mercoledì 20 febbraio 2013

IL PARTITO DELLE PELLICCE ovvero Socialisti di destra e socialisti di sinistra

Una volta le idee, che rimanevano fedeli a se stesse per lungo tempo, avevano la pretesa di cambiare il mondo, e non solo in politica, financo un papa era per sempre; ma recentemente, forse per effetto della modernità, il mondo s'è presa una bella rivincita: rimescola, ritocca e costringe le idee a trasformarsi, ad adeguarsi, a cambiare.
Se ne porta un esempio nel...


racconto pubblicato in rete qualche anno fa


http://www.socialisti.net/archivio23/00000d6a.htm




Il Partito delle Pellicce
 ovvero
 Socialisti di destra e socialisti di sinistra

Racconto
di
Piero Carbone


“S’ode a destra uno squillo di tromba; 
a sinistra risponde uno squillo: 
d’ambo i lati calpesto rimbomba
 da cavalli e da fanti il terren”. 
Alessandro MANZONI, Il Conte di Carmagnola, Atto Terzo.

“Non muto sententiam”. 
Lucio Anneo SENECA, Ad Lucilium Epistulae morales

- Ma non erano morti? 
- Ma che morti!
 - Allora vuol dire… 
- Sì. 
- No. 
- Forse. 
Erano semplicemente congelati! Come nei dormiveglia può apparir vero ciò che non lo è, e viceversa, si sentì dire in Piazza – voce di popolo - che forse la facevano, l’assemblea, i socialisti; non tanto i vecchi ma i nuovi o seminuovi. Si tassarono, affittarono una grande sala e la fecero, di domenica, poiché loro a messa non ci andavano, da veri laici. 
- Non ci posso credere! – si stupiva qualcuno. 
– Sembravano morti. E i processi? 
- Non dire minchiàte! Ti dico ch’è vero. Tornati, e più arraggiati di prima. 

In Piazza si commentava. Chi ci credeva, chi non ci credeva. Qualcuno incominciava a dubitare. Piuttosto era disposto a “farseli tagliare” qualcun altro e negava, rischiando grosso perché quelli ritornarono veramente e, con tanto di annunci sui giornali, fecero in rumorosa pompa magna l’assemblea, che vollero qualificare “cittadina”. Ci fu la falce, ci fu anche il martello, sul tavolo degli oratori, ma subissati da fasci di fiori. Così, al consesso del ricostituendo Partito Socialista fu invitato tra gli altri un veterano, Zazà Terranova, tanto per non rinunciare alle origini, sempre suggestive: il popolo, i lavoratori, l’occupazione delle terre, l’anticlericalismo. 
Chi meglio di lui, vecchio minatore, sindacalista, avrebbe potuto ricoprire la carica di Presidente onorario? Gliel’avrebbero comunicato, con bella sorpresa, alla fine dei lavori assembleari.

Quando però, salito sul podio, subito dopo i saluti, gli fu fatto cenno, da un incauto delle prime file che nulla sapeva della sorpresa finale, di tagliare il discorso, di accorciare, di andare via insomma, e immaginate con quale mimo eloquente delle mani: la destra a taglio colpiva ripetutamente il palmo obliquo della ricettiva sinistra in direzione della porta!, il veterano Zazà non ci vide più dagli occhi, si fermò, tossì torcendosi da un lato, fece roteare il microfono con ampio gesto della mano, e ricominciò: 
- Sapete, – disse, stringendo gli occhi, - sapete che significa il socialismo, voi giovani leoni che mi fate cenno d'andare via? Lo disse con tono calmo, tutto pieno di pause, amaramente sorridendo.

Continuò: - Subito dopo la guerra, abbiamo affittato un casottino, era affumicato, c'era ancora il focolare, il soppalco di legno, la mangiatoia. L’abbiamo ripulito, vi abbiamo portato un tavolo, quattro sedie, il quadro di Pietro Nenni, e quella era la Sezione. Qualcuno, ignorante, voleva appendere accanto allo stemma del Partito il quadro del santo Patrono, ma l’avvocato Pagliardente ci ha spiegato che il libro disegnato sullo stemma non era la Bibbia, che il sole nascente non significava lo Spirito Santo e il rosso della bandiera stava per il sangue dei lavoratori. Certe cose, anche se uno è ignorante, non ci vuole molto cervello a capirle, se le capivo io!, ma come dice il proverbio ogni inizio è duro. I primi ad aprire la Sezione siamo stati io, Ciambella che faceva il bracciante e Pagliardente, avvocato di Grotte. Venivano alla sezione contadini, minatori, disoccupati, povera gente; abbiamo organizzato lì i primi scioperi, abbiamo lottato. Questo, signori, era il Partito Socialista. All’inizio ci hanno preso per illusi, ma i galantuomini hanno smesso di spegnere con arroganza i sigari nelle pipe dei poveri braccianti, di rimproverarli davanti a tutti, di schiaffeggiarli, non hanno più affittato i ragazzi per mandarli all’acqua d’estate, hanno incominciato a sfruttare meno le donne.

Il tempo di schioccare la lingua e cambiò tono al discorso: - E oggi che vedo? Tacque sugli ex portaborse, sui superstiti, sui vecchi e recenti “giovani” che fortunosamente non erano incappati nelle furibonde campagne giudiziarie e denigratorie, ma puntò gli occhi sulle sussiegose consorti, sedute in prima fila, che le cosce annoiate accavallavano vertiginosamente una sull’altra. Vedo - proseguì, - tante signore in pelliccia, le mogli di tanti compagni, compli- menti!, in pelliccia e ingioiellate. 

