- ▼ aprile (15)
- SULL'ESITO DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DI RACALM...
- RI-SORGI, MIA BELLA RACALMUTO. Auguri al Sindaco n...
- SU CRESCENZIO CANE. Una appassionata testimonianza...
- QUELL'INTUIZIONE MUSICALE PER RACALMUTO ANDATA A V...
- ALTRIMENTI QUELLI... La permuta vincolata della st...
- AUGURI DI BUONA PASQUA
- GLI AGHI DI PINO RENDONO LA VISTA "AIGUË"
- SULLA LIRICA DI GIOVANNI MELI. Intervista di Filom...
- VIENE PRIMA IL CONTENUTO O IL CONTENITORE? L'Orato...
- UN SANTO IN... QUATTRO: SAN VITALE TRA SICILIA, B...
- IL COPERCHIO DELLA POLITICA. Noticina minimina e s...
- SPETTACOLARE TEATRO DEL SOLE RITROVATO A PALERMO. ...
- IL SICILIANO GIUSEPPE BONAVIRI E IL PREMIO NOBEL. ...
- E CHI NON NE HA? I cani di Smaragdos, la pipì e la...
- UNA STRAORDINARIA RISCOPERTA A RACALMUTO, DI GESS...
Blog di Piero Carbone (da Racalmuto, vive a Palermo). Parole e immagini in "fricassea". Con qualche link. Sicilincónie. Sicilinconìe. Passeggiate tra le stelle. Letture tematiche, tramite i tags. Materiali propri, ©piero carbone, o di amici ospiti indicati di volta in volta. Non è una testata giornalistica. Regola: se si riportano materiali del blog, citare sempre la fonte con relativo link. Contatti: a.pensamenti@virgilio.it Commenti (non anonimi). Grazie
martedì 30 aprile 2019
lunedì 29 aprile 2019
SULL'ESITO DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DI RACALMUTO. Commento su commento, per scongiurare la commentite
P.S. Concludere in modo sbarazzino e "sgherzoso" cotanta analisi citando in coda il poeta satirico, "un altro vincitore" tra i vincitori della campagna elettorale, sembra un espediente stilistico per distrarre più che una conclusione ragionata e utile per il paese.
N. B.
Per sostanziare di fatti, comportamenti e ragionamenti il mio commento sul commento o controcommento scorra, se ne ha vaghezza, i vari Post di questo Blog attraverso i tags
ph ©piero carbone
RI-SORGI, MIA BELLA RACALMUTO. Auguri al Sindaco neoeletto e a tutti i consiglieri perché cooperino per la stessa causa, nella doverosa diversità dei ruoli
Auguri al neosindaco Vincenzo Maniglia
alla sua squadra di assessori e collaboratori
ai consiglieri della maggioranza
ai consiglieri della minoranza
ai cittadini tutti, eletti e non eletti, vicini e lontani,
con una sineddoche
ovvero
la voce di Luigi Infantino
e le parole del Conte nel Barbiere di Siviglia:
"Ecco ridente in cielo
spunta la bella aurora,
e tu non sorgi ancora
e puoi dormir così?
Sorgi, mia bella speme,
vieni, bell'idol mio..."
Atto Primo, Scena Prima
...e con il proposito di Nicolò Tinebra Martorana
La sineddoche (pronunciato sinèddoche, dal greco «συνεκδοχή» attraverso il latino «synecdŏche», in italiano «comprendere insieme»[1]) è un procedimento linguistico-espressivo, secondo la linguistica moderna, o una figura retorica, secondo la retorica classicistica.
