domenica 16 agosto 2020

"CAVADDUZZI", E "PUPI CU L'UOVU" DI RACALMUTO ALL'UNIVERSITÀ. Con dedica, graditissima, del prof. Giovanni Ruffino

1995
Pani di Pasqua della tradizione racalmutese 
creati dalla signora Giovanna  (Giuggia) Giangreco
 e appresi dalla madre za Caluzzè (Calogera)
cavaddruzzi 
palummeddra
picureddra 
panareddra 
pupi cu l'uovu 
guarniti con
 paparina
 giuggiulena...





















LA STORIA


 Sul principio degli anni Cinquanta vengono a maturazione in Sicilia, nel campo della filologia e della linguistica, istituzioni e programmi che il conflitto mondiale non aveva cancellati, ma che anzi erano venuti via via organizzandosi e consolidandosi. Ha inizio così un nuovo capitolo della vicenda degli studi filologici in Sicilia. Un primo capitolo, apertosi a metà Ottocento e protrattosi sino alle soglie della prima guerra mondiale, aveva perseguito e in parte attuato l’o­bbiettivo di rintracciare e pubblicare antichi testi letterari in volgare. È in questi anni – gli anni di Alessio Di Giovanni, di Giacomo De Gregorio, di Gioacchino Di Marzo – che vengono prodotte edizioni parziali o integrali, pur se talvolta imprecise, di scritture volgari trecentesche e quattrocentesche, dalle Costituzioni be­nedettine al Libro dei vizii e delle virtù, dal Rebellamentu di Sichilia alla Quaedam profetia, dalla Vita di S. Onofrio al Libru de lu dialagu de Sanctu Gregoriu. «Si entra – sottolinea Franco Branciforti1 – nel vivo della tradi­zione letteraria siciliana dei primi secoli con una ricerca non più ancorata ad interessi storico-documentari di derivazione settecentesca, né a diva­gazioni accademico-letterarie, ma ormai orientata ad individuare e defini­re un patrimonio culturale, che per la prima volta si presenta serio, consi­stente ed omogeneo». Saranno poi due figure eminenti di studiosi – Michele Catalano e Salvatore Santangelo – che, approntando nuovi strumenti di ricerca, salde­ranno, nel periodo tra le due guerre, la generazione dei Di Giovanni e dei De Gregorio con quella dei fondatori e dei protagonisti degli anni iniziali del Centro. Nel campo degli studi linguistici e dialettologici, il dibattito, aperto da Gerhard Rohlfs sin dalla metà degli anni Venti con la formulazione del­la nota tesi della neoromanizzazione dell’Isola2 in epoca medievale, aveva avuto i suoi momenti salienti, oltre che in una non piccola serie di inter­venti dello stesso Rohlfs, nei contributi importanti di Antonino Pagliaro3 del 1933 e 1934 e, alcuni anni dopo, di Giovanni Alessio4, entrambi deci­samente avversi alle posizioni rohlfsiane. La discussione – pur non priva di asprezze e di alcuni eccessi polemici – aveva avuto il merito, tra gli altri, di sollevare la linguistica siciliana dalle secche neogrammaticali e dalla mo­desta seppur copiosa lessicografia dialettale, spostando l’attenzione degli specialisti sulle complesse vicende della storia linguistica della Sicilia. Gli stessi apporti di Giorgio Piccitto, il compianto studioso ragusano, profes­sore di Dialettologia siciliana nell’Università di Catania, e tra i fondatori del Centro, vanno visti in questo clima di rinnovamento degli studi lin­guistici; non a caso il suo progetto di vocabolario dialettale del 1950 por­ta il titolo Per un moderno vocabolario siciliano, mentre il suo fondamen­tale saggio su La classificazione delle parlate siciliane e la metafonesi in Si­cilia5,anch’esso del 1950, rinnova le premesse su cui erano stati fondati i vecchi schemi classificatori, a cominciare da quello di H. Schneegans6, arricchendo uno strumento, di per sé descrittivo, di spunti, riflessioni, ipo­tesi sull’evoluzione degli usi linguistici nell’Isola.
 Tornando all’indagine filologica, anche in questo settore nuovi com­piti e rinnovate prospettive di lavoro sono concretamente poste nell’im­mediato dopoguerra da Ettore Li Gotti col suo Repertorio storico-critico dei testi in antico siciliano dei secoli XIV e XV7, punto di partenza della mo­derna filologia siciliana. Altre importanti iniziative, quali il congresso fe­dericiano del 1950 e quello del 1951 per il VII cente­nario della poesia e lingua italiana, contribuiscono a vitalizzare gli studi fi­lologici siciliani, ampliandone gli orizzonti, estendendone i collegamenti, sottolineando l’importante ruolo della Sicilia nel mondo medievale.
