mercoledì 18 dicembre 2013

SCALABRINO, POETA E NOMENCLATORE






Marco Scalabrino è un poeta che in quanto tale possiamo definire un rottamatore, un poeta sperimentale perché si prefigge di andare oltre i luoghi comuni, oltre la rima tradizionale, oltre il lessico trito e ritrito degli habitués della poesia dialettale.
Ma il suo non è un procedere superficialmente ribellista o anarchico e  anche se è proteso verso futuri traguardi e inedite soluzioni, egli affonda la sua consapevolezza poetica nella storia della poesia: il suo sguardo rivolto al passato non è tuttavia quello del poeta che cerca passivamente materia e stimoli per la propria poesia ma quello di chi indaga le ragioni del poetare altrui  e di colpo o pian piano il suo curioso sguardo iniziale diventa critico, obiettivamente critico, facendo prevalere le ragioni dell'indagine a quella della iniziale simpatia o non simpatia. 



Con questo consapevole strabismo  o duplice consapevolezza,  Scalabrino, oltre a scrivere le "sue" cose, si occupa da tempo, come egli stesso ha confessato in una privata corrispondenza, ai "nostri Autori dialettali del '900 che, a mio modesto avviso, meriterebbero, tra i Siciliani e non solo, maggiori considerazione e conoscenza."
Non disdegna d'altra parte di guardare con attenzione ai contemporanei con i quali, pur nella specificità delle diversità poetiche, ama fraternizzare. 

Sono stato talmente d'accordo e in sintonia con quella che mi piace definire “poetica del risarcimento” (seguendo il “filo rosso” delle notizie sommerse, proporre o riproporre all’attenzione collettiva figure e fatti rimossi o trascurati spesso per calcolo, qualche volta per insensibilità) che ho ospitato con piacere, nel blog, diverse sue testimonianze critiche. Queste ed altre ora sono state pubblicate in due volumetti dal colloquiale e pregnante titolo Parleremo dell'arte  che è più buona degli uomini. E verrebbe da dire anche "più bella".

                                                                                                    Piero Carbone


I volumi, pubblicati nel 2013  per le edizioni Cofine, verranno presentati Mercoledì 18 dicembre 2013, alle ore 17.30, presso la Sala Torre Arsa della Biblioteca Fardelliana. Con interventi di: Margherita Giacalone, Direttore della Biblioteca Fardelliana, Vincenso Vitale, (critico), Giuseppe Alletto,  (Pittore), Gianmario Lucini (editore), Marco Scalabrino.  Alberto Noto e Maria Pia Virgilio leggeranno alcuni testi esemplificativi. 
L'immagine di copertina è del pittore Giuseppe Alletto
Qui si propone la Prefazione di Pietro Civitareale.
                                                                                                                             




Prefazione
di
 Pietro Civitareale


            Nell’uso corrente, critica vuol dire sinteticamente “scelta del meglio” e, se poi ci riferiamo alla letteratura, il problema della critica letteraria si apre da molti angoli e secondo diverse sollecitazioni. Ecco allora la critica nella poesia, la critica cioè che si determina all’interno della vita stessa della poesia nel suo prodursi; ecco la critica dei poeti agli altri poeti, la critica cioè che si attua su di un piano paritario di specializzazione e di affinità operative, ed ecco la critica della poesia intesa come attività appropriata ed orientata, per se stessa, al giudizio secondo la linguistica, la sociologia, la psicoanalisi, la filosofia, eccetera. Le domande, e le risposte che ne scaturiscono, possono essere molte e sommuovono tutto il contesto del discorso generale sul tema.

