il poeta della “bomba proletaria” e della “sicilitudine” - è suo e non di Sciascia, come pappagallescamente si vien ripetendo, il neologismo coniato sulla falsariga della négritude di Léopold Sédar Senghor, - nella prima metà degli Anni Settanta si scagliava contro “la piaga cronica degli intellettuali siciliani” per avere perso il contatto con le masse e la base popolare.

Nat Scammacca propugnava l’etica populista foriera di cambiamenti e impeti rivoluzionari. Per avvicinarsi alla base popolare bisognava privilegiare il contenuto, i bisogni veri, e veicolarlo con immediatezza, con il linguaggio della gente comune, del proletariato, nelle piazze, nelle scuole, nelle fabbriche.
            Comunicabilità e oralità erano gli aspetti salienti dell’anima populista dell’Antigruppo rappresentata da Scammacca, dal marxista-leninista e a suo modo francescano  Crescenzio Cane, da Santo Calì che si arrocca strategicamente nel dialetto di Giardini Naxos, da Rolando Certa autore della raccolta Sicilia pecora sgozzata, da Gianni Diecidue, Carmelo Pirrera, Ignazio Apolloni, Pietro Terminelli ed altri.
Anche se non appartenente programmaticamente all’Antigruppo, alla sua poetica e alle sue pratiche possiamo associare Ignazio Buttitta. Il poeta in Piazza si intitola emblematicamente un suo libro e, sulla copertina di un altro, Ferdinando Scianna lo ritrae mentre arringa braccianti e iurnatàra in aperta campagna. E si potrebbero aggiungere il non siciliano Danilo Dolci con la sua sicilianissima raccolta Limone lunare. Poema per la radio dei poveri cristi e la denuncia senza rabbia di Mario Farinella. Ma più che stilare faziosi o difettosi elenchi di nomi si  vogliono suggerire criteri per individuare e accomunare ricorrenti caratteri poetici.

Opposta ai poeti e alla poetica dell’Antigruppo è la poesia che possiamo definire “dei signori”, per palati fini, tutta prelibatezze linguistiche e rarefazioni mentali, la cui genesi è da ricercare in una corte reale, quella di Federico II, perpetuatasi nei secoli seguenti sotto cangianti forme fino a travalicare il Novecento…
                                                                                                       
                                                                                            



2 commenti:

  1. Mi fa piacere rileggere questo lucido scritto. Passo il link anche a Nina Scammacca e a Glenda.

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  2. Riporto da facebook il commento di Salvatore Salamone, che ringrazio per l'attenzione:
    Caro Piero Carbone, mi piace molto e condivido questo tuo ricordo di Nat Scammacca, il nostro grande amico poeta americano, ci manca tanto la sua voce e la sua poesia populista e anarchica, non faremo mai abbastanza per ricompensarlo del grande amore che ci ha dato. Un abbraccio Turi

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