...indica:
- la parte per il tutto: "tetti" al posto di "case", "scafo" al posto di "nave", "Inghilterra" al posto di "Regno Unito", "Olanda" al posto di "Paesi Bassi", "inglese" al posto di "britannico", "Monte Carlo" al posto di "Monaco",
- il tutto per la parte: "America" al posto di "Stati Uniti d'America", "americano" al posto di "statunitense", cappotto di "renna", ovvero fatto con la pelle della renna;
- il genere per la specie: "il felino" per "il gatto", "la belva lo azzannò" per "il leone lo azzannò";
- la specie per il genere: "i grandi gatti" (big cats) per i felini come il leone o la tigre;
- il singolare per il plurale: "l'italiano" all'estero per "gli italiani" all'estero;
- il numero determinato per l'indeterminato ("mille" saluti per "molti" saluti)[3];
- il numero indeterminato per il determinato: il libro ebbe "innumerevoli" ristampe.
In questi ultimi due esempi si ha anche un caso d'iperbole.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
domenica 28 aprile 2019
SU CRESCENZIO CANE. Una appassionata testimonianza critica di Nicola Lo Bianco
Con piacere ripropongo la testimonianza di Nicola Lo Bianco su Crescenzio Cane già pubblicata sul sito dedicato a Nat Scammacca. Crescenzio e Nat, uno di Palermo e l'altro di Trapani, sono stati entrambi membri e artefici in vario modo e in varia misura di quell'esperienza umana e letteraria denominata Antigruppo che, per il ruolo a suo tempo svolto e per gli stimoli che ha saputo lanciare, meriterebbe una maggiore attenzione critica da parte degli studiosi e dell'accademia. Intanto, Glenn Scammacca a Trapani e Nicola Lo Bianco a Palermo, ne mantengono viva la memoria. P. C.
CRESCENZIO CANE
O DELLA NOSTRA UMANA DIGNITA’
“Se senti due pietre muoversi
è il cuore di Palermo
che respira aria di rabbia.
Se ti parlo di rivoluzione
oggi negli occhi si scontrano
tutti i problemi del mondo e
il cuore di Palermo va a pezzi.
Crescenzio Cane, l’amico, il poeta, il pittore, il combattente, lo scontroso, il diffidente, il polemico, l’ arrabbiato Crescenzio, il poeta dell’Antigruppo siciliano, l’autore della “sicilitudine”, non è più tra noi:è morto giovedì 13 dicembre 2012, in polemica pure con la morte.
Era nato a Palermo il 25 settembre 1930.
Resta che la poesia, la pittura, gli scritti in prosa di Crescenzio Cane, sono un frammento vivo della storia di questa città, di Palermo, e della Sicilia, e, attraverso di essa ed esemplarmente, del Sud nostro e altrui: dovunque c’è un Sud nel mondo questa storia gli appartiene.
La storia non Ufficiale, si capisce, omissiva e bugiarda, ma quella della periferia, poco visibile ed oggi più che mai oscurata, la storia degli emarginati e degli oppressi, quella dei poveri di fronte alla storia dei ricchi, quella di chi in definitiva la subisce la storia e alla fine ne paga il conto totale.
A partire dal dopoguerra la vicenda umana e poetica di questo nostro scrittore s’intrinseca con i grandi eventi che mutano la fisionomia del paese: la fame e la miseria, l’emigrazione, le grandi lotte popolari degli anni ’60 e ’70, la “mutazione antropologica”, l’indecenza degli anni ’80, la depravazione economica politica ed intellettuale degli ultimi venti anni.
I titoli delle sue principali pubblicazioni possono dare un’idea del percorso letterario, radicato in una precisa realtà e coerente alle scelte esistenziali dell’uomo: dal racconto-saggio “La sicilitudine” (’59) (termine coniato dal Nostro e non da Sciascia come erroneamente si crede e si scrive) a “La radice del Sud” (’60), dai “Papiri” (’65) a “Edicola concreta” (’68); e poi “La freccia contro il carrarmato” (’71), “La bomba proletaria” (’74), “Il cuore di Palermo” (’80), “Lettera alla Libertà” (’85), “La memoria collettiva” (’87), i racconti de “La strada di casa”, le poesie de “I miei ultimi settantanni” …
Coerenza e fermezza ideologica ( ideologia come trama di pensiero e punto di vista sociale, non come bieco ideologismo, per favore) che nel tempo probabilmente gli hanno nociuto.
