domenica 30 novembre 2014

GRAZIE AI FICHI!




Le 6572 ettare del territorio racalmutese si estendono, a detta degli storici, su una superficie “a forma di una grande foglia di fico”; ma i fichi a cui faccio riferimento, sempre a proposito di storia racalmutese, non sono un’immagine, bensì i gustosi frutti che maturano d’estate.

In particolare, i fichi del Raffo e del Saraceno, due contrade amene di Racalmuto, di cui era ghiotto Alfonso Bencivegna, un emigrante che aveva fatto fortuna all’estero: ogni anno ritornava in paese per rivedere i suoi parenti e farsi memorabili scorpacciate di gelsi e fichi. L’ho conosciuto, siamo diventati amici; molto simpatico. Per farlo felice, lo conducevo almeno un paio di volte nel giardino dei miei zii, in contrada Raffo.


Sotto un albero, «sai - mi ha detto - ho comprato casa». 
Era quella cosiddetta di “Donnarèlio”, don Aurelio Ajola, notaio; una casa signorile con due palme slanciate che ingentilivano il prospetto e intorniata da un ricco giardino; l’avevo sempre guardata con curiosità: era costeggiata da una fila di casette per la servitù. Della “Pantellerisa” sopravviveva ancora il ricordo in paese, la criàta forastiera di colore olivastro che assumeva tabacco.

Mi ci recai subito e varcato il cancelletto in ferro, che era aperto, vidi il vialetto che conduceva al portone d’ingresso disseminato di carte. “Non è possibile!” esclamai, e invece quelle carte, imbrattate di calce e cemento, erano documenti, atti, incartamenti legali, lettere, minutari e imbreviature notarili, pressoché irriconoscibili. Chiestane la ragione ai muratori, risposero che erano cartacce inutili, tutt’al più avevano vi avevano strappato i “franchibulla”, le marche da bollo con la scritta “Regno d’Italia” e i timbri a secco “Regno delle Due Sicilie”.


«Ma queste sono niente», aggiunsero, «proprio stamattina ne abbiamo scaricato un camioncino pieno in campagna».

Mi precipitai nei posti indicati e con avidità, con furia, raccolsi da terra strani frutti di carta stagionata. Alcuni integri, altri malandati e maleodoranti. 

In Il giardino della discordia. Racalmuto nella Sicilia dei Whitaker, Coppola editore 2006





Foto di Lillo Privitera  (San Fratello, estate 2009). Vista dal terrazzino di casa Mangione.

sabato 29 novembre 2014

LA VIA DEL TABACCO E I "FAMOSI UTILI". Da Girgenti a Racalmuto

 Non solo sale e zolfo delle locali miniere, ma anche la coltivazione del tabacco poteva rappresentare un'allettante  prospettiva  economica.
 Ma con quali utili? 
Sarebbe interessante approfondire l'argomento per sapere come è andata a finire.




                                                                                                                             Palermo, 30 maggio 1914

            Carissimo Aurelio,

    ti restituisco la lettera acclusa che non voglio assolutamente accettare in regalo. Alla larga, la lettera mi ha fatto venire il mal di testa. Ma merita una risposta? E perché Inghilleri, che ne fu incaricato dallo Zio e pure assicurato da te, non fece il cenno richiesto al Banco?
 E la richiesta non poteva farsi subordinata alla condizione che non doveva dilazionarsi la stipula? 
Ci sarebbe da dirgliene di tutti i colori.  
E pure pretende una risposta!
            Dirai a Restivo che l’orto S. Francesco trovasi gabellato a Tulumello Francesca fu Gaspare per £ 150 annue sino a fine agosto 1916. lo ha avuto per sei anni e ne farà quattro in agosto 1914.

            Cordiali saluti
                                                          Tuo affmo
                                                          Luigi


            P.S.
            Ieri presentai la domanda al Direttore delle coltivazioni dei Tabacchi, e mi parlò più chiaro dell’amico Mulè. 

Occorre che sulla località stia una famiglia di contadini laboriosi e composta di marito e moglie e almeno due figli (meglio se donne) perché la cultura del tabacco richiede le cure dell’orto. [Vigna e uortu, stacci muortu. Ndr] 

              Anche i nostri terreni si prestano; ma il fattore si può dire principale è l’opera dell’uomo; più e meglio sarà fatta, più rilevante sarà l’utile.