 È in questo clima fervido ed entusiasta che nasce e muove i primi pas­si, nel 1951, il Centro di studi filologici e linguistici siciliani, grazie anche al sostegno della Regione Siciliana. E non è senza significato che della vi­cenda della sua fondazione siano protagonisti, tra gli altri, gli stessi Li Got­tiPagliaro e Piccitto: quegli studiosi, cioè, che avevano posto, negli anni precedenti, le premesse per il rinnovamento degli studi filologici e lingui­stici in Sicilia. È questa nuova sensibilità che ispira, nel momento determinante del­la fondazione, la formulazione degli articoli istituzionali dello Statuto: «Il Centro, a norma dell’atto costitutivo, si propone di promuovere gli studi sul siciliano antico e moderno, considerato in tutti i suoi aspetti, coordi­nando anche tutte le altre iniziative al detto fine attinenti. Per intanto par­ticolarmente si propone: a) la pubblicazione di una Collezione di testi si­ciliani dei secoli XIV e XV in cui si riflette uno dei momenti più caratte­ristici della cultura siciliana; b) la raccolta del materiale per la compila­zione e pubblicazione di un grande Vocabolario delle parlate siciliane, in cui si rifletta e, in un certo senso, si compendi la civiltà dell’Isola». Per il raggiungimento di tali obiettivi vengono costituite due sezioni: la Sezione filologica, sotto la denominazione di “Commissione per i testi”, con sede presso l’Università di Palermo, con il compito di pubblicare gli antichi testi siciliani (ne sarà primo responsabile Ettore Li Gotti, cui suc­cederanno Antonino PagliaroGiuseppe Cusimano e Costanzo Di Girolamo); la Sezione linguisti­ca, sotto la denominazione di “Opera del Vocabolario”, con sede presso l’Università di Catania, con il compito di attendere alla preparazione, com­pilazione e pubblicazione del Vocabolario siciliano (ne sarà primo respon­sabile Giorgio Piccitto con Giovanni Tropea, la cui eredità sarà raccolta da Salvatore Trovato). Scrive Franco Branciforti, riferendosi ai congressi prima menzionati e alla quasi contemporanea costituzione del Centro, che «i primi due riba­discono, al livello più qualificato, l’appartenenza intrinseca e significativa della cultura medievale siciliana alla civiltà romanza contemporanea, e la seconda appronta lo strumento operativo perché questa cultura, in tutte le sue manifestazioni, venga esplorata organicamente e sistematicamente». Era stato, dunque, Ettore Li Gotti, professore di Filologia romanza nell’Università di Palermo, a dare il primo impulso a questo processo fe­condo. Al suo appello, condiviso da Pagliaro e da Piccitto, rispose­ro subito, e calorosamente, personalità di primissimo piano del mondo ac­cademico, quali i già anziani Salvatore Santangelo e Michele Catalano, e poi Carmelina NaselliAntonino De StefanoSalvatore BattagliaBruno Lavagnini e alcuni intellettuali e uomini di cultura impegnati in alte cariche po­litiche e accademiche, come Franco Restivo, Presidente della Regione Si­ciliana, e Lauro Chiazzese, Rettore dell’Università di Palermo, che sarà il primo presidente del Centro. Gli succederanno lo stesso Franco RestivoMario Fasino, anch’egli ex Presidente della Regione e dell’Assemblea Re­gionale Siciliana, Antonino Buttitta e, a partire dal 2009, Giovanni Ruffino. Ma la vita del Centro non si esaurisce nell’iniziativa e nel ruolo delle autorevoli figure dei suoi fondatori. Già sin dai primi anni si raccolgono intorno a Li Gotti, a Battaglia, a Pagliaro, a Santangelo, allo stesso ancor giovane Piccitto, le nuove generazioni dei filologi e dei dialettologi sicilia­ni, in un tirocinio di scienza, ma anche di umanità, che ha lasciato testi­monianze significative proprio nelle prime realizzazioni del Centro: le Poe­sie siciliane dei secoli XIV e XV,che escono negli anni 1951-52 a cura di Giuseppe Cusimano, le Regole, costituzioni, confessionali e rituali a cura di Franco Bran­ciforti (1953), La conquesta di Sichilia fatta per li Normandi translatata per frati Simuni da Lentini a cura di Giuseppe Rossi-Taibbi (1954), la Sposi­zione del Vangelo della Passione secondo Matteo a