Crescenzio era ed ha vissuto da proletario, aveva quattro figli, un modesto stipendio, viveva in una casa popolare a Borgonuovo Sud.
E’ stato, dal punto di vista delle scelte culturali, un autodidatta, lontano e alieno da fisime e combriccole letterarie, non faceva professione di letterato.
Per volontà sua propria, o per diffidenza dell’ambiente culturale, o per incompatibilità con il clima politico in atto, non so, da alcuni anni Crescenzio si era isolato.
Eppure la sua poesia e la sua pittura sono state accompagnate da contributi critici di notevole spessore: Barberi Squarotti, Davico Bonino, Zavattini, Sciascia, Anceschi, Buttitta, La Duca, Manescalchi, …
Per tutti valga la sintesi critica che trovo in un giudizio di G.Zagarrio:
<…la poesia di Crescenzio Cane si impone per la sua capacità di tradurre il dramma esistenziale e storico che stiamo vivendo.>.
L’ho scritto altre volte ed in contrasto con alcune interpretazioni, a mio parere, parziali e riduttive: non è l’“ideologia” a promuovere la scrittura di Crescenzio, ma la tensione alla liberazione, al riscatto personale e sociale.E’ la pienezza e la dignità dell’uomo, quando e dovunque venga calpestata, ad accendere l’irrefrenabile impulso a tradurre poeticamente la rivolta dei sentimenti e il suo tormentato pensare.
Un modo forse per esorcizzare, per trovare un centro di gravità nel disordine di questo mondo, in ogni caso scrivere per Crescenzio non è un composè di parole fiorite, ma un’emergenza esistenziale e stilistica: . (“Viaggio intorno ai miei scritti”)
L’“impresa” del sapere si fa cosciente e determinata, scrivere .
Ma è anche un cruccio .Un “cruccio” che è poi la forza esplodente della sua poesia
Nel poeta Crescenzio aCane non c’è alcuna intenzione di formalizzare la vita, non c’è il perseguimento del “quoziente estetico”.
Egli vorrebbe anzi negarsi alla scrittura perché sa, appunto, che “non serve”; ma non può, pena il rinnegamento di se stesso e della classe sociale cui corporalmente appartiene.
Ciò che lo arrovella sta prima e dopo la parola scritta: il concreto della vita che è “emergenza” e perciò la scrittura non può che essere anch’essa “emergenza”.Assistiamo così al fascinoso paradosso di un linguaggio che si pone al limite tra il silenzio dell’oblio e la dirompenza dell’azione.
Tra il “silenzio” e l’“azione” rimane sospesa e inappagata l’aspirazione a un mondo liberato dall’ingiustizia e dalla protervia.
Scrivere è, perciò, un canto al “grande amore perduto” che si converte in un rifiuto radicale di tutto ciò che ostacola la presenza e la dignità cui aspira il cosiddetto “mondo basso”.
Per questa via l’opera di C. recupera il campo della letteratura, e la diffidenza verso le forme che armonizzano le fratture della vita cade in subordine, sopraffatta da risultati poetici di straordinaria energia e impetuosa bellezza.
Forte impatto emotivo, eloquio appassionato, vivezza narrativa, sono i segni evidenti di una scelta stilistica conforme alla materia ed alle intenzioni dello scrittore: un andamento discorsivo affidato ai modi del linguaggio orale.Dove vale non la forbitezza del linguaggio e la normativa grammaticale, ma la pregnanza espressiva, la prosodia dell’enunciato, capaci di trasmettere molto di più di quanto non dica la nuda parola.
Non ci resta che ribadire il senso che Crescenzio Cane ha inteso dare alla sua attività di poeta e di pittore , la matrice umana e tematica di quanto C. ha scritto nell’arco di un quarantennio.E tanto ci lascia in eredità.
< L’innominato potere occulto oggi comanda il Paese>, l’ “emergenza” continua, suoni l’allarme contro chi attenta alla , perché il grembo di cui si nutre il fascismo (con o senza l’orbace) è ancora troppo fecondo.
