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Blog di Piero Carbone (da Racalmuto, vive a Palermo). Parole e immagini in "fricassea". Con qualche link. Sicilincónie. Sicilinconìe. Passeggiate tra le stelle. Letture tematiche, tramite i tags. Materiali propri, ©piero carbone, o di amici ospiti indicati di volta in volta. Non è una testata giornalistica. Regola: se si riportano materiali del blog, citare sempre la fonte con relativo link. Contatti: a.pensamenti@virgilio.it Commenti (non anonimi). Grazie
giovedì 28 febbraio 2013
SCIASCIA AL BAR E IL QUATTORDICENNE SAVONA
Un ragazzo quattordicenne scorge in un bar di Palermo il famoso scrittore Leonardo Sciascia e non trova nemmeno il coraggio di avvicinarglisi per chiedere un autografo su un suo libro che stava leggendo: lo avverte così vicino, così lontano, sempre per effetto della stessa ammirazione, alla fine se ne va lasciando lo scrittore davanti alla sua tazzina di caffè e portando con sé quella visione del "suo" Sciascia come un inaspettato tesoro regalatogli dai libri amati e da un quasi fortuito incontro.
1.
Chissà se Matteo Collura pensava ache ai futuri Savona quando nel 1991scrisse la prefazione al volume collettaneo Ricordare Sciascia col suo "auspicare che a parlarne o a scriverne siano coloro i quali abbiano su di lui qualcosa di utile da dire o da scrivere; e che soprattutto non serva, il ricordo di Sciascia, a patetiche messe in mostra".
Ma "utile" in che senso - verrebbe da chiedersi - e a chi?
Non penso sicuramente si riferisse alla utilità di acquisire titoli per affermazioni e visibilità accademiche e giornalistiche, come invece pare sia puntualmente avvenuto.
Era inorridito, Collura, da quello che aveva osservato all'indomani della morte dello scrittore: "Sì, perché ognuno parla di un suo Sciascia, sciorinando verità che fino a quando Sciascia era vivo aveva tenuto dentro per 'rispetto del maestro'".
Concordo con Matteo Collura che di Sciascia se ne sarebbe e se ne sia scritto in modo utile, e, aggiungo, anche strumentale, una ragione in più per apprezzare l'odierna testimonianza di Alessandro Savona: fresca schietta disinteressata.
Un vero documento che testimonia come lo scrittore di Racalmuto venisse percepito e come sarebbe stato testimoniato al di fuori della esclusiva cerchia degli sciasciani di stretta osservanza e spesso di personale convenienza.
Anche Savona pertanto può dire legittimamente "il mio Sciascia" perché, come ha scritto sempre Collura, tra prerogative esclusiviste di accaparramento testimoniale e ragionevoli aperture di un discorso critico: "Nessuno potrà dire: io sono l'unico vero custode della sua memoria."
2.
“Nel 1966 sarà pubblicato A
ciascuno il suo…
Nel 1981, appena quattordicenne, vorace di letteratura, lessi gli ultimi
capitoli di questo libro a pochi metri dalle vetrine del summenzionato bar. Durante
una pausa decisi di andare a bere un bicchiere di acqua gassata, denominata seltz,
non senza una punta di innocente snobismo dagli assetati che si avvicinavano al
bancone di metallo lucido come specchio.
Andavo fiero delle mie letture, e il potere
ammaliante della scrittura mi aveva da tempo catturato senza indugi.
Con 1'aria
schiva di Laurana, il personaggio del professore protagonista del romanzo, mi rivolsi
al più anziano dei camerieri che, con un sorriso privo di malizia, manifesto
come sempre un'ossequiosa deferenza nei confronti di un ragazzino riccioluto,
il cui cognome sembrava degno di rispetto forse per effetto retroattivo delle decisioni
prese da quel nonno nei decenni precedenti, decisisioni grazie alle quali adesso
il compunto cameriere vantava un rispettabile lavoro da Caflisch.
L'uomo lasciò cadere una fettina di limone tra le bollicine dell'acqua
che, con gesto teatralmente energico, aveva fatto venir fuori da un sifone, infine
mi porse il bicchiere.
Fu mentre bevevo che mi accorsi di lui, Leonardo Sciascia,
e per un attimo non credetti ai miei occhi.
Lo osservai a lungo, magro e lungo
com'ero, con il libro sotto al braccio e il bicchiere d'acqua nella destra.
Cercai
conferma negli occhi del cameriere e un piccolo cenno d'assenso procurò un'accelerazione
dei battiti del mio cuore.
Ero incredibilmente timido, quindi non mi avvicinai
a Sciascia per chiedere una dedica. In compenso bevvi il bicchiere di seltz pù appagante
della mia vita.