Il Direttore Dr Colomba verrà a Racalmuto e gl’interessa andare ancora di più a Girgenti per mettersi in relazione con la cattedra accad[emic]a di Agricoltura per introdurre la cultura dei tabacchi da sigarette in quei comuni dove è più sicura la riuscita sopratutto per la attitudine degli agricoltori.

Io probabilmente potrò farla al Pupo dove il robettiere presenta le condizioni che non ha quello della Provvidenza. 
Ma la cosa richiede, prima, di essere ben ponderata, perché i famosi utili possono essere o divenire illusori.  

Documento citato in:
   



venerdì 28 novembre 2014

IL SARCOFAGO NON SI TOCCA








Principe di Aragona
(Palermo, 9 novembre 1920)

      Rev.mo
      Sac. Giuseppe Cipolla fu Alfonso
                                           Racalmuto

     le gravi occupazioni e preoccupazioni di questi ultimi anni mi hanno fatto ritardare di chiederle un favore: cosa che faccio ora
      Ella avrà osservato che dentro il castello da lei acquistato si trova un sarcofago di marmo in cui fu seppellito un mio antecessore.
      Ora io, che vado raccogliendo tutto ciò che si riferisce alla mia famiglia, avrei desiderio che mi fosse restituito tale marmo.
       A Lei importa poco averlo, mentre a me interesserebbe ritornarne in possesso.
        Ove Ella per tale restituzione desiderasse qualche compenso io nei limiti del giusto sarei pronto a corrisponderlo. Resta inteso che tutte le spese di rimozione e trasporto sarebbero a mio carico.
      In attesa di leggere una sua formale risposta distintamente la saluto
                                                                                        
                                                                                                                   Principe di Aragona





Minuta della risposta di Padre Cipolla in calce alla lettera:

      Racalmuto 16 Nov: 1920

      Ill. Ed Ecc: Signor Principe

      Mi duole non poterla servire: il Sarcofago fa parte integrante del Castello già dichiarato ufficialmente Monumentale, incorrerei in gravissime pene se lo rimuovessi. 
La Ossequio distintamente e mi dico della Ecc: V. Ill_                                             
                                                                                                          Servo Dev_
                                                                                                          Sac GCipolla


 

giovedì 27 novembre 2014

TANYA E CHARLIE, EREDI DI CARTE E RICORDI

Dopo il post  pubblicato l'altro ieri, 24 novembre, comprendente la cordialissima corrispondenza di Sciascia con l'amico Gino, finora pressoché sconosciuta e che tanto interesse ha destato almeno a giudicare dalle tante visualizzazioni, intervengono i figli di Gino Craparo, Tanya (Puck Puckpuck) e Charlie.

Al di là del valore in sé per il contenuto delle singole lettere, questo trittico epistolare finisce con l'assumere involontariamente ma oggettivamente un particolare significato poiché la "scoperta" e pubblicazione viene a coincidere con la mostra delle lettere inviate a Sciascia da intellettuali e artisti nell'arco di un cinquantennio; la mostra è stata inaugurata il 20 novembre scorso alla Fondazione Sciascia di Racalmuto, in occasione del venticinquesimo anniversario della morte dello scrittore racalmutese e venerdì prossimo sarà ufficialmente visitata dal Presidente del Senato della Repubblica Pietro Grasso.

 http://archivioepensamenti.blogspot.it/2014/11/lu-zi-ginu-caprera-lamico-nana-e-gli.html 

Prossimamente, avremo occasione di presentare lelettere di Sciascia e di Gino Craparo a Palermo, in una conversazione con intellettuali ed estimatori dell'autore di Todo modo.
                                                                                                      Piero Carbone (Palermo)
         



Eccomi, sono Puck Puckpuck alias Tanya Craparo. 
Sono felicissima per lo spunto offerto dal gentilissimo amico Piero Carbone che ha permesso di dare luce al nostro grande scrittore attraverso i documenti che custodisco gelosamente riguardanti la breve corrispondenza tra Leonardo Sciascia e mio padre che non è più tra noi.  
Inoltre, lo ringrazio sia per l’attenzione rivolta allo scrittore che per l’interesse mostrato nei confronti di mio padre il quale non perdeva occasione (e questo Piero non lo sa) per esprimere l’ammirazione che aveva nei confronti di “Pierino” (come egli lo chiamava) per la sua vivacità intellettuale.