NICOLA LO BIANCO
giovedì 25 aprile 2019
QUELL'INTUIZIONE MUSICALE PER RACALMUTO ANDATA A VUOTO. Un articolo ripescato del 1988
Per una strana coincidenza mi è venuto tra le mani nella mattinata di ieri e a mezzogiorno, sceso in Piazza per l'aperitivo, incontro amici e il maestro Domenico Mannella che tanto si è prodigato per la promozione musicale nel territorio agrigentino, anche a Ribera e ad Agrigento, e, conversando amabilmente, faceva notare ad alcuni candidati lì presenti che nessun sindaco nei vari comizi programmatici aveva pronunciato la parola "musica".
Mi è sovvenuto dell'articolo che avevo rinvenuto in mattinata. E' del 1988: vi sono diverse testimonianze tra le quali quelle dello stesso Domenico Mannella e del direttore del Conservatorio "Vincenzo Bellini" che allora andai a intervistare a Palermo.
Quello che hanno realizzato in campo musicale, seppure, in diverso modo e in diversa misura, i comuni agrigentini di Ribera e Bivona, rappresentava una bella intuizione anche per Racalmuto, ancor prima di Ribera. Intuizione andata a vuoto però.
Il tempo ha dato ragione, ma è una scarsa consolazione perché rimane una ragione a perdere per la collettività.
La vera programmazione culturale e politica dovrebbe essere sul tempo e non schiacciata in maniera piccina e miope sul presente o su se stessi e viciniori. Non c'è politica o comizio che tenga.
La tristezza del bilancio recente, non solo nel campo musicale, politico e non politico, la dice lunga.
"Malgrado tutto", marzo 1988 |
Ribera
https://www.istitutotoscanini.it/storia-dell-istituzione.html |
Bivona
https://www.acmbivona.it/scuola-di-musica-g-lo-nigro/ |
Ieri in Piazza con Domenico Mannella e Nicolino Marchese, presidente del Circolo di Cultura |
lunedì 22 aprile 2019
ALTRIMENTI QUELLI... La permuta vincolata della statua di San Michele per una botte di vino, tra menfitani e santamargaritesi
Altrimenti quelli...
L’Angelo precede e annuncia l’Incontro. Ogni anno per Pasqua. Sempre. Per sempre. Dopo varie rincorse, finalmente la Madonna incontra il Cristo Risorto.
Se l’Incontro, per qualsiasi motivo, un anno, la domenica di Pasqua, non dovesse avvenire, la statua ritornerebbe nella patria originaria: questa la condizione dei santamargaritesi nel cedere la statua dell’arcangelo san Michele ai menfitani in cambio di una botte di vino, tanto e tanto tempo fa. Così fu. Così si tramanda.
Privilegio con spada di Damocle.
Per questo onore e con questo timore, il tradizionale Incontro (o Scuontru) è avvenuto anche nell’anno in cui ci fu il terremoto. E ogni anno così dev'essere, dicono ancora gli anziani, anche nelle condizioni più avverse, anche se dovesse esserci la neve, anche se la pioggia dovesse cadere dalle cateratte del cielo pisuli pisuli.
Insomma, viva San Michele Arcangelo l'Annunziatore. La banda suona, i tamburi rullano e il prete benedice.
domenica 21 aprile 2019
venerdì 19 aprile 2019
GLI AGHI DI PINO RENDONO LA VISTA "AIGUË"
Il pino
il paese
il Castelluccio.
Vallate.
Verde.
Forme.
Lontananze.
Vicinanze.
Cielo.
Gli aghi di pino rendono la vista acuta
ph ©piero carbone (aprile 2019)
martedì 16 aprile 2019
SULLA LIRICA DI GIOVANNI MELI. Intervista di Filomena Fuduli Sorrentino al curatore Gaetano Cipolla
Col consenso dell'autrice Filomena Fuduli Sorrentino pubblico l'intervista al prof. Gaetano Cipolla in occasione della pubblicazione del primo volume delle liriche di Giovanni MELI da lui curato.