Sul suo tavolino troneggiava una tazzina di caffe, accanto a essa erano posti dei fogli di carta sui
quali i gesti lenti di una penna apponevano piccoli, minutissimi segni.
Poco
discosta, su un posacenere di vetro, una sigaretta si consumava lentamente,
mentre leggere volute azzurrine si congiungevano al pulviscolo accecante del
tramonto."
Alessandro Savona, Caffè d'orzo, latte di mandorla e seltz, Gruppo editoriale Novantacento, Palermo 2013. Per gentile concessione dell'autore e dell'editore.
3.
1. Copertina del libro
2. Foto riportata nel libro del palazzo all'angole di via Libertà a Palermo che ospiterà la la Pasticceria svizzera Caflisch
3. Foto di Pietro Tulumello , in "Nuove Effemeridi" a.VIII, n.9, 1990/I
mercoledì 27 febbraio 2013
A QUALE SANTO VOTARCI
In tempi di crisi non si sa veramente a quale santo votarci.
Nel 1626, Agrigento, infestata dalla peste, escogitò una bella pensata per liberarsi dal flagello: non riuscendo a trovare rimedio che si rivelasse efficace decise di votarsi non ad uno soltanto ma ad una molteplicità di santi, una sorta di assicurazione statistica nel caso uno o l'altro non fosse risultato decisivo.
E oggi?
Se non è peste è disoccupazione, se non è colera è crisi economica, se non è moria è spread, e se non sono santi sono partiti.
Sperando che la loro moltiplicazione, come speravano gli agrigentini nel 1626, funzioni.
E intanto la peste...
Sperando che la loro moltiplicazione, come speravano gli agrigentini nel 1626, funzioni.
E intanto la peste...
«In nomine sanctae et individuae Trinitatis Patris, Filii et Spiritus
Sancti — Amen.
« Questa magnifica città di Girgenti, conoscendo, che per li suoi peccati,
et per giusto giudicio di Dio è stata visitata con la tribulatione del morbo
contagioso, et vedendo, che di giorno in giorno cresce, e che non bastano li
rimedy humani a guarirla, mettendo tutta la sua speranza in Dio padre, et in Gesù
Christo suo figliolo, si revolgi a domandarli perdono, e chieder la celeste
medicina della sua infinita clemenza, et pietà, et acciò maggiormente possi
placare il suo giusto sdegno, recorre alla sua piatusissima madre, et alii
santi suoi padroni et protetttori, acciò colla sua santa intercessione rendino
1'ira di Dio placabile.
Laonde li spettabili D. Andrea Del Porto, D. Franccsco Maria Montaperto,
D. Juanni Gamez, et il dottor D. Marcello Trainti, giorati, con 1' intervento
dell' illustrissimi e molto reverendi signori canonaci della Cathredale D.
Corrado Bonincontro, D. Francesco Magro, Di Giovanni Carchia, D. Filippo
Marino, D. Sigismondo Tagliavia, D. Vito Alaijmo, don Francesco Greco, D.
Francesco Navarra, D. Epifanio di Mole, D. Gaspare Traina, D. Francesco De Fide
e D. Thumasi Quaglia
suplichevuli, prostrati inanzi il ss. Sacramento, ed alii piedi della
beatissima Vergine, promettono mandare con una torcia ad accompagnare il ss. Sacramento, che, quantevolte sonerà
1'orologio, dirsi l’ave Maria,
digionare le sette vigilie delle sette
feste della Madonna,
et in honore della stessa la processione ogni anno alii ij d'agosto
della reliquia delli santissimi capelli;
confirmano dippiù la laudabile consuetudine di farsi ognanno li festi
dei santi Libertino,
Gregorio
et Gerlando
et Vittoria, nostri padroni;
confirmano
dippiù la processione ognanno di s. Sebastiano,
ed anco
si pigliano per devot' et avvocati d'essa città li gloriosi s. Rocco,
ed il
beato Felici cappuccino;
ultmamente
promettino fare la festa cola processione sollenne a s. Rosalia nel suo giorno,
et cossi
esortino tutti li suoi successori e citatini in perpetuo a fare observare questi
proponimenti, a gloria di Dio e della sua santa Madre, e suoi santi padroni e
protettori. — Amen.
— A 27
aprile 1626.— Canonicus D. Philippus Marino compilator etc.
Dai Privilegi della Cattedrale, Vol. II, pag. 110
v. citati in Giuseppe Picone,
Memorie storiche agrigentine, Agrigento 1984,
seconda ristampa anastatica
dell’edizione del 1866
I quadri e i disegni sono di Pietro D'Asaro detto "Il Monocolo di Racalmuto" (1579-1647).
lunedì 25 febbraio 2013
POLEMISTI DI IERI, POLEMISTI DI OGGI. E LUIGI RUSSO DI DELIA
Così scrivevo nella mia tesi di laurea oltre venticinque anni fa, Luigi Russo e la poetica della "colta barbarie", ma nel rileggere oggi taluni passaggi credo se ne possano trarre attualizzanti applicazioni.