cura di Pietro Palumbo(1954-57), Dal “Declarus” di A. Senisio i vocaboli siciliani a cura di Augu­sto Marinoni (1955). Le collaborazioni, i collegamenti, le intese si estendono e varcano ben presto i confini dell’Isola, coinvolgendo sin dal primo decennio di vita del Centro studiosi non siciliani di grande prestigio, come Gianfranco Fole­na (che curerà la Istoria di Eneas vulgarizata per Angilu di Capua)o Fran­cesco A. Ugolini (che pubblicherà il Valeriu Maximu translatatu in vulgar messinisi per Accursu di Cremona). Ma siciliano in questa nuova fase «diventa – come osserva ancora Bran­ciforti – il lavoro e non la persona, siciliano è l’oggetto della ricerca, sici­liano è infine lo spirito, che la informa, nell’accezione più alta e disinte­ressata, di contributo alla ricostruzione di un momento assai significativo della cultura neolatina. È la prima volta, nella storia della cultura in Sici­lia, che una impresa collettiva di tanto impegno si attui e sopravviva, con­servando strenuamente lo spirito laico e progressista originario (cioè libe­ro da ogni ipoteca regionalista); è la prima volta che la cultura siciliana as­suma e conduca, senza complessi, un impegno di lavoro scientifico, che si allinea con le grandi raccolte di testi di altre lingue romanze». Sull’altro versante, quello dialettologico, Giorgio Piccitto mette a punto la concreta organizzazione del lavoro preparatorio per la realizzazione di un moderno vocabolario delle parlate siciliane, che tenga conto dei più ag­giornati orientamenti della lessicografia dialettale. Negli anni che prece­dettero la seconda guerra mondiale era venuta crescendo in Italia l’esi­genza di rinnovare l’impianto e l’ideologia stessa dei vocabolari dialettali, abbandonando – con l’antica finalità didascalica – una concezione aristo­cratica e “urbana” del dialetto parlato. Intuizioni sia pure embrionali, pre­senti in vocabolari come quello abruzzese di Finamore8 e còrso di Fal­cucci9, vagamente attenti alla variazione diatopica, erano state valorizzate con l’affermarsi del metodo della geografia linguistica, che aveva portato alla luce le manchevolezze, e talvolta le grossolanità, della lessicografia tra­dizionale, carente sotto l’aspetto dell’ordinamento dei materiali, della tra­scrizione, della notazione del livello d’impiego e della localizzazione geo­grafica delle forme. Anche la pur ricca tradizione lessicografica siciliana (che pure annovera opere come quelle di Pasqualino10 e di Del Bono11 per il secolo XVIII, di Mortillaro12 e di Traina13 per il secolo XIX), era via via decaduta in una vocabolaristica stancamente ripetitiva. Piccitto, allievo di Clemente Merlo a Pisa intorno alla metà degli anni Trenta, poi lettore di italiano in Germania, aveva potuto maturare e affinare la sua vocazione di dialettologo nel contatto con gli ambienti più sensibili della linguistica ita­liana ed europea (a Lipsia aveva avuto modo di conoscere il grande ro­manista Walter von Wartburg). Del resto, già prima del 1940, Gerhard Rohlfs aveva pubblicato il suo esemplare Dizionario dialettale delle Tre Ca­labrie14,che costituisce il primo autentico modello di lessicografia diato­pica, attenta cioè alla variazione geografica. È questa, dunque, la prospet­tiva di lavoro nella quale Piccitto si pone. La sua instancabile operosità mette in funzione, nell’arco di pochi mesi subito dopo la costituzione del Centro, una efficiente rete di collaboratori locali, appassionati cultori del dialetto, che consentiranno la raccolta di gran parte dei materiali dialetta­li già pubblicati o ancora da pubblicare. Per ottenere ciò, Piccitto si fa an­che divulgatore entusiasta e infaticabile; diffonde in tutti i comuni sicilia­ni opuscoli illustrativi dell’impresa; coinvolge la stampa, l’Amministra­zione regionale, le direzioni didattiche, le parrocchie; riesce a destare un clima di interesse ed entusiasmo attorno alle ricerche dialettologiche sul siciliano. Fu possibile, in tal modo, reclutare informatori in circa 250 co­muni, alcuni dei quali offriranno per vari decenni, generosamente, il loro contributo.