Giovanni Meli, il poeta siciliano ispirato dalle donne, tradotto da Gaetano Cipolla
Intervista con il "sicilianista" autore di un nuovo volume sul famoso poeta-medico palermitano del XVIII secolo così sensibile alla bellezza femminile
.
https://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2018/12/07/giovanni-meli-il-poeta-siciliano-ispirato-dalle-donne-tradotto-da-gaetano-cipolla/?fbclid=IwAR3vKJSHJ24Ssgc4UwQzQe7y6dL8sVPUNGTJNEPaa5yDwG8_SBAzKl_AnuM
Gaetano Cipolla, Professore alla St. John's University di New York e profondo conoscitore della lingua siciliana, ci parla della poesia di Giovanni Meli, anche quella erotica: "“Lu labbru” fa parte di una serie di odi erotico-galanti scritte dal Meli per donne dell’aristocrazia palermitana con la quale venne a contatto esercitando la professione di medico. Si tratta di poesie erotiche di straordinaria leggerezza nelle quali Meli celebra la bellezza femminile, posandosi ora su “La vuci”, ora su “L’occhi”, “L’alito”, “lu pettu”, “Li capiddi” “lu neu”... Ma ci sono anche odi che riguardano temi sociali, in cui Meli condanna l’avarizia, le illusioni, la perversione degli uomini che non vivono secondo i consigli della natura..."
Sappiamo benissimo che la poesia siciliana ha ispirato illustri poeti del passato a scegliere di scrivere in italiano invece del latino, ma poco sappiamo di quanto la lingua siciliana sia ancora oggi un’ispirazione per molti scrittori siciliani e stranieri contemporanei. Su questo tema abbiamo intervistato un esperto appassionato della lingua siciliana, il professore Gaetano Cipolla, autore di numerosi libri in lingua siciliana, tra i quali ricordiamo “Learn Sicilian”, “Siciliana – Studies on the Sicilian Ethos and Literature” della collana Studi Siciliani, pubblicata da Legas. Il professor Cipolla non solo scrive in siciliano, ma traduce opere dal siciliano all’inglese; ha tradotto infatti in inglese molte opere di Giovanni Meli. Nel mese di settembre ha pubblicato un’edizione critica de La lirica di Giovanni Meli, per i tipi di Nuova Ipsa, Palermo. Un progetto ambiziosodedicato alla lirica del celebre poeta palermitano che contiene una ricca collezione di Odi, Sonetti, e Canzonette scritte in siciliano e tradotte in italiano per far conoscere il poeta palermitano e la lingua siciliana.
Giovanni Meli (Palermo, 6 marzo 1740 – Palermo, 20 dicembre 1815) fu un poeta e drammaturgo palermitano, il più famoso tra i poeti siciliani del suo periodo. Per il suo modo di vestire da prete venne chiamato Abate Meli, anche se non ricevette gli ordini sacerdotali. L’Abate Meli fu anche scienziato, medico, letterato, linguista, e anche commentatore critico della politica contemporanea. Un grande poeta che usò la lingua siciliana con orgoglio. Durante la sua vita esercitò la professione di medico, ma divenne famoso per le sue opere letterarie, le quali lo portarono a essere conteso dalle dame dell’aristocrazia palermitana. Meli era molto sensibile alla bellezza femminile ed ebbe vari amori che cantò nelle sue Odi e nelle sue Canzonette. In seguito, Meli fu imitato da altri poeti come Goethe, Leopardi, Foscolo e altri prosatori dialettali siciliani, e le sue opere furono tradotte in latino, greco, inglese, e francese.
Professore Cipolla, come è nato il suo amore per la poesia siciliana e la lingua siciliana?