E' pur vero che le categorie o caratterizzazioni russiane, cambiano, trasformandosi nel tempo in altre imprevedibili e insospettate, ma non manca nuova materia da ricadere sotto la mannaia affilata dei Russo di turno, ammesso che i novelli censori posseggano, del critico deliano, le alte doti intellettuali, il buon senso e la possanza morale.
Il raggruppamento dei temi corrisponde
alla intensità della loro frequenza ma ancor di più ad una facilitazione di
ordine espositivo, di fatto, i due trinomi tematici formano per Russo l’unica
realtà dell’uomo completo che è artista e che è religioso, morale e politico,
educando ed educatore: per lui la vita dello spirito non si divide in
compartimenti stagno, la sua stessa polemica vorrebbe essere esempio politico
di democrazia e di moralità, promotrice di cultura, azione essa stessa.
I contenuti della polemica sono offerti
di volta in volta dalle occasioni, ma è vero anche che il Russo è particolarmente
sensibile alla polemica quando questa gli offre il destro per ribadire i suoi
convincimenti teorici, il suo moralismo, per battere gli interni (prima che
esterni) bersagli della sua mente, per accarezzare i suoi miti, per confermarsi
nella sua fede.
Le nozioni di metodologia, il rigore
dei giudizi e i temi o motivi critico-polemici, in sede strettamente di
polemica (particolarmente quella su riviste e giornali a grande diffusione)
vengono ripresi e adottati ancora una volta, anche se mutato è il tono, che si
è fatto irridente, canzonatorio, qualche volta avvelenato e/o velenoso.
Il
“muliebrismo”, la “religiosità”, l’ “autobiografismo”, i valori della cultura
siciliana e tutte le altre nozioni metodologiche, fatte valere questa volta
come formule di senso comune e non dimostrativamente, tutti questi elementi li
ritroviamo nelle prose polemiche, che vengono caratterizzate in senso umanistico.
Anche nella polemica più aspra e più tecnicamente politica o di costume o sulla
riforma della scuola, vi è sempre il letterato che scioglie la sua polemica in
una prosa di esperto, fine letterato.
Lo stile è la spia del complesso mondo morale del
polemista, della sua formazione, della sua professione di studioso, del suo
gusto per le belle lettere.
Ma forse il maggior pregio delle prose polemiche è
nella dissimulata dottrina che traspare dall’andamento apparentemente
“estravagante” e senza regole del discorso.
Lo stile, infatti, se non è una questione di tropi,
ma, come diceva il De Sanctis, di pensiero e di umanità, rivela un pensiero che
si è fatto agile e appassionato.
Abbandonato il tono medio e serioso,
discorsivamente ragionante, della prosa critica più accademica, lo stile delle
prose polemiche diventa più scorrevole e frenetico, e dà la sensazione di
essersi sbarazzato di un peso: le immagini vengono caricate di originali
significati , le citazioni e i riferimenti
estrapolati dal loro contesto originario vengono ad assumere un valore
emblematico che bene illustra i nuovi contenuti e le nuove situazioni, l’aggettivazione
è “umorosa”, i periodi si assottigliano di proposizioni, queste divengono
essenziali in una coordinazione che vuole martellare una stessa idea
ripetendola cento volte.
Nei movimenti di stile e di pensiero la polemica
assume il carattere di una “esegesi dei luoghi comuni” dell’ideologia dominante
e delle moderne mode culturali, filosofiche, politiche, estetiche, critiche,
etc., ma di segno opposto a quella del francese Léon Bloy che ha scritto
una tale esegesi agli inizi del nostro secolo.
Se il Bloy, cattolicissmo,
faceva convergere tutte le armi della logica e della caricatura contro lo
stereotipo del “Borghese” laicista e ateo, lo storicista Russo (l’accostamento,
per contrasto vale però per capire meglio lo stile del francese e del siciliano)
rifrange il suo bersaglio polemico in una serie di figure-tipo:
il
“venticinquenne” o dell’incompiutezza;
il “mistico-alfonso o del bigottismo”;
il
“poeta-puro” o dell’astrattezza; il “terzaforzista o terzaforzato” o
dell’indecisione;
il “cattolico-ateo” o dell’ipocrisia;
gli “uomini d’ingegno”
o del velleitarismo;
le “anime belle” o dell’inconcludenza.
Foto proprie: busto di Luigi Russo, monumenti di Delia, targa commemorativa.
Sempre su Luigi Russo e la polemica:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/09/elogio-della-polemica_13.html
Sempre su Luigi Russo e la polemica:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/09/elogio-della-polemica_13.html