 Dopo questa prima fase promozionale e organizzativa, e dopo aver impiantato lo schedario di base del vocabolario (oggi ricco di oltre 500.000 schede15, ricavate anche da fonti lessicografiche dal ‘600 in poi, demologi­che e letterarie), Piccitto affronta – sempre nell’ambito del Centro – i com­plessi problemi redazionali che un’opera di così grande impegno pone: lo­calizzazione delle forme, trascrizione, acquisizione di tutte le altre docu­mentazioni scritte, redazione del testo. Il primo concreto risultato viene rag­giunto, nel 1961, con la pubblicazione di un fascicolo di saggio di 96 pa­gine e poco dopo con la costituzione del primo corpo redazionale di cui fanno parte, con Giovanni Tropea (suo primo collaboratore), Giuseppe Gu­lino e Aurelio Pappalardo. Piccitto non potrà vedere realizzato il suo pro­getto: quando ormai aveva completato la redazione del primo volume (A-E) del Vocabolario (che poi uscirà nel 1977), viene improvvisamente a man­care, a soli 56 anni, nel marzo del 1972. L’opera intrapresa da Piccitto non ha tuttavia subìto interruzioni. Sot­to la direzione di Giovanni Tropea, succeduto al Maestro anche nell’insegnamento della dialettologia a Catania, sono stati pubblicati altri tre volumi a par­tire dal 1985, mentre il quinto (Si-Z) è stato pubblicato nel 2002, grazie al lavoro di una rinnovata e ampliata équipe di redattori coordinati da Salvatore C. Trovato. Il compito di riunire insieme i due indirizzi istituzionali, il linguisti­co e il filologico, in uno strumento unitario di studio e di ricerca, è sin dal­l’inizio affidato al «Bollettino», la rivista del Centro, pubblicata a partire del 1953 sotto la direzione di Ettore Li Gotti e successivamente di Antonino Pagliaro, di Giuseppe Cu­simano, di Gianvito Resta e di Gaetana Maria Rinaldi, che ha accolto nei 21 volumi sinora pubblicati contributi fondamentali dei maggiori filologi e linguisti italiani ed europei.
 La morte, anch’essa prematura e improvvisa di Li Gotti, animatore del Centro sin dalla sua costituzione, pur lasciando un vuoto grave e doloroso, non ha determinato rallentamenti nell’attività dell’Associazione. Giuseppe Cusimano, che era stato il più vicino collaboratore di Li Gotti e ne racco­glieva ora l’eredità nella Segreteria del Centro e nell’insegnamento uni­versitario, si fa anche lui animatore e sollecitatore assiduo e tenace, porta avanti tra non poche difficoltà le iniziative intraprese, apre ulteriori prospettive di ricerca e di intervento: nuovi volumi arricchiscono la Collezione degli antichi testi siciliani (i due volumi del Valeriu Maximu,curati da Francesco A. Ugolini; i tre volumi, curati da Francesco Bruni, del Libru di li vitii et di li virtuti; il Libru di lu transitu et vita di misser sanctu Iheronimu, curato da Costanzo Di Girolamo; infine, sotto la direzione dello stesso Di Girolamo, i volumi Or­dini di la confessioni «Renovamini», curato da Salvatore LuongoIl «caternu» del­l’Abate Angelo Senisio, curato da Gaetana M. Rinaldi e Antonino Giuffrida), l’Alfabetin, a cura di G. Sermoneta e il Munti della santissima oracioni, curato da Rosa Ca­sapullo, mentre numerosi altri vengono messi in cantiere grazie a una pa­ziente opera di ricerca e di stimolo, mai venuta meno; nuove collane sono istituite (i “Supplementi al «Bollettino»”), mentre viene rilanciata e rinvi­gorita la vecchia serie della “Biblioteca del Centro”; viene raccolta la pro­posta di Gianvito Resta di aprire il capitolo dei testi di età mediolatina e uma­nistica, con il Liber rerum gestarum Ferdinandi regis del Panormita, cui se­guiranno altri contributi, frutto della feconda scuola dello stesso Resta; vie­ne intrapresa una sistematica ricognizione degli incunaboli delle due mag­giori biblioteche palermitane, realizzata nella pubblicazione di essenziali ca­taloghi; vengono organizzati importanti convegni internazionali (quello su “Dante e la Magna Curia” del 1965; quello su “Lingua parlata e lingua scritta” del 1967; quello per