Una pausa ancora più lunga, e, ampliando lo sguardo, riprese: - Mi compiaccio per voi, compagni vecchi e nuovi, che state bene, vi siete fatta una posizione, avete case, macchine, pellicce, conti in banca. Mi pare giusto. Molti siete figli di quei contadini e minatori sfruttati che venivano alla Sezione, ma ora, guardandovi dico: è questo il Partito Socialista? a questo s'è ridotto il partito dei lavoratori, dei minatori, di quelli che hanno occupato le terre? dei morti di fame? Un partito che ha tanta dignità alle spalle? un secolo di vita? Assemblea socialista è questa? Questo è il partito delle pellicce, no del socialismo. E chi ci pensa ai lavoratori? Unni sièmmu iùnti! Sembriamo all'Opera... 

Qualche malizioso pensò all’Opra dei pupi; Terranova, nella foga del discorso, non precisò. Il coordinatore dell’assemblea si strappava i peli ramati in cui le dita sterpose si imbattevano dal mento in su; gli occhi strabuzzati gli uscivano dalle orbite come ad un grillo papanzico; era pentito, pentitissimo d’averlo invitato, a Zazà Terranova. A pensarci bene, neanche si sapeva da quale benedetto nome venisse fuori il vezzeggiativo Zazà. Altro che Presidente onorario! “Presidente dei miei stivali”, piuttosto. 
Dal pubblico si levò un intervento risentito. 
- Ma noi – diceva la voce, - siamo i figli dei nostri padri che erano socialisti di sinistra, ora i tempi sono cambiati e siamo socialisti di destra. 
Altri interventi non fu possibile raccogliere. La sala rumoreggiò. Fu una selva di mani alzate.

Gli organizzatori cercarono di coprire quella gran confusione – che vergona se trapelava fuori! “Siamo alle solite”, avrebbero pensato i soliti nemici – rovesciando nella sala a tutto volume le corpose note dell’Internazionale, ma tale era la gazzarra che non funzionò il musicale richiamo all’ordine. Successe un fatto incredibile, nel tramestio sembrava di udire Giovinezza Giovinezza, la canzone dei fascisti. Che avessero sbagliato disco? O di scherzo “di cattivo gusto” si trattava? 

Rimasero tutti immobilizzati, come nel gioco dei ragazzi quando uno più veloce degli altri recita: Sutta u lettu da zzà Cicca c’è na gatta sicca sicca, iu sugnu figliu du spiziali, pozzu arridiri e pozzu cantari. L’antifascista Terranova, rimasto stranamente imperturbabile, si accinse a concludere, mentre l’uditorio si ricomponeva.
 La musica venne fatta sfumare. 
Quello del casotto - disse con voce appassionata, - quello del casotto e dei contadini era il Partito Socialista, non quello di oggi, delle pellicce!, che voi dite di destra. E per giunta venite a dire a me, a me!, di tagliare, di andare via. Qualcuno battè ironicamente le mani, ma nessuno lo seguì. C’era tensione in sala. 
- No, cari compagni di una volta, - concluse il nostro oratore, - non ci sto, sono io ad andarmene, perché non è questo il Partito Socialista. Anzi, sapete che vi dico? Sento dire socialisti di destra, socialisti di sinistra e mi girano i coglioni come le firriòle per la festa di santu Rocco che alla fine fischiano, fischiano e fanno il botto. 

Non disse altro, Zazà Terranova. 
Scese dal podio seguito da occhi che sprizzavano cento espressioni diverse. 
Non ci furono fischi, non ci furono applausi, questa volta. Solo il rumore di qualche sedia.


5 commenti:

  1. Ogni riferimento è casuale o voluto?

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  2. Questo racconto l'ho scritto intorno all'anno Duemila e pubblicato nel 2002, lo ripubblico on line ora perché nel blog Archivio e Pensamenti, che ha appena pochi mesi di vita, sto adunando interventi sparsi qua e là.
    L'unico riferimento voluto è al momento storico in cui il Partito Socialista Italiano, con una storia combattiva e gloriosa per la quale molti "testimoni" hanno pagato di persona, dai caratteri e dai connotati identitari inconfutabili, si è scisso in due partiti schieratisi contemporaneamente uno con il centrodestra e l'altro con il centrosinistra. In altre parole, un ossimoro, come se dallo stesso vulcano si volesse fare uscire la lava e la neve.
    Col racconto e nel racconto, inventato di sana pianta, se ne prende atto per una seria e doverosa riflessione, tanto è vero che è stato pubblicato nella tana del lupo ovvero sul sito socialisti.net. Forse il tono del racconto è sorridente ma nella sostanza è di una serietà pesante, pesantissima, anche perché rimanda alle scelte e alle responsabilità di ognuno nei confronti dell'unico e originario patrimonio culturale, stoico, ideologico.

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  3. Il racconto ha elementi di estrema verità, confermati dalla risposta precedente, che ci inducono a riflettere sulle evoluzione o involuzione di partiti che dovrebbero essere vicini al popolo e lo sono solo a parole, ma, nella sostanza, ne sono ben lontani.

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