giovedì 13 settembre 2012

ELOGIO DELLA POLEMICA?


Contro un falso concetto e una falsa pratica della polemica, tante volte gratuita e strumentale, a cui purtroppo ci hanno abituato  starnazzanti giornali, tv e web, mi piace riesumare come la concepiva Luigi Russo, la polemica, attraverso un brano tratto dalla mia  tesi di laurea  “Dai modelli culturali alla poetica della ‘colta barbarie’. Luigi Russo critico e polemista”, anno accademico 1984-’85, relatrice: ch.ma prof.ssa Michela Sacco Messineo.

Forse è superfluo ricordare che il termine “polemica” deriva dal greco pòlemos che significa “guerra”.

Sicuramente, è meno superfluo ricordare che al termine  “polemica”  vi è sottinteso il termine téchnè che significa arte, e dunque: l’arte della guerra con le sue regole, i suoi tempi e i suoi limiti. Altrimenti è guerriglia o sabotaggio. O, meno bellicamente, volgarità (non ricordo la traduzione in dialetto). 

Della polemica il Russo ha intessuto un “elogio” perché essa rappresentava per lui l’esercizio delle regole della logica e della democrazia e non un “gusto estetico della polemica e della stroncatura considerate in se stesse”.
“La critica, quella famosa critica, di cui oggi si incomincia a scoprire ingenuamente la necessità è già liberalismo, ed essa non è un fatto arbitrario, un  post factum, una cosa che può esserci e può non esserci, ma è la stessa coscienza riflessa dell’azione, e però è un’azione più illuminata. E là dove non si vuole critica, dove la si combatte come una nemica, sorge il surrogato, la calunnia”.
E’ la storia ad insegnarci che “è sempre la censura che genera gli scandali, e dove manca la libertà, fatalmente ivi nasce una vita licenziosa”.
Il Russo ha difeso sempre il diritto-dovere della polemica dai censori potenti siano stati esimi professori prestigiosi come il Volpe, o politici come i ministri Scelba e Gonella, e da quanti ritenevano eticamente corretto un Index librorum prohibitorum e nutrivano “nostalgia del rogo”.
E’ democrazia, ma anche salutare metodologia, discutere, dialogare e sottoporre al vaglio della critica, anche di quella dei ministri, le nostre azioni e i risultati delle nostre indagini scientifiche: la polemica, allora, diventa occasione di chiarificazione e di arricchimento reciproco, non una lotta corpo a corpo o concorrenza d’interessi; essa non  è priva di regole, che vanno cavallerescamente rispettate.
A proposito della polemica, per certi versi esemplare, col Padre Gemelli, il Russo lamenta: “Ma io non  seguirò lui sul terreno delle ingiurie, dove il Gemelli vorrebbe trascinarmi, protetto dalla impunità della sua tonaca fratesca. Egli, per polemizzare degnamente con uomini di scienza e di lettere, manca di stile, di quel tratto, di quella vis spirituale, di quel buon gusto, che permette le più dure battaglie, osservando le regole della buona guerra. Il nostro frate o viene  meno alle regole più elementari del giornalismo, rifiutando ospitalità all’avversario, per una rettifica di carattere obbiettivo, o ricorre ad allusioni cattive...”.
Ai metodi ricattatori, ingiuriosi o sleali il Nostro risponde “con le parole più dolci e cortesi” il cui scopo è solamente quello di  “persuadere il Gemelli che i suoi stessi sistemi polemici sono una stonatura nel campo scientifico e letterario. Quella che è polemica di idee e di tendenze, diventa, per lui, senz’altro, ingiuria alla persona... La discussione, che è dialettica, si converte, per loro (i chierici, n.d.r.), in querela stizzosa, predica iraconda, scomunica apocalittica. E i ragionamenti degli avversari, ragionamenti pacifici e obbiettivi, si tramutano nella loro fantasia in bestemmie ed offese”.
Per ristabilire la verità o per ripristinare la giustizia, la polemica è, dunque, necessaria e doverosa: “La critica e la polemica debbono essere organismo, sistema, come l’arte, come l’azione politica, come ogni forma di attività che trascenda il particolarismo della vita quotidiana”.
Polemica diventa, in tal senso, sinonimo di lealtà, anche il nostro oppositore è momento necessario della dialettica che ci fa pervenire alla verità. Il polemista vero “stringerebbe cordialmente la mano al suo avversario, se tale gesto non fosse interpretato come una rinunzia alla lotta, perché la sua battaglia è contro le cose e non contro gli individui, egli che sconta in dure malinconie la necessità dei suoi attacchi e delle violenze polemiche! Oh gran bontà dei cavalieri antichi! Eran rivali, eran di fè diversi; ma è forse questa la caratteristica della polemica ideale: combattere senza fiele e senza prezzo, e restare fedeli alla nostra parte, al nostro mondo, senza crucci e risentimenti di persone, e come covando, nel fondo del cuore, una forma di contrariato affetto e di ricoltosa stima per la stessa nostra pretesa vittima”.
Eppure, la polemica stanca ed abbatte perché coinvolge le persone e non solo le idee e le situazioni da discutere e chiarire.



Opere di Luigi Russo da cui sono tratte le citazioni:

Elogio della polemica. Testimonianze di vita e di cultura (1918-1932),  Laterza, Bari 1933
De vera religione. Noterelle e schermaglie (1943-1948), Einaudi, Torino 1949
Il dialogo dei popoli, “Il Sentiero”, Firenze 1953
Il tramonto del letterato. Scorci etico-politico-letterari sull’Otto e Novecento, Laterza, Bari 1960



Foto da Internet



4 commenti:

  1. Sì, vero bravissimo Piero. Tu invero poi sai far polemica sempre forbita e sottile non credo immancabilmente gentile e cortese. E talora l'ironia dissolvente vale più di una volgare contumelia (questa sì, sempre da evitare). La polemica attinge da certi intimi succhi gastrici e si nutrica di ira, sarcasmo, disprezzo: inevitalmente giunge alla stroncatura dell'avversario (se riesce)o alla umiliante soccombenza. Ho presente il nostro Sciascia in quella polemica con il figlio di Della Chiesa sul Corriere della Sera: il nostro schivo Nardu arriva persino all'invettiva contro il suo "asino ragliante". Calogero Taverna

    RispondiElimina
  2. La polemica, ma non solo, la satira, l’umorismo, l’ironia..- parafrasando uno spot di qualche anno fa di Tonino Guerra- sono il sale della vita. A proposito di ironia, ma si può benissimo dire per le altre figure richiamate: « L’ironie est une déclaration de dignité, une affirmation de la supériorité de l’homme sur ce qui lui arrive. »Romain Gary: dall’intestazione di un capitolo dell’ultimo libro di Lella Costa, Come una specie di sorriso (Piemme),

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo zolfo non si estrae più, dalle nostre miniere, ma speriamo che il sale possa ancora estrarsi...

      Elimina