l’Atlante linguistico mediterraneo del 1975 e, nel 1984, su “Tre millenni di storia linguistica della Sicilia”). Nonostante la sua formazione filologica, Giuseppe Cusimano non trascura, e anzi arricchisce, il filone linguistico-dialettologico, aprendo il Cen­tro alla collaborazione di studiosi del valore di Riccardo AmbrosiniAlber­to VàrvaroGirolamo Caracausi, Giovan Battista PellegriniAlfonso LeoneFranco FanciulloFranco Lo Piparo, che assicurano contributi rilevantissimi per la storia linguistica della Sici­lia e per la conoscenza della situazione dialettale dell’Isola. E val la pena di sottolineare che tutto quanto è andato con­cretandosi durante questi decenni, piuttosto che irrigidire e chiu­dere problemi e programmi, abbia invece aperto nuove prospettive, ab­bia attivato stimoli nuovi. Così, accanto alle iniziative di cui si è detto nel campo della filologia e della lessicografia, sono stati via via concepiti e so­no in corso di attuazione altri progetti nel campo dell’etimologia, dell’o­nomastica, della dialettologia etnografica, della sociolinguistica, della geo­linguistica: può ben dirsi che in un così ampio e ricco programma di ri­cerca siano impegnate le migliori energie di cui la linguistica siciliana og­gi dispone, in Sicilia e fuori di Sicilia. L’indagine etimologica è stata ed è in larga misura affidata all’inizia­tiva di uno specialista dagli interessi e dalle competenze vastissime come Alberto Vàrvaro il quale, con il primo volume (A-L) del suo Vocabolario eti­mologico siciliano del 1986, ci ha dato (pur non pretendendo di trattare il patrimonio lessicale nel senso più estensivo) il primo vero esempio di les­sico storico-etimologico di un’area dialettale italiana. Il programma tutto­ra in corso di realizzazione, ha avuto, tra gli altri, il merito di sollecitare ul­teriori approfondimenti sul complesso e stratificato patrimonio lessicale siciliano. Significative risposte a tali sollecitazioni sono venute in primo luogo da Girolamo Caracausi, profondo conoscitore delle condizioni lin­guistiche della Sicilia medievale, il quale ha incoraggiato la messa a punto di un piano per la pubblicazione di tre lessici medievali di Sicilia, il latino, l’arabo e il greco. Di quest’ultimo, già pubblicato, è egli stesso autore, co­sì come si deve all’instancabile sua operosità la pubblicazione, nel 1993, del poderoso Dizionario onomastico della Sicilia. Sia i primi che i secondi rientrano nel più vasto programma della collana “Lessici siciliani”, diretti da Giovanni Ruffino, avvia­ta nel 1984 proprio con due raccolte onomastiche di Gerhard Rohlfs, col­lana che intende completare il progetto lessicografico del Centro, inte­grando il Vocabolario con una serie di lessici dialettali dalle più diverse ca­ratteristiche: oltre ai lessici etimologici e storici già ricordati, anche riedi­zioni di antichi vocabolari, raccolte lessicali di significative parlate locali, lessici settoriali concepiti secondo il metodo “parole e cose”, attenti cioè ai dati etnografici e della cultura popolare. I due più recenti programmi di ricerca sono quelli sociolinguistico e geolinguistico. Nel settore sociolinguistico, l’impegno di gran lunga pre­valente ha coinciso con il progetto OLS (Osservatorio Linguistico Sicilia­no) – promosso dalla Regione Siciliana e coordinato da Franco Lo Piparo – riguardante la distribuzione sociale e geografica degli usi linguistici nella Sicilia contemporanea. Per quanto riguarda l’altro settore, una concreta e durevole prospet­tiva di lavoro nel campo della geografia linguistica è legata alla realizza­zione di un “Atlante linguistico della Sicilia”, diretto da Giovanni Ruffino. Trattandosi di una prospettiva di lungo periodo oltre che di rilevante im­pegno, il Centro ha in vari modi sollecitato gli apporti e i suggerimenti de­gli specialisti italiani ed europei, così che il progetto geolinguistico sicilia­no si trova oggi al centro dell’interesse della geolinguistica italiana e ro­manza.