Leggendo questi “Saggi di poesia dialettale siciliana” di Marco Scalabrino, poeta ed insieme “lettore” di poesia, appare subito evidente che ci troviamo di fronte ad un tipo di approccio critico onnicomprensivo, nel senso che l’impulso di conoscere va oltre l’esperienza particolare unitamente al bisogno di prendere coscienza di come prove eterogenee possano essere collocate sotto una stessa definizione, sotto una comune etichetta, secondo un metodo che tende al recupero del complesso dei rilievi che emergono da una indagine non pregiudicata e che tenga conto di tutti i dati rilevati e rilevabili, nell’intento di tracciare i confini di una “lettura” aperta, continuamente disposta alla revisione, e contro pretese assolutistiche ed esiti esaustivi.



Antonino Cremona  di Agrigento


Che si tratti, ad esempio, dell’aspetto filologico dell’opera poetica di Alessio Di Giovanni (di una scrittura cioè che fa presa sull’etimo e sul significato letterario tradizionale della parola); della elaborazione e dell’adozione di una koinè linguistica siciliana, legate al nome di Paolo Messina (una koinè che coinvolga poeti e poetiche in un discorso comune tendente alla ricerca, nell’arcaico, di una parola nuova, autenticamente siciliana); dei rilievi fatti da Salvatore Di Marco circa l’esclusione delle letterature regionali, e in particolare di quelle dialettali, dalla storia della letteratura nazionale; del problema della scelta del linguaggio da adottare in poesia, problema la cui importanza non ha bisogno di essere sottolineata; che si tratti, insomma, dell’uno o dell’altro aspetto che caratterizza la poesia e la letteratura siciliana (così come emerge dal contesto sociale e culturale in cui hanno operato od operano gli autori presi in esame), il metodo adottato dal Nostro, nel suo continuo dialogare con la loro opera, scopre relazioni meno visibili e legami celati tra le realtà letterarie e culturali di cui si occupa, cosa che si traduce nella rilevazione di un segno di ricchezza e di fertilità critica, nella convinzione che lo scopo di una indagine non è quello di ridurre, ad una forzata unità, una esperienza che possiede molti specchi di rifrazione, ma di chiarire i motivi strutturali di queste diversità e di rilevare, se c’è, il sistema di relazioni sottinteso al discorso, senza azzerare le ragioni delle differenze e il quoziente di conoscenza che di volta in volta si dà.



Elvezio Petix  di Casteldaccia


In ciò soccorre il discorso critico una ricognizione bibliografica aggiornata, assunta non in senso polemico o antagonistico, ma come supporto e integrazione del proprio giudizio, allo scopo di confermarne implicitamente l’opportunità e la validità; ed anche se a volte si ha l’impressione che prevalga, nello spirito complessivo del discorso, un certo campanilismo regionalistico, il sentimento di una identità antropologica esclusiva, si evidenziano nello stesso tempo le qualità universali della poesia dialettale siciliana, con il riconoscere ad essa il merito d’aver restituito alla parola poetica una sua “originaria verginità di senso e di suono, di  colore e di segno”, alla luce anche di esperienze poetiche nazionali ed europee.


Vito Mercadante di Prizzi


Quello di Marco Scalabrino, dunque, non è un orizzonte teoretico ed operativo esclusivo, ma comprensivo (nel senso che ogni aspetto dell’opera e dell’autore in esame illumina ed è illuminata dagli altri aspetti) nel quale la cronaca va a braccetto con la storiografia, l’esegesi testuale con le ragioni ideologiche, le chiose linguistiche con i rilievi semantici ed etimologici: nel quale, insomma, le analisi delle forme e dei contenuti si organizzano in una specificità aperta, mobile, non vincolante, in grado cioè di rilevare ogni verità biografica e storica, poesia e riflessione. Il tutto con un linguaggio privo di sofisticati idiomatismi, che importa il suo lessico e la sua sintassi, le sue metafore e le sue analogie da un ambito retorico comune ed accessibile, pervenendo in tal modo ad un discorso estremamente chiaro e comunicativo.      

Grotte 27 settembre 2012.
 Marco Scalabrino con alcuni dei poeti partecipanti a
“100 Thousand Poets for Change" - 100 Mila Poeti per il Cambiamento 

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