“È difficile isolare la scintilla che mi ha spinto a dedicare una buona parte della mia carriera alla promozione della lingua e della cultura siciliane. È stato un avvicinamento graduale iniziato alla NYU quando mi fu chiesto di recitare qualche poesia in siciliano. Ricordo di aver letto due poesie di Giovanni Meli. L’esperienza mi insegnò che la vera poesia è quella che produce i brividi in noi. E questo accade principalmente nella lingua “addutata dî patri” direbbe Ignazio Buttitta, cioè la lingua che si impara da bambini. Quella sera recitai “L’occhi” del Meli che comincia con “Ucchiuzzi niuri, si taliati /faciti cadiri /casi e citati”. Quell’“ucchiuzzi niuri”, tradotto in italiano non mi fa nessun effetto, mentre in siciliano evoca emozioni e ricordi sopiti, induce epifanie, entra nell’animo in maniera diretta e immediata, direi viscerale. Devo dire che pur avendo conseguito il Ph.D. in letteratura italiana sapevo ben poco sulla letteratura in siciliano. Avevo già raggiunto il rango di Associate Professor alla St. John’s University quando ho cominciato seriamene a dedicarmi allo studio della cultura siciliana. Nel 1987 fui eletto presidente di Arba Sicula che, come Lei sa, promuove la lingua e la cultura siciliane nel mondo, un lavoro che continuo ancora oggi”.
Lei ha tradotto in inglese molte opere di Giovanni Meli, L’origini di lu munnu, il Don Chisciotti e Sanciu Panza, le Favole Morali, la Lirica, un lavoro che l’ha impegnato per anni. Il motivo di questa sua scelta?
“Ho fondato una collana per Legas intitolata “Pueti di Arba Sicula” che finora ha pubblicato 17 volumi in formato bilingue (Siciliano/Inglese) per far conoscere i poeti siciliani nel mondo perché sono convinto che essi sono i migliori ambasciatori di un popolo. Le opere di Giovanni Meli fanno parte di questa collana perché Meli è non solo il più grande poeta siciliano ma anche perché ha saputo esprimere nelle sue opere l’essenza dello spirito dei Siciliani. Mel, come disse Giuseppe Pitrè, “fu la più perfetta incarnazione delle idee e aspirazioni dell’alto e medio ceto del secolo XVIII, e anche il più schietto pittore dei costumi del tempo…che deplora le miserie dei tempi”. Nelle sue opere esprime il contrasto permanente nel suo spirito tra idealismo e scetticismo. Il suo Don Chisciotti e Sanciu Panza è in effetti una proiezione del dilemma in cui si dibatte l’autore. Egli incarna l’idealismo di Don Chisciotti che auspica un mondo migliore per i poveri siciliani, che scolpisce su di un tronco le sue idee per una più equa distribuzione delle ricchezze, su una migliore applicazione della giustizia, sulla pace universale, ma incarna anche lo scetticismo di Sanciu Panza che crede solo a ciò che può toccare con le mani, che sa per esperienza che lo status quo siciliano non cambierà. Il contrasto tra le due tendenze dello spirito meliano è alla fine vinto da Sanciu che è il vero protagonista del poema, non Don Chisciotti, le cui sante idee vengono ridicolizzate dallo scudiero come deliri di un folle. Sanciu scrive l’epitaffio del padrone dicendo:
La cinniri ch’è sutta sta balataFu spogghia d’un eroi di desideriu;chi mai sappi cunsari na nzalata,non ostanti pritisi in tonu seriudi cunsari lu munnu…
Nell’aldilà Don Chisciotti per le sue follie viene condannato a raccogliere il vento con una rete per sei mesi e stare per le sue sante idee nei Campi Elisi per gli altri sei, mentre Sanciu guadagna un posto tra i filosofi”.
Nel mese di settembre ha pubblicato un’edizione critica de La lirica di Giovanni Meli per i tipi di Nuova Ipsa, Palermo. A quanto ho capito, fa parte di un progetto ambizioso iniziato qualche anno fa.