 Negli ultimi anni, questa feconda attività si è svolta in varie direzioni: nella promozione di iniziative di grande rilievo internazionale; nel rinno­vamento istituzionale e nell’ampliamento degli orizzonti di ricerca. Il primo obiettivo è stato pienamente realizzato con la organizzazione del XXI Congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, even­to che – dopo Zurigo (XX Congresso, 1992) e prima di Bruxelles (XXII, 1998) – ha riunito a Palermo, dal 18 al 24 settembre 1995, più di mille stu­diosi provenienti da 38 paesi di tutti i continenti. Anche la pubblicazione dei sei volumi di Atti16,accolti nel catalogo di un editore prestigioso come Niemeyer ma interamente curati e realiz­zati a Palermo, ha ulteriormente consolidato l’immagine del Centro come istituzione di livello internazionale. Dopo la conclusione di questo straordinario impegno congressuale, si apre una riflessione sul futuro del Centro e sui nuovi traguardi, anche al­la luce dei contesti culturali e sociali che si sono andati via via formando in Sicilia e non soltanto in Sicilia. Tale riflessione si conclude alla fine del 1998 con la riscrittura dello Statuto e il coinvolgimento nel nuovo Con­siglio del Centro della nuova leva di filologi e linguisti che si era affermata nell’ultimo decennio, e che aveva già assicurato un apporto assai significativo. Dopo la celebrazione del Cinquantenario con il Convegno su “Parlare oggi. Dinamiche linguistiche nell’Italia contemporanea” (Palermo, 25 febbraio - 2 marzo 2002), si delineano sempre più ni­tidamente i nuovi orizzonti di ricerca che estendono e arricchiscono la tradizione di impegno nel campo filologico e linguistico: la edizio­ne della Scuola Poetica Siciliana e dei Siculo-Toscani, affidata a Roberto AntonelliRosario Coluccia e Costanzo Di Girolamo; il completamento del Vocabolario sicilia­no e della edizione dei testi antichi; la prosecuzione dell’impegno di ri­cerca per l’Atlante Linguistico della Sicilia; un sempre maggiore incorag­giamento e coinvolgimento di giovani studiosi e uno speciale impegno nel promuovere la tradizione linguistica regionale presso la Scuola e le Co­munità locali.
 La pubblicazione, nella primavera del 2008, della edizione dei Poeti della Scuola Siciliana17 nella prestigiosa collana de "I Meridiani", sanciscono questo nuovo impegno. Col compimento dei primi cinquant’anni di attività, il Centro di stu­di filologici e linguistici siciliani – pur non esaurendo le finalità stabilite mezzo secolo prima – ha indiscutibilmente reso uno straordinario servizio alla comunità scientifica e alla Sicilia, ricostruendone l’intera vicenda linguistica, documentandone gli aspetti e i momenti più salienti, descriven­done l’assetto e cogliendo i più significativi dinamismi di una lingua (e di una società) in rapida trasformazione.
Giovanni Ruffino

NOTE

  1. F. Branciforti, La ricerca filologica in Sicilia, in La presenza della Sicilia nella cultu­ra degli ultimi cento anni (Atti del Congresso storico internazionale tenuto a Palermo dal­la Società Siciliana per la Storia Patria nel centenario della fondazione, 20-25 ottobre 1975, 2 voll., Palermo 1977, 1, pp. 489-517).
  2. G. Rohlfs, Griechen und Romanen in Unteritalien, Genf 1924; Id., Die Quellen des unteritalienischen Wortschatzes, in «Zeitschrift für romanischen Philologie», XLVI, 1926, pp. 135-164; Id., Scavi linguistici nella Magna Grecia, Halle-Roma 1933.
  3. A. Pagliaro, Sulla latinità di Sicilia, in Atti del III Congresso Nazionale di Studi Ro­mani, IV, Roma 1933, pp. 91-101; Id., Aspetti della storia linguistica della Sicilia, in «Ar­chivum Romanicum», XVIII, 1934, pp. 355-380.
  4. G.Alessio, Sulla latinità della Sicilia, in «Atti della Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo», IV ser., VII, parte II, 1948, pagine 287-510; VIII, parte II, 1949, pp. 73-155.
  5. In «Archivio storico per la Sicilia orientale», IV ser., 1950, pp. 5-34.
  6. H. Schneegans, Laute und Lautentwickelung des sicilianisches Dialectes, Strassburg 1888.
  7. Pubblicato a Palermo nel 1949.
  8. G. Finamore, Vocabolario dell’uso abruzzese, Città di Castello 1893.
  9. F. D. Falcucci, Vocabolario dei dialetti, geografia e costumi della Corsica, Cagliari 1915.
  10. M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico italiano e latino, Palermo 1875-95.
  11. M. Del Bono, Dizionario siciliano italiano latino, Palermo 1751-54.
  12. V. Mortillaro,Nuovo dizionario siciliano-italiano, Palermo 1838-44 (3a ediz. Pa­lermo 1876).
  13. A. Traina, Nuovo vocabolario siciliano-italiano, Palermo 1868.
  14. Milano-Halle 1932-39.
  15. Lo schedario è consultabile nei locali messi a disposizione dall’Università di Catania.
  16. Atti del XXI Congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, 6 volumi, a cura di Giovanni Ruffino, Niemeyer, Tübingen 1998.
