lunedì 1 ottobre 2012

LA PIAZZETTA E LE NUOVE AGORÀ





Per socializzare le idee ora c’è la rete, ci sono i blog, una volta c’era la carta stampata. Anche nei piccoli paesi. A Racalmuto nel 1988 nasceva il foglio l’Agorà “periodico indipendente d’opinione e proposta”, era il prolungamento cartaceo di un luogo reale, la Piazzetta, destinato agli incontri, alle discussioni. 
Dopo due numeri “unici” in attesa di registrazione, mai avvenuta, il giornale non verrà più pubblicato, non per questo è venuta meno la voglia di discutere,  giornali o semplici “fogli” laici e parrocchiali erano stati creati prima e altri sono venuti dopo: meriterebbero una approfondita ricognizione storica. 
Né, sia detto per inciso, la fortuna e la longevità di un giornale sono da commisurare alla validità, alla dinamicità o alla coerenza di chi vi scrive.

La nascita di un giornale grande o piccolo che sia è sempre un avvenimento, un fatto socialmente rilevante in quanto espressione di un gruppo e rivela voglia di specchiarsi, immortalare episodi, criticare comportamenti, cambiare il mondo. Sempre mal visto dal potere, chissà perché. 
Ero ancora adolescente quando su un foglio parrocchiale, dal titolo che non ricordo, fu pubblicata una vignetta dove, dietro l’urna del venerdì santo, il corteo era aperto da un uomo con una bottiglia in mano. Si sa che in testa ai cortei ci stanno le autorità e tra queste l’immancabile sindaco con la fascia. Si sfiorò un bell’incidente diplomatico tra la chiesa e il municipio poiché il sindaco, benché rappresentato in un rito religioso, vi lesse un’impertinente allusione alla sua sete di… vino; si seppe che gli autori del giornalino vennero tacciati con gli epiteti di “amebe” e “molluschi invertebrati”. 

Non ricordo se ci fossero vignette anticlericali sull’Agorà, visto che il giornale era espressione di un gruppo libertario e sinistrorso, ma trasudava sincero amore per il paese in tutti i suoi aspetti, voglia di cambiamento, e in nome di tale amore e di tale voglia era aperto ai contributi di tutti.  Anche a  me a suo tempo è stato chiesto di collaborare; in ideale collegamento con la Piazzetta e con l’Agorà, voglio riproporre su un blog, tramite Internet, una testimonianza di ciò che siamo stati. 

Gli articoli di un giornale o i post di un blog non cambiano il mondo, ma rivelano come noi ci poniamo dinanzi ai fatti e ai problemi che esso ci apparecchia e lasciano traccia dei cambiamenti di realtà che si trasformano o a volte non ci sono più. L’articolo del 1988 che segue vuole esserne un esempio:






 In un giornale di informazione e di dibattito, intitolato al luogo simbolo dell’antica Grecia, all’agorà, mi pare molto pertinente rievocare un altro luogo simbolo della Racalmuto antica. Penso alla Piazzetta, anzi all’ex Piazzetta, meritevole di un elogio (funebre).
            Per meglio accogliere il richiamo, si ricordi ciò che era e ciò che rappresentava l’agorà presso i Greci: era la piazza centrale della pòlis, luogo di riunione e di mercato. Era l’università e il parlamento. Era il simbolo della stessa democrazia.

            Un ruolo così elevato e polivalente non aveva la nostra Piazzetta, ma sicuramente nella topografia paesana costituiva un preciso punto di riferimento. – Dove ci vediamo? – si domandavano reciprocamente gli amici che si lasciavano la sera per ritrovarsi l’indomani. La risposta era implicita: – Alla Piazzetta!

            Oggi, la consuetudine è andata in disuso perché lo spiazzo racchiuso tra l’ex fondaco di “Mennu”, il fabbricato detto il palazzo di “Gammiglieddra”, il piede di via sant’Anna e gli archi di via Rossini e di via Bellini, è stato occupato – ché di occupazione si tratta – da una fontana.
            Il “monumento” potrebbe sopportarsi alla vista se non fosse fuori posto, se non sorgesse nello spazio che era e rimane, idealmente e nel ricordo, quello della Piazzetta.
            Esteticamente mediocre, la moderna fontana, con getto d’acqua a corrente alternata, per poco tempo ravvivata da anitre spaesate fino a quando non sono state involate di notte e notte, la fontana, si diceva, risulta logisticamente inopportuna. Essa ci ha privati, infatti, di uno spazio centrale e capiente. Cosicché, nelle feste, nei comizi e nelle assemblee, la folla intasa il tratto di corso Garibaldi che va dall’ex Piazzetta alla Matrice, assomigliando a un budello strozzato.

               Si ha ragione di credere che l’intenzione degli amministratori, fautori della fontana, fosse buona. Pensavano di abbellire la piazza con zampilli d’acqua, inferriate, papiri sempreverdi e sedili in pietra, ma per fare ciò si è dovuto scalzare la Piazzetta, vanificando in tal modo i buoni propositi.

            Allo stupore iniziale è subentrata, con gli anni, la nostalgia, e direi l’esigenza, dell’antica Piazzetta.
            C’è un detto siciliano, veramente, che sa di congiura contro le piazze in genere, intese come luogo di aggregazione sociale (dove diffidare), ed è questo:

Nta la chiazza e nta la fera,
non si dici bona sera.

Come dire: in piazza ed al mercato, ognuno per i fatti propri. Ma non è così. Alla Piazzetta si pensa con piacere quale luogo di riunione e di incontro. Anzi, corre voce in piazza che si dovrebbe eliminare la fontana, da collocarsi altrove, per ripristinare l’antica Piazzetta e pure gli antichi basoli nel corso Garibaldi.
            Quanto fondata sia questa voce non è dato appurare se non dopo che i fatti seguiranno alle parole. Prendetela, pertanto, come una voce di piazza, che non sempre viene considerata voce di popolo né tantomeno voce di Dio:

Sunaru a Ciccanninu li rintuocchi:
mi parsiru li cuorpi di la morti.
A la Piazzetta comu ci finisci?
Ci misiru la vasca cu li pisci.













Per le cartoline antiche, risalenti agli Anni Dieci del secolo scorso, e le foto più recenti, ringrazio Angelo Cutaia per averle messe a disposizione.
Il post è stato precedentemente pubblicato su:

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