Papà ci raccontava spesso con orgoglio di essere stato alunno di “Nanà” durante alcune lezioni private. E parlava di lui con un senso di ossequioso rispetto descrivendo il suo aspetto austero e i suoi silenzi durante i quali scrutava gli sguardi degli altri meditando. Per me e mio fratello, Leonardo Sciascia è stato sempre un punto di riferimento culturale ed un esempio di onestà intellettuale che ha influenzato i nostri corsi di studi.  

Per qualche anno ho fatto parte dell’associazione “Amici di Leonardo Sciascia” nella delegazione di Milano grazie ad un graditissimo regalo di mio zio Salvatore Liotta (anche lui di origine racalmutese e autore di un libro ricco di umanità, storia, storie particolari e valori individuali ed universali) che mi ha iscritto. 
Quindi, sono contenta di avere trovato casualmente ieri l’opportunità di condividere queste testimonianze con tutti coloro che saranno desiderosi di leggerle e con tutti coloro che riconoscono il valore della letteratura e dell’uomo che, attraverso i libri, ha dedicato la sua vita a raccontare con lucida verità la storia di una umanità locale ed universale.



La foto in cui ci sono mio padre e Leonardo Sciascia è stata scattata nel 1978 in occasione di un
viaggio in Sicilia di un mio cugino americano, Joe Picardi, che trovandosi in Italia aveva chiesto
a mio padre di fargli conoscere Nanà poiché lo aveva studiato all'università in America.

Tanya Craparo

Milano, 25 novembre 2014





                                                                                                                  Salerno, 26.11.2014

Caro “Pierino”,

mio papà era orgoglioso dell’amicizia che lo legava a Nanà Sciascia.  

Oltre alla corrispondenza che conserva mia sorella, mi ricordo di quando papà scoprì che ne Le Parrocchie di Regalpetra Sciascia aveva scritto "Avrei voluto vedere Mussolini ma così, incontrarlo senza la banda che suonasse, senza stare in riga. Quel ragazzo che conoscevo, che non si era lavata la faccia per una settimana perché Mussolini, al campeggio, l'aveva baciato, mi disgustava”
Il ragazzo era mio padre, quando da adulto se ne rese conto non gli fece piacere che si ricordasse quell’episodio. Doveva parlarne con lo scrittore.

Quando lo incontrò in paese lo rimbrottò dicendo “Nanà, e c’era bisuognu ca scrivivatu dda cosa di mia…?”, e Sciascia con sguardo sornione gli rispose “Ah, tu eratu?...” senza aggiungere altro.
Rimasero amici per tutta la vita, e continuarono a volersi bene.

Ma ritorniamo a noi.
Ti invio due foto di mio padre che da giovane si dilettava nelle recite teatrali a Racalmuto prima che partisse per l’America, già pubblicate sul gruppo Sali d’Argento.
In una foto, giovanissimo, recita con Rosalia Chiarelli; nell’altra, si trova al centro dell’immagine, e mia mamma riconosce alla sua sinistra Giugiu Di Falco e a destra uno dei fratelli Taverna.
Anche Sciascia partecipava alle rappresentazioni.

Infine, con l’occasione della rilettura delle lettere mi ha incuriosito lo scrittore irlandese Brendan Behan, citato da mio padre. Su Wikipedia trovo che Behan muore nel 1964 per diabete e alcool e, a conferma di quanto affermato da papà, che “Una volta accreditatosi come scrittore di successo non si fece sfuggire l'occasione di presentarsi ubriaco in varie trasmissioni televisive inglesi e americane”.

Ti ringrazio molto per l’attenzione che hai posto sul tuo blog per mio papà Ginu Caprera, come tutti i compaesani lo ricordano, anche se il suo nome all’anagrafe era Carmelo Craparo.

Un caro abbraccio

Charlie Craparo