  17. Vol. I: Giacomo da Lentini, a cura di R. Antonelli; Vol. II: Poeti della corte di Federico II, a cura di C. Di Girolamo; Vol. III: Poeti siculo-toscani, a cura di R. Coluccia. La lunga fase preparatoria è riassunta nella Premessa, firmata da Antonino Buttitta, Giovanni Ruffino e Alberto Varvaro, integralmente ripresa a pp. 76-77.

ATTO COSTITUTIVO

L’Atto costitutivo del Centro di studi filologici e linguistici siciliani fu rogato il 15 febbraio 1951 dal notaio Gaspare Roberto Di Vita di Carini e registrato il 19 febbraio con il n. 1124. Il riconoscimento della personalità giuridica avvenne un mese dopo con Decreto del Presidente della Regione Siciliana del 20 marzo 1951 n. 39/A, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 9 giugno 1951, p. 491. All’originario testo statuta­rio sono state apportate modifiche nelle sedute assembleari del 16 aprile 1958, del 24 maggio 1980, del 2 ottobre 1984, del 12 dicembre 1998, del 20 dicembre 2012 e del 22 febbraio 2019.
L’attività del Centro è sostenuta dalla legge regionale n. 54 del 21 agosto 1984.
Altri provvedimenti legislativi riguardanti il Centro di studi filologici e linguistici siciliani
 L. R. 30.11.1953, n. 58  L. R. 06.05.1981, n. 85  L. R. 31.05.2011, n. 9

STATUTO

CAPITOLO I
Art. 1 – È costituita in Palermo l’Associazione denominata «Centro di studi filologici e linguistici siciliani». Il Centro è un ente non commerciale senza fini di lucro ed è posto sotto il patronato del Presidente della Regione Siciliana e dei Rettori delle Università siciliane. Vengono inoltre sancite le seguenti condizioni:
-    divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate all’art. 3 del presente Statuto;
-    divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura;
-    obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse;
-    obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo all’art. 3, comma 190, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
-    obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;
-    disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
-    uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo e comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.
Art. 2 – La sede del Centro è in atto presso l’Università degli Studi di Palermo. La rappresentanza legale spetta al Presidente eletto dall’Assemblea.
Art. 3 – Il Centro, a norma dell’atto costitutivo, si propone di promuovere gli studi sul siciliano antico e moderno, considerato in tutti i suoi aspetti e correlazioni, realizzando ogni iniziativa al detto fine attinente. Particolarmente si propone:
a) la pubblicazione di una «Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV»;
b) la pubblicazione di un grande vocabolario delle parlate siciliane;
c) la pubblicazione di collane e di ogni altra opera, in cui trovino organica sistemazione le attività di ricerca nel campo degli studi filologici e linguistici siciliani, programmate dal Consiglio direttivo d’intesa con il Consiglio scientifico;
d) la edizione di un «Bollettino» che, oltre ad illustrare i programmi e le attività del Centro, accolga studi filologici e linguistici riguardanti la Sicilia, nonché l’edizione di eventuali altre pubblicazioni periodiche dirette a illustrare i programmi e le attività del Centro.
CAPITOLO II
Art. 4 – Il patrimonio del Centro è costituito da tutti i beni mobili o di altra natura che siano donati, ceduti o comunque acquisiti. È altresì costituito da eventuali altri fondi di riserva derivanti da eccedenze di bilancio.
Art. 5 – Alle spese occorrenti per il normale funzionamento del Centro, nonché per l’attività promozionale, editoriale, formativa e di ricerca, si provvederà con le quote sociali e i contributi versati dai soci o erogati da enti, società o persone o comunque offerti, e con i proventi di pubbliche e priva¬te iniziative che il Consiglio direttivo ritenesse opportuno promuovere.
Art. 6 – Fanno parte dell’Associazione coloro che, su proposta del Consiglio direttivo, ottengano in assemblea a scrutinio segreto la maggioranza di almeno due terzi dei votanti. I soci che per tre anni consecutivi non partecipano alle sedute assembleari in seduta ordinaria senza giustificato motivo, vengono considerati decaduti.