“Sì, fa parte di un progetto assai ambizioso che ha come obiettivo la pubblicazione di tutto quanto scrisse Meli durante la sua lunga carriera, inclusi anche gli scritti scientifici. Meli oltre ad aver esercitato la professione di medico, fu anche scienziato. Infatti, fu il primo professore di chimica allo studio di Palermo prima che diventasse università. Il piano prevede undici volumi. Finora sono apparsi solo i primi cinque volumi. A me è stata assegnata La Lirica da pubblicare in tre volumi. Questo è il primo e include 46 Odi, 16 sonetti e 7 Canzonette. L’editore generale, il prof. Salvo Zarcone, è morto recentemente ma si spera di poter continuare il progetto, nato peraltro dal bisogno di offrire una valutazione più corretta della figura del poeta tenendo conto dei novi studi sul periodo in cui visse.
La più famosa delle Odi di Meli, “Lu labbru”, che lei ha incluso nel suo libro, dimostra la finissima galanteria di Meli e trasmette un coinvolgimento erotico. Quali altre delle sue Odi trasmettono lo stesso coinvolgimento erotico?
“Lu labbru” fa parte di una serie di odi erotico-galanti scritte dal Meli per donne dell’aristocrazia palermitana con la quale venne a contatto esercitando la professione di medico. Si tratta di poesie erotiche di straordinaria leggerezza nelle quali Meli celebra la bellezza femminile, posandosi ora su “La vuci”, ora su “L’occhi”, “L’alito”, “lu pettu”, “Li capiddi” “lu neu”, ecc. senza mai uscire dai limiti del buon gusto. Giorgio Santangelo che ha curato Le Opere, dice che Meli “non scivola mai nella grossolana passionalità o nella licenziosità: egli ha saputo creare versi intensi di tenerezza e di sensualità, sorridenti e maliziosi ma che sono ad un tempo, fra i più casti della poesia arcadica.” Devo dire comunque che Meli sapeva scrivere versi assai più spinti, non tanto diversi da quelli del suo contemporaneo poeta catanese Domenico Tempo. Solo che non li pubblicò in vita.
Lei ha tradotto queste poesie in inglese, una cosa ovviamente non facile. Potrebbe darci un esempio?
Eccole un piccolo capolavoro: “La vucca”.
LA VUCCASsi capiddi e biundi trizzisù jardini di biddizzi,cussì vaghi, cussì rari,chi li pari nun ci sù.Ma la vucca cu li finisoi dintuzzi alabastrini,trizzi d’oru, chi abbagghiati,perdonati, è bedda chiù:Nun lu negu, amati gigghia,siti beddi a meravigghia;siti beddi a signu talichi l’uguali nun ci sù.Ma la vucca ’nzuccarataquannu parra, quannu ciata,gigghia beddi, gigghia amati,perdonati, è bedda chiù.Occhi, in vui fa pompa Amuridi l’immensu so valuri,vostri moti, vostri sguardiciammi e dardi d’iddu sù.Ma la vucca, quannu ducis apri, e modula la vuci,occhi… Ah vui mi taliati!…Pirdunati, ’un parru chiù.The MouthOh, those braids of golden hairare a garden sweet and fair;they’re so beauteous and rarenone comparison will dare.But the mouth with eburnine,pearly teeth so neat, so fine,Golden Braids that all outshine,please don’t mind, ’tis more divine.My dear brows, I can’t denyyou’re as lovely as the sky,you’re so lovely to the eye,all who see you simply sigh.But the mouth’s a sugar beetwhen she opens it to greet,lovely brows that love entreat,please forgive me, ’tis more sweet.Love has chosen you, dear eyes,just to flaunt his greatest prize.All your actions, all your sighsrepresent his flames, his guise.But the mouth I so adorewhen her words begin to pour.Lovely eyes, why do you stare?Please forbear … I’ll say no more.
Quali altri tempi esplora il poeta nelle Odi?