CAPITOLO III
Art. 7 – L’Assemblea generale è costituita da tutti i soci. L’Assemblea delibera l’ammissione dei soci e elegge nel suo seno, a scrutinio segreto, il Consiglio direttivo, il Consiglio scientifico e il Collegio dei revisori. Tale elezione avviene su una lista predisposta dal Consiglio direttivo, tenuto conto anche di eventuali candidature alle diverse cariche presentate da almeno nove soci. Deve essere in ogni caso garantita la presenza di docenti delle Università di Palermo, Catania e Messina.
Art. 8 – L’Assemblea generale è convocata in seduta ordinaria dal Presidente per ascoltarne la relazione, approvare il bilancio consuntivo al 31 dicembre e il preventivo del nuovo esercizio.
Art. 9 – L’Assemblea generale può essere convocata in seduta straordinaria, su richiesta di almeno un terzo dei soci che ne fanno parte, per discutere su particolari problemi indicati nell’ordine del giorno unito alla richiesta di convocazione. Della convocazione deve essere dato avviso almeno 15 giorni prima della data fissata.
Art. 10 – Nelle deliberazioni dell’Assemblea, per coloro che fossero impossibilitati a intervenire, è ammessa la votazione per delega ad altro socio. Ciascun Socio non può ricevere più di cinque deleghe.
Art. 11 – Le modifiche dello statuto devono essere approvate dall’Assemblea generale, con una maggioranza di almeno due terzi dei soci aventi diritto al voto.
Art. 12 – L’Assemblea, salvo i casi in cui a norma del presente statuto sia prevista una diversa maggioranza, non può deliberare se, tenuto conto delle deleghe, non intervengano in prima convocazione, almeno metà più uno dei componenti, e in seconda convocazione almeno un terzo.
CAPITOLO IV
Art. 13 – Il Consiglio direttivo è costituito dal presidente e legale rappresentante, da un vi­cepresidente, dal tesoriere e da altri sei componenti. Il Consiglio dura in carica tre anni, a meno che, nel corso del triennio, le nor­me statutarie che ne regolano l’elezione non siano sottoposte a modifica. In tal caso si procede entro sei mesi a una nuova elezione. I componenti del Consiglio direttivo sono rieleggibili. Tutte le cariche sono assunte a titolo gratuito.
Art. 14 – Il Consiglio scientifico viene convocato dal presidente del Consiglio direttivo.
Art. 15 – Al Consiglio direttivo spetta la gestione del patrimonio e, sentito il Consiglio scientifico, l’approvazione dei piani annuali di attività nell’ambito di una programmazione triennale. Esso deve altresì predisporre i bilanci finanziari annuali e presentarli, insieme con la relazione del Collegio dei revisori, all’approvazio­ne dell’Assemblea. Il Consiglio direttivo, sentito il Consiglio scientifico, può costituire all’interno del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, speciali gruppi di lavoro per il raggiungimento di specifiche finalità previste dallo statuto. Il Consiglio può essere riunito in tutti i casi in cui il Presidente lo riterrà opportuno.
Art. 16 – Per le riunioni del Consiglio direttivo è necessaria la presenza della metà più uno dei componenti, e le deliberazioni non sono valide se non vengono approvate dalla metà più uno degli intervenuti.
Art. 17 – Il Consiglio direttivo, sentito il Consiglio scientifico, nomina entro un mese dal suo insediamento i direttori delle collezioni e i responsabili delle attività di ricerca. Essi rimangono in carica per lo stesso periodo di tempo del Consiglio di amministrazione che li ha nominati, possono essere riconfermati e, se non ne fanno parte, partecipano con voto consultivo alle sedute del Consiglio scientifico.
Art. 18 – Il Collegio dei revisori è costituito da tre componenti. La loro nomina avviene contestualmente all’elezione del Consiglio direttivo.
Art. 19 – Lo scioglimento può essere deliberato dall’Assemblea in seduta straordinaria, con il voto favorevole di almeno quattro quinti dei soci. In caso di scioglimento, per qualsiasi causa esso intervenga, la devoluzione del patrimonio, salvo diversa destinazione imposta per legge, avverrà in favore dell’Università degli Studi di Palermo o di altra associazione con finalità analoghe o per fini di pubblica utilità.
Art. 20 – Il servizio di cassa è affidato a un Istituto di credito che opera a Palermo.


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