“Nel “Viaggiu retrogradu,” che è la prima ode che serve come introduzione al resto, il genio di Meli fa un viaggio immaginario a visitare i geni del passato e incontra cinque poeti che possiamo considerare come dichiarazioni del gusto e delle preferenze dell’autore, etichette utile per definire lo stile del Meli. I poeti antichi sono Pindaro, Saffo, Anacreonte, Teocrito e Dafni. I più importanti sono Anacreonte che cantò le gioie della vita, il brio, l’amore, il vino, e Teocrito, il poeta siracusano padre della poesia bucolica con la quale è collegato anche Dafni il pastore siciliano istruito dal dio Pan. Meli, come sappiamo fu chiamato il nuovo Anacreonte ed egli stesso si dichiara l’erede di Teocrito in un sonetto posto all’inizio di una delle sue opere più famose, la Buccolica. I temi connessi con questi poeti dominano le Odi. Ma ci sono anche odi che riguardano temi sociali, engagè, in cui Meli condanna l’avarizia, le illusioni, la perversione degli uomini che non vivono secondo i consigli della natura, la mancanza della pace e della tranquillità che furono per lui due qualità essenziali”.
Perché questo poeta del 700, Giovanni Meli, era nominato il più moderno dei siciliani?
“Meli faceva parte di un gruppo di persone progressiste che erano all’avanguardia a Palermo. Apparteneva alla massoneria internazionale e credeva nei suoi ideali umanitari. Si era formato durante l’illuminismo, Con le sue Favuli morali voleva promuovere un mondo razionale laico educando le masse secondo i nuovi principi scientifici. Voleva promuovere l’agricoltura in Sicilia seguendo le dottrine fisiocratiche secondo le quali l’unica vera ricchezza dell’uomo era la terra e che per migliorare le condizioni di vita dei Siciliani bisognava sviluppare un sistema più appropriato per far crescere la sua produttività. Meli comunque fu anche conservatore dal punto di vista politico. Non apprezzò Napoleone e la Rivoluzione Francese. Ma fu certamente un contestatore, un uomo dell’opposizione. Fu sempre della parte dei poveri e dei deboli. Pur dovendo frequentare i ricchi e nobili per poter sopravvivere non ebbe mai grande stima di loro. Avversione e necessità sono i due poli che delimitano la saggezza meliana. Se da un lato la sua formazione di scienziato e filosofo ancorato alla realtà e all’osservazione empirica gli ispirava avversione per quella superficiale e gaudente società aristocratica palermitana, dall’altro non poteva fare a meno di frequentarla perché la sua professione e la sua sopravvivenza dipendevano proprio da quella società; se il suo occhio di scienziato guardava con profonda avversione le ingiustizie sociali che affliggevano la Sicilia, non poteva sfogare i suoi sentimenti in maniera libera a causa della censura, delle inevitabili ripercussioni politiche ed economiche che si sarebbero abbattute su di lui; se il suo spirito si ribellava davanti ai soprusi, all’incompetenza e all’immoralità di certe azioni politiche doveva necessariamente dissimulare i suoi sentimenti, camuffandoli con le allegorie, con la finzione poetica, con le favole di cui sono protagonisti gli animali. Doveva presentarle come verità promulgate da bizzarri come Don Chisciotti o da animali, oppure come immaginati nel sogno, o non pubblicarle affatto pur condividendo i suoi veri pensieri con amici fidati e lasciandoli come documenti per i lettori futuri sulle sue carte manoscritte.
Meli non amò la rivoluzione ma fu certamente un rivoluzionario a modo suo. Le sue Favole morali sono una chiara e innegabile accusa contro i vizi e le ingiustizie del mondo”.
FILOMENA FUDULI SORRENTINO
Calabrese e appassionata per l’insegnamento delle lingue, dal 1983 vivo nel Long Island, NY. Laureata alla SUNY con un AAS e in lingue alla NYU con un BS e un MA, sono abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento K-12 in italiano, ESL e spagnolo. Insegno dal 2003 lingua e cultura italiane nelle università come adjunct professor e come docente di ruolo in una scuola media del Newburgh ECSD. Nel mio tempo libero amo scrivere, leggere, cucinare, ascoltare musica, viaggiare, visitare i centri storici (soprattuto italiani) e creare cose nuove. Tra le mie passioni ci sono la moda